martedì 27 maggio 2008

Caccia alle streghe


'Caccia alle streghe contro i diversi'Xenofobia: Amnesty boccia l'Italia
Sottolineati i fatti "impunirti" del G8. All'attacco anche l'Anti Defamation LeagueE la critica è "biapartisan" e coinvolge tanto Veltroni quanto Fini

di GIAMPAOLO CADALANU


Un campo nomadi a Roma
ROMA - La scusa per sbarrare le porte ai migranti e usare il pugno di ferro con chi è già dentro è quella, sperimentata in tutto il mondo, della sicurezza. Ma se l'Italia ha tanta paura dei "diversi" da voler scatenare una "caccia alle streghe", Amnesty International vuole dirlo forte. La voce di Daniela Carboni, direttrice dell'ufficio campagne e ricerca, era pacata, ma l'allarme è rimbombato assordante. La Carboni ha bastonato senza risparmio l'errore di prospettiva che fa vedere un episodio di cronaca come l'omicidio di Giovanna Reggiani per mano di un rom "non come l'ennesima violenza contro una donna, ma come il sintomo inequivocabile di una tendenza alla violenza e all'illegalità di gruppi di persone e di minoranze, in base alla nazionalità, all'appartenenza etnica, al luogo in cui dimorano". In parole meno diplomatiche, è un allarme razzismo e xenofobia, condiviso anche dall'Anti-Defamation League: in Italia la tendenza è fare di tutte le erbe un fascio, "punire" sommariamente rom, immigrati, romeni, sulla base di categorie semplici, ignorando il principio di responsabilità individuale. E quando la cultura dei diritti viene erosa, "le minoranze non sono le uniche a essere colpite", come dimostra l'impunità dei protagonisti di pestaggi e torture al G8 di Genova. È la prima volta che alla presentazione del rapporto sui Diritti umani la relazione sull'Italia dura il doppio di quella sul resto del mondo. Si vede che i ricercatori di Amnesty trovano preoccupanti i segnali colti nel nostro paese, tanto più che quelli in arrivo dalla politica sono stati univoci, "bipartisan", li ha definiti la Carboni. Che ha bacchettato Walter Veltroni, perché proclama che "prima dell'ingresso della Romania nell'Ue, Roma era la metropoli più sicura del mondo". Ma anche Gianfranco Fini, che parlando dei rom si chiede "come sia possibile integrare chi considera pressoché lecito e non immorale il furto". E se il governo Berlusconi ha appena varato un "pacchetto sicurezza" con restrizioni che colpiscono soprattutto rom e migranti, l'esecutivo guidato da Romano Prodi sul tema lascia solo un decreto che rende più indefiniti i motivi per l'espulsione degli extracomunitari.
La "delusione" italiana non è meno amara perché arriva in buona compagnia: a sessant'anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo la tortura è ancora diffusa in almeno 61 paesi, denuncia Paolo Pobbiati, presidente di Amnesty Italia. Ma gli orrori del Darfur, la repressione della Birmania, gli abusi della Cina, i massacri dell'Iraq, la vergogna di Gaza e di tutte le crisi incancrenite sono, appunto, problemi vecchi. I governi, dice Pobbiati "devono scusarsi e agire subito per colmare il divario fra ciò che dicono e ciò che fanno". Ma l'amarezza dei militanti per i diritti umani ha anche una sfumatura nuova: sottolinea la distanza che si allarga fra società e istituzioni, fra gente comune e governi. Da una parte le ansie elettorali hanno portato anche in Italia l'ossessione sicurezza, testa d'ariete ovunque per l'introduzione di politiche illiberali. Dall'altra però Amnesty vede segnali incoraggianti: "Crediamo", dice la Carboni, "che politici e istituzioni italiane debbano avere il coraggio dei bambini di Lampedusa, che ai coetanei - i migranti che arrivano sulle loro spiagge - hanno dedicato giochi e disegni sui diritti umani". la Repubblica (28 maggio 2008)

giovedì 22 maggio 2008


COMUNICATO



In riferimento al comunicato sull’andamento della contrattazione nazionale, L’Rsu dichiara un primo pacchetto di due ore di sciopero da farsi Lunedì 26 maggio in uscita anticipata per tutti i turni.


Luserna, 23-05-08
La Rsu

RINNOVO CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE

All’attivo dei delegati Filcem, Femca, Uilcem tenutosi in data 21-05-08 sul rinnovo del contratto collettivo nazionale, la delegazione trattante ha illustrato l’andamento negativo della trattativa, precisando che la Federazione Gomma Plastica, dopo un’apertura rispetto alla piattaforma presentata dai sindacati, nella quale si dichiarava disponibile a discutere di tutti i punti senza pregiudizio, ha fatto un dietro-front sulla totalità delle richieste avanzate.

SALARIO:

A fronte di una non esorbitante richiesta salariale di 105 Euro, la Federazione Gomma Plastica si dichiara disponibile a elargire un massimo di 90 Euro mensili di aumento. Ha inoltre avanzato la richiesta di un risparmio sulle maggiorazioni contrattuali legate al lavoro a turni.

Diritti:

La controparte non si rende disponibile alle seguenti richieste avanzate:
Mercato del lavoro: nessuna disponibilità ad introdurre percentuali onnicomprensive di lavoratori atipici (contratti a termine e interinali) come è avvenuto nel rinnovo del CCNL CONFAPI

- Preventiva comunicazione della scadenza del periodo di comporto per malattia.
- Estensione delle 150 ore per il conseguimento di titoli di studi di scuola media superiore.
- Richiesta di un giorno di permesso ai padri per la nascita del bambino.
- Introduzione dei lavoratori apprendisti nel computo per il numero delle rsu.

Sul’esito della trattativa pesa chiaramente l’atteggiamento ostile del governo e di Confindustria, nonché il rinnovo del modello contrattuale. Se tali posizioni dovessero essere portate avanti ci sarebbe un chiaro depotenziamento del ruolo del Contrato Nazionale, che avrebbe la sola funzione di un recupero salariale legato all’inflazione programmata.
Di fronte a un simile atteggiamento di chiusura le lavoratrici e i lavoratori non possono rimanere indifferenti. E’ necessaria e indispensabile un’ampia partecipazione alle iniziative di lotta che verranno intraprese. Non è possibile che le iniziative rimangano inchiodate al tavolo della trattativa senza una mobilitazione dei lavoratori.
Ci aspettiamo che su questo argomento ci sia un’ampia partecipazione di tutti i lavoratori, indipendentemente dalle tipologie contrattuali, perché ne va in gioco il futuro di ognuno.
Pertanto la Rsu, in accordo con la delegazione trattante e le segreterie nazionali, dichiara 10 ore di sciopero che verranno calendarizzate nei prossimi giorni.
E’ prevista una manifestazione unitaria a Torino nel mese di giugno, alla quale le Rsu di Luserna e Pinerolo intendono partecipare in maniera massiccia.

La Rsu

mercoledì 21 maggio 2008

COMUNICATO


COMUNICATO


Malgrado la forte protesta avviata dalla RSU di Pinerolo, sull’ annoso problema delle lettere di contestazione la direzione continua imperterrita sulla sua strada.
Pertanto per dimostrare la solidarietà dei lavoratori di Luserna e la nostra partecipazione attiva ,alla giusta protesta dei lavoratori dello stabilimento di Pinerolo , la RSU di Luserna dichiara per il giorno 22/05/2008 un' ora di sciopero con uscita anticipata per tutti i turni.



Luserna S.G.
22/05/2008
la RSU

martedì 20 maggio 2008

Lavoro e Società:UN ALTRO MODELLO CONTRATTUALE


UN ALTRO MODELLO CONTRATTUALE E' POSSIBILE

PER L'UNIFICAZIONE DI TUTTO IL LAVORO
PER L’AUMENTO DEI SALARI REALI E DEI DIRITTI
CONTRO L’ATTACCO AL CONTRATTO NAZIONALE

Negli ultimi 15 anni la ricchezza prodotta in Italia é andata alle rendite e ai profitti, mentre il lavoro si è impoverito e frantumato; la precarietà, la solitudine dei lavoratori e la diminuzione delle retribuzioni reali devono trovare risposte che puntino a ricomporre il lavoro, ad aumentare il potere di acquisto e avere la possibilità per tutte e tutti di decidere consapevolmente sulle scelte dei sindacati.

L’attacco al ruolo del CCNL e alla contrattazione collettiva, lanciato da Confindustria e sostenuto dal Governo che vuole detassare straordinari, premi variabili e incentivi personali, punta a cancellare le più elementari forme di solidarietà nel mondo del lavoro e a marginalizzare il movimento sindacale.

Per questo pensiamo che il Contratto Nazionale vada rafforzato e debba avere la funzione di unificare i lavoratori e aumentare i salari reali anche attraverso accorpamenti di filiera (es. dell’industria, dei servizi, ecc.). Inoltre serve un meccanismo di recupero automatico dei salari e delle pensioni sull’inflazione reale di lavoratori e pensionati.

Queste scelte, insieme ad una contrattazione di 2° livello o di filiera più estesa, alla ripresa della lotta contro la precarietà, e all'obbligatorietà di sottoporre al giudizio ed al voto vincolante dei lavoratori gli accordi e le piattaforme, sono punti irrinunciabili che devono essere prioritari nella trattativa sul nuovo modello contrattuale.

Il documento di CGIl-CISL-UIL, riducendo il ruolo del CCNL al solo recupero dell’inflazione e limitando la contrattazione aziendale al solo salario variabile legato alla produttività e ai bilanci d’impresa non risponde a queste priorità e rischia di dividere ulteriormente il mondo del lavoro tra forti e deboli.
Così come riteniamo inaccettabile che CGIl-CISL-UIL abbiano deciso di presentare la Piattaforma unitaria al Governo ed alla Confindustria senza costruirla con le lavoratrici e i lavoratori e senza sottoporla al voto.

- PER UN CONTRATTO NAZIONALE PIU FORTE E SOLIDALE CHE AUMENTI I SALARI REALI E CHE NON SIA DEROGABILE
- PER UNA CONTRATTAZIONE DECENTRATA PIU’ ESTESA CHE MIGLIORI LE CONDIZIONI DI LAVORO E CONSOLIDI ED AUMENTI I PREMI SALARIALI
- PER LA RIPRESA DELLA LOTTA ALLA PRECARIETA'
- PER ELEZIONI DELLE RSU IN TUTTI I LUOGHI DI LAVORO SENZA QUOTE GARANTITE E CHE SIANO SEMPRE PIU’ ESPRESSIONE DI DEMOCRAZIA DIRETTA E DI RAPPRESENTANZA DELLA CONDIZIONE
- PER UNA VERA DEMOCRAZIA SINDACALE, CHE GARANTISCA la partecipazione consapevole e il diritto di voto sulle piattaforme e sugli accordi

ASSEMBLEA PUBBLICA
MARTEDI' 27 MAGGIO ore 15
Salone ATC C.so DANTE 14 TORINO

MIGRAZIONE








Motivi della migrazione
Mai prima d'ora tante persone vivono lontano dalla loro terra nativa. Condizioni di vita precarie, clima di violenza e guerre, degrado ambientale, prospettive economiche di miseria e divario crescente tra paesi poveri e ricchi sono alla base di un tale fenomeno. La mobilità generale e i nuovi strumenti di comunicazione condizionano non poco gli attuali movimenti migratori.
Da quando l'uomo vive su questa terra ci sono sempre stati movimenti migratori di gruppi o tribú verso altre regioni, nella speranza di trovarvi nuove e migliori condizioni di vita. Nel corso degli ultimi secoli le guerre hanno piú volte causato migrazioni di massa. Negli ultimi decenni la migrazione globale ha raggiunto proporzioni mai viste. Secondo i calcoli di organizzazioni internazionali, attualmente circa 175 milioni di persone vivono lontane dalla loro patria. Die esse 19,2 milioni sono ritenute "rifugiati" e "profughi di guerra".
Pessime condizioni di vita spingono la gente a emigrareSono considerate "migranti" le persone che vivono in un paese o in una regione diversa da quella che le ha visti nascere. Molti abbandonano la propria casa perché sovente scarseggiano terre coltive e pascoli fertili; mancano cibo, acqua e lavoro o altre condizioni per vivere. Anche le gravi catastrofi ambientali, come la siccità o le inondazioni, possono costringere folle di gente ad abbandonare il proprio paese. Circa due terzi dell'umanità vive attualmente in Stati economicamente deboli. Il crescente divario fra ricchi e poveri è il detonatore dei movimenti migratori che coinvolgono l'intero globo. Nel 1960 il quinto piú ricco della popolazione mondiale disponeva di un reddito 30 volte superiore a quello del quinto piú povero. Nel 1990 questa differenza di reddito è peggiorata: le proporzioni sono addirittura di 60 a 1.
La popolazione mondiale cresce, lo sviluppo economico ristagnaLa forte espansione demografica di alcune regioni e le disuguaglianze nello sviluppo economico spingono molti a emigrare. Gli Stati del Terzo mondo e dell'ex Unione sovietica soffrono della mancanza di capitali e di conoscenze scientifiche e tecnologiche. In alcuni di essi il debito pubblico eccessivo inghiotte gran parte della ricchezza economica. Bassi prezzi per le materie prime nonché barriere doganali e limiti all'importazione da parte dei paesi industrializzati ostacolano la sana crescita dell'industria d'esportazione. Una politica economica instabile, le incertezze sul piano del diritto e la corruzione dilagante demotivano investitori e industriali da attività produttive a lungo termine in queste regioni.
Violenza e soprusi costringono le persone a fuggireSono considerate "rifugiati" le persone che cercano un rifugio contro le persecuzioni a causa della loro razza, religione, etnia o delle loro opinioni politiche. A queste persone, la cui vita e libertà sono in pericolo, gli altri Stati devono offrire protezione, come stipulato da accordi internazionali. I "profughi di guerra" sono invece in fuga non perché vengono personalmente perseguitati ma a causa dell'avanzata della violenza, che mette in grave pericolo ampie fasce di popolazione di una regione o di un paese. Le persone vittime di questi conflitti si rifugiano spesso in un altro angolo del paese o in uno Stato limitrofo. Per prevenire sommosse, carestie, epidemie e disgrazie varie esse sono di solito ospitate in campi di profughi. La loro accoglienza e approvvigionamento costituiscono un onere immenso per i paesi in cui i profughi affluiscono. I campi di profughi, con decine di migliaia di persone straniere, suscitano poi insicurezza nella popolazione autoctona, mettendo in pericolo la stabilità politica interna della nazione d'accoglienza, provocando nuovi conflitti. In simili situazioni i paesi non tormentati da conflitti e con condizioni economiche stabili, sono chiamati a dar prova di solidarietà, assumendo i doveri e gli oneri che s'impongono in tali casi (p. es. accoglienza provvisoria dei profughi di guerra, missioni di pace, aiuti materiali e aiuti alla ricostruzione).

martedì 13 maggio 2008

Lavoro e Società



LOTTA ALLA PRECARIETÀ · AUMENTO DEI SALARI E DELLE PENSIONI · PER LA DEMOCRAZIA SINDACALE E LE RSU La nostra priorità è la lotta alla precarietà, perché tutti abbiano un lavoro a tempo indeterminato e contrattualizzato! Dal 1993 ad oggi chi lavora ha perso, mediamente, 5.000 euro all’anno a vantaggio di rendita e profitto: il sindacato deve indicare modi e tempi di una lotta per forti aumenti salariali. Il contratto collettivo nazionale di lavoro deve avere come obiettivo l’aumento dei salari reali. La proposta di riforma del modello contrattuale non risponde alle emergenze oggi esistenti su salari e diritti. Il contratto nazionale per l’aumento dei salari e dei diritti Va rafforzato e accorpato per settori, perché è uno strumento di garanzia soprattutto per i lavoratori delle piccole imprese e non può limitarsi solo ad un recupero parziale dell’inflazione reale ma deve avere l’obiettivo dell’aumento dei salari e dei diritti. Il contratto integrativo La contrattazione integrativa deve servire a migliorare le condizioni di sicurezza, salariali e di lavoro. Essa va estesa anche alle piccole imprese con la contrattazione territoriali e di sito. Gli aumenti salariali non vanno collegati alla produttività e redditività delle imprese come è successo negli ultimi anni. potere d’acquisto da salvaguardare La proposta di Cgil Cisl Uil per aumentare da 2 a 3 anni la durata contrattuale e il “biennio economico” è possibile a condizione che venga stabilito uno strumento automatico annuale di recupero dell’inflazione e modificato il paniere di calcolo dell’inflazione. no ad incentivare gli straordinari E’ irresponsabile incentivare con la detassazione gli straordinari: “se vuoi più soldi lavora più ore e renditi disponibile”: vuol dire spingere i lavoratori a peggiorare le loro condizioni di lavoro e di vita, approfittando dei loro bassi salari. Sappiamo benissimo inoltre che tanti infortuni avvengono per carichi di lavoro e per stanchezza. Aumentare gli orari, dando alle aziende la possibilità di scegliere i lavoratori, sarebbe un duro colpo per il sindacato nei luoghi di lavoro democrazia sindacale e rappresentanza In tutti i luoghi di lavoro devono essere elette Rappresentanze Sindacali Unitarie. Solo coalizioni o singoli sindacati che rappresentino più del 50% dei lavoratori interessati devono poter firmare gli accordi. Sulla piattaforma Cgil Cisl Uil e sull’eventuale accordo occorre una consultazione vera con la registrazione del voto, il diritto all’informazione e al contradditorio, commissione elettorali e pluraliste. Anche gli accordi di categoria vanno sottoposti ad un percorso di consultazione e approvazione, sia per le piattaforme che per le ipotesi di accordo attraverso il voto certificato dei lavoratori e la libera circolazione dentro e fuori i luoghi di lavoro, di eventuali diverse posizioni. · serve un sindacato che si ponga l’obiettivo di dare ai lavoratori più risorse attraverso la contrattazione nazionale, integrativa e con la diminuzione del prelievo fiscale sugli stipendi medio/bassi. Se vogliamo che le famiglie riescano a garantirsi il diritto alla salute, all’istruzione e a vivere dignitosamente, queste buste paga e queste pensioni non bastano più. · la lotta al precariato deve essere concreta perché giovani e tutti hanno il diritto ad un lavoro vero e pagato in modo dignitoso e questo si ottiene ridando valore al contratto a tempo indeterminato, limitando l’uso dei rapporti di lavoro temporaneo e pretendendo ambienti di lavoro più salubri e più sicuri. · spetta ai lavoratori discutere e decidere nei luoghi di lavoro su questi temi che riguarderanno anche le loro future condizioni di lavoro, per costruire scelte che vadano in avanti e non indietro rispetto alla situazione attuale. LAVORO SOCIETA’ Area programmatica della Cgil
LavoroSocieta -->13/05/2008

lunedì 12 maggio 2008

STRUTTURA CONTRATTAZIONE


CGIL CISL UIL
LINEE DI RIFORMA DELLA STRUTTURA DELLA
CONTRATTAZIONE
Obiettivi centrali sono il miglioramento delle condizioni di
reddito, di sicurezza e qualità del lavoro dei lavoratori attraverso la
crescita della qualità, del nostro paese, delle sue reti materiali e
immateriali, del suo stato sociale e della qualità, competitività e
produttività delle imprese.
L’obiettivo è la realizzazione di un accordo unico che definisca un modello
contrattuale per tutti i settori pubblici e privati.
Va, quindi, aperto un tavolo con tutte le Associazioni datoriali e con il
Governo.
La revisione della struttura della contrattazione definita dall’ accordo del 23
luglio 1993 è parte della stessa strategia che sta alla base del confronto su
fisco, prezzi e tariffe.
La tutela e il miglioramento del reddito dei lavoratori vanno, infatti, perseguiti
su due grandi terreni d’ impegno tra loro complementari ed interdipendenti:
1) quello “generale” che deve garantire un welfare solidaristico ed
efficiente, un sistema di prezzi e tariffe trasparente, socialmente
compatibile, in grado di frenare la ripresa dell’ inflazione ed, in
particolare, un sistema fiscale equo che preveda una forte riduzione
della pressione fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e sulle
pensioni.
2) quello regolato dal sistema contrattuale su due livelli per tutelare il
potere d’acquisto delle retribuzioni e per redistribuire la produttività.
In questo quadro si possono ipotizzare le seguenti linee di riforma del
modello contrattuale definito dall’ accordo del 23 luglio 1993:
conferma di due livelli contrattuali tra loro complementari;
definizione del CCNL come centro regolatore dei sistemi contrattuali a livello
settoriale e per la definizione delle competenze da affidare al secondo livello
tenendo conto delle diverse specificità settoriali - anche al fine di migliorare
spazi di manovra salariale e normativa della contrattazione aziendale o
territoriale.
1
CONTRATTO NAZIONALE
I suoi compiti fondamentali – in un’ottica di diritto universale - sono il
sostegno e la valorizzazione del potere d’acquisto per tutti i lavoratori di una
categoria in ogni azienda e in ogni parte del Paese, la definizione della
normativa nazionale e generale, la regolazione del sistema di relazioni
industriali a livello settoriale, aziendale o territoriale. In questo senso il CCNL
deve stabilire l’area contrattuale di riferimento; migliorare le normative di
informazione – consultazione recependo lo spirito delle normative europee;
ampliare la parte di confronto sugli andamenti e sulle politiche di settore,
tenendo anche conto delle tendenze generali dell’economia. I contratti
nazionali potranno prevedere che la contrattazione salariale del secondo
livello si sviluppi a partire da una quota fissata dagli stessi CCNL.
Il modello del settore pubblico dovrà adottare regole analoghe a quelle del
settore privato attraverso opportuni interventi di delegificazione da definire in
sintonia con l’impostazione contenuta nel Memorandum. Tale impostazione
andrà riferita anche alla contrattazione di secondo livello da realizzare nelle
pubbliche amministrazioni.
Va effettuata una verifica in ordine alla razionalizzazione delle aree di
copertura dei CCNL (oltre 400) prevedendo la possibilità di accorpamenti per
aree omogenee e per settori, favorendo la riunificazione di contratti analoghi
facenti riferimento a diverse organizzazioni di rappresentanza datoriale.
Va individuata una sede congiunta, ad esempio il CNEL per esaminare
l’attuale situazione e verificare le linee di indirizzo condivise per la
semplificazione.
Sulla parte economica occorre recuperare l’attendibilità della natura di
inflazione a cui fare riferimento ed ancorare il sostegno del salario a criteri
credibili definiti e condivisi in ambito di vera politica dei redditi.
Va utilizzato un concetto di “inflazione realisticamente prevedibile”,
supportata dai parametri ufficiali di riferimento, a livello dei CCNL.
In questo quadro va posto il tema dell’adeguamento degli attuali indicatori di
inflazione (utilizzando altri indicatori certi quali il deflatore dei consumi
interno o l’indice armonizzato europeo corretto con il peso dei mutui).
Rispetto al realizzarsi di eventuali differenziali inflazionistici vanno definiti
meccanismi certi di recupero.
Va previsto il superamento del biennio economico e la fissazione della
triennalità della vigenza contrattuale, unificando così la parte economica e
normativa.
2
Occorre vincolare meglio il rispetto della tempistica dei rinnovi. Le una
tantum a posteriori non recuperano mai del tutto il periodo di vacanza e il
sistema delle IVC si è rivelato troppo debole come deterrente per dare
certezza ai rinnovi.
Va considerata l’introduzione di penalizzazioni in caso di mancato rispetto
delle scadenze.
Si può pensare di fissare comunque la decorrenza dei nuovi minimi salariali
dalla scadenza del vecchio CCNL, superando così la concezione di “vacanza
contrattuale”, di una tantum o di indennità sostitutive.
Le trattative per il rinnovo dei CCNL dovranno iniziare 6 mesi prima delle
loro scadenze.
Anche per contrastare la precarietà del lavoro, la formazione per l’accesso,
per la sicurezza e la professionalità appare, nel contesto attuale di
cambiamenti sempre più profondi e veloci, come la priorità su cui intervenire
sia nella direzione di nuovi diritti contrattualmente definiti che nell’
implementazione e regolazione degli strumenti esistenti. In particolare va
valorizzata l’esperienza della formazione continua e dei Fondi
Interprofessionali.
Occorre rafforzare la normativa per i casi di appalti, outsourcing, cessioni di
rami d’azienda.
Vanno definiti accordi e norme quadro per garantire condizioni normative,
salariali e di sicurezza adeguate ed una continuità di relazioni industriali che
eviti l’emarginazione dei lavoratori interessati.
Occorre costruire un quadro di certezza rispetto alle aree contrattuali di
riferimento che, anche rispetto ai processi di liberalizzazione e in tutte le
realtà a regime concessorio, argini il fenomeno del dumping contrattuale in
particolare con la piena utilizzazione della “clausola sociale”. Ai fini del
rafforzamento e dell’estensione delle tutele sociali possono essere realizzati
avvisi comuni tra le parti sociali, anche ai fini dell’emanazione di atti di
indirizzo da parte delle Istituzioni preposte.
I temi della parità devono assumere una maggiore valenza contrattuale e
configurarsi in normative definite e vincolanti.
Va superato l’approccio che tende a regolare queste materie prevalentemente
in termini di dichiarazioni di principio o di intenti programmatici.
Occorre sviluppare un’impostazione contrattuale che incoraggi le imprese ad
assumere donne e offra, al tempo stesso, strumenti per la conciliazione vitalavoro.
3
La bilateralità offre una serie di strumenti attuativi esclusivamente “al
servizio” della contrattazione; deve essere rafforzata e qualificata sia a livello
nazionale che ne l territorio, qualificandolo anche sui temi del welfare
contrattuale in modo da garantirne la natura integrativa.
Va considerata la sempre maggiore incidenza della dimensione europea ed
internazionale.
L’internazionalizzazione dell’ economia e delle imprese, i processi di mobilità
transnazionale delle aziende, la localizzazione/delocalizzazione degli
investimenti e delle produzioni richiedono strumenti di intervento e di
governance che vanno otre la dimensione nazionale.
Il manifestarsi di forme spurie di contrattazione transnazionale, l’avvio di
costituzione di società europee (sulla base delle recenti direttive), l’avvio della
revisione della direttiva sui CAE rendono necessario un confronto su questo
tema.
SECONDO LIVELLO
Va sostenuta la diffusione qualitativa e quantitativa del secondo livello di
contrattazione. Vanno rafforzati gli strumenti già definiti dall’ accordo del 23
luglio 2007 (decontribuzione pienamente pensionabile) con misure aggiuntive
di detassazione.
Va affermata per via pattizia l’effettività e la piena agibilità del secondo livello
di contrattazione. I CCNL dovranno prevedere, in termini di alternativita’, la
sede aziendale o territoriale. Quest’ultima deve potersi dispiegare in una
molteplicità di forme: regionale, provinciale, settoriale, di filiera, di comparto,
di distretto, di sito. Questi obiettivi insieme danno compiutezza ed equilibrio
al sistema contrattuale proposto.
Le oggettive differenze tra i vari settori rendono necessario che siano i
singoli CCNL a definire le articolazioni del secondo livello.
La contrattazione accrescitiva di secondo livello sarà incentrata sul salario per
obiettivi rispetto a parametri di produttività, qualità, redditività, efficienza,
efficacia.
Il legame tra quote di salario e il complesso degli obiettivi di un’impresa
richiede trasparenza sul quadro economico-finanziario e di bilancio, rispetto
dei tempi delle verifiche e una più approfondita qualità dei processi di
informazione e consultazione (assetti societari, situazioni debitorie e
finanziarie).
4
La finanziarizzazione dell’economia rende sempre più necessaria la
conoscenza in tempo reale degli aspetti finanziari per poter “leggere” l’
impresa.
I processi di trasformazione in atto richiedono una più alta capacità di
contrattazione sull’organizzazione del lavoro, sulla condizione e prestazione
lavorativa, sulla valorizzazione della professionalità –attraverso la formazione
permanente -, sulle partite degli orari, su tutte le tematiche legate alla
flessibilità contrattata, sul tema sempre più fondamentale della prevenzione e
della formazione su salute e sicurezza del lavoro.
DEMOCRAZIA E RAPPRESENTANZA
La riforma sulla rappresentanza va attuata per via pattizia attraverso un
accordo generale quadro.
Rappresentanza e rappresentatività
Confermando per il settore pubblico l’Accordo collettivo quadro del 7 agosto
1998 e la vigente legge sulla rappresentanza, facendo riferimento per la
rappresentatività dei pensionati alle deleghe certificate dagli Enti
previdenziali, per il settore privato viene indicato nel CNEL l’istituzione che,
avvalendosi di specifici comitati con un alto profilo di competenza ed
autonomia, certifichi la rappresentanza e la rappresentatività delle relative
organizzazioni sindacali.
Per il settore privato la base della certificazione sono i dati associativi, riferiti
di norma alle deleghe, come possono essere numericamente rilevati
dall’INPS, prevedendo un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali del
DM10, e trasmessi complessivamente al CNEL, nonché i consensi elettorali
risultanti ai verbali elettorali delle RSU, che andranno generalizzate
dappertutto, come già regolamentate dall’Accordo interconfederale del 1
dicembre 1993 e dai CCNL, trasmessi dalle Confederazioni allo stesso
CNEL.
Cgil Cisl Uil intendono richiedere la riforma della governance degli enti
previdenziali. In questa prospettiva i propri rappresentanti saranno eletti
direttamente dalle lavoratrici e dai lavoratori.
Il CNEL dovrà diventare l’istituzione certificatrice di ultima istanza della
rappresentanza e della rappresentatività delle organizzazioni, e quindi
destinataria anche dei dati certificati dall’ARAN e, per i pensionati, dagli Enti
previdenziali.
Democrazia sindacale
Accordi confederali con valenza generale:
5
Le piattaforme sindacali vengono proposte unitariamente dalle segreterie, e
dibattute negli organismi direttivi interessati i quali approvano le piattaforme
da sottoporre successivamente alla consultazione dell’insieme dei lavoratori e
dei pensionati.
Tutto il percorso negoziale, dalla piattaforma alla firma, deve essere
accompagnato da un costante coinvolgimento degli organismi delle
Confederazioni, prevedendo momenti di verifica degli iscritti, e assemblee di
tutti i lavoratori e pensionati.
Le segreterie assumono le ipotesi di accordo, le sottopongono alla valutazione
e approvazione dei rispettivi organismi direttivi per il mandato alla firma da
parte delle stesse, previa consultazione certificata fra tutti i lavoratori,
lavoratrici, pensionate e pensionati, come già fatto nel 1993 e nel 2007.
Accordi di categoria:
Le federazioni di categoria, nel quadro delle scelte di questo documento
definiranno specifici regolamenti sulle procedure per i loro rinnovi
contrattuali al fine di coinvolgere sia gli iscritti che tutti i lavoratori e le
lavoratrici.
Tali regolamenti dovranno prevedere sia il percorso per la costruzione delle
piattaforme che per l’approvazione delle ipotesi di accordo. Insieme le
categorie definiranno regole e criteri per l’elezione delle RSU e per una loro
generalizzazione.
6

RINNOVO CONTRATTO COLLETTIVO



COMUNICATO
RINNOVO CCNL GOMMA PLASTICA INDUSTRIA
Le Segreterie Nazionali Filcem Femca Uilcem hanno informato, nel corso della riunione del 7.5.08,
la Delegazione trattante Gomma Plastica Confindustria sui contenuti dell'incontro svoltosi il 18
Aprile con la Federazione Gomma Plastica, che hanno determinato la rottura del tavolo negoziale
e la proclamazione di otto ore di sciopero tra il 30 aprile e il 6 maggio u.s.
L'alta adesione allo sciopero, circa dell'80% sul territorio nazionale, conferma le forti aspettative dei
lavoratori e delle lavoratrici del settore relativamente alle legittime richieste contenute nella
piattaforma rivendicativa, sia sotto il profilo economico che sotto quello normativo, anche in
considerazione del fatto che i volumi produttivi del comparto gomma-plastica continuano a
registrare l' andamento positivo degli ultimi anni.
Pur avendo rimosso dal tavolo la richiesta di allungamento dell'orario di lavoro, la
Federazione Gomma Plastica ha dimostrato, nella riunione del 18 aprile, la propria
indisponibilità a produrre avanzamenti negoziali, anzi sembra paradossalmente fare passi
indietro sui principali capitoli della piattaforma la cui soluzione è al centro del rinnovo del
contratto nazionale.
Infatti nonostante si fosse resa disponibile, negli incontri precedenti, a ricercare soluzioni che
rappresentassero per le parti “un investimento” reciproco per il settore oggi la Federazione
Gomma Plastica ufficializza la propria volontà di risparmiare sul rinnovo del contratto nazionale e
chiede di quantificare il riconoscimento economico contestualmente ad una riorganizzazione delle
maggiorazioni turni, volta non solo ad incidere sulla prestazione non lavorata ma a produrre un
oggettivo risparmio per le aziende.
Come dire continua a prevedere la possibilità di dare con una mano e togliere con l'altra,
cosa questa inaccettabile, soprattutto alla luce dell'emergenza del potere d'acquisto delle
retribuzioni di cui l'intero Paese discute da mesi.
Per quanto attiene al welfare contrattuale, presente in tutti i rinnovi firmati dalla categoria, e
nonostante la disponibilità ad articolare il percorso dimostrate dalle Segreterie Nazionali Filcem
Femca Uilcem, la Federazione Gomma Plastica rifiuta semplicemente di entrare nel merito della
questione e rinvia ogni possibilità di avviare il fondo di assistenza sanitaria integrativa a dopo il
quadriennio.
Sulla previdenza complementare afferma, che i due casi (di premorienza ed invalidità
permanente) sui quali la piattaforma chiede di intervenire con incremento dello 0,20 % per la
costituzione del premio assicurativo, non possono trovare accoglienza perchè “ledono il principio
della Pariteticità”, posizione quest'ultima assai difficile da comprendere e certamente anche da
argomentare.
Sul mercato del lavoro, nonostante il documento annuale presentato dalla Federazione Gomma
Plastica ai propri associati, sulla base di una indagine presso le aziende del settore, evidenzi un
utilizzo medio complessivo di contratti a tempo determinato e di somministrazione lavoro pari al
6% sul territorio nazionale, la controparte rifiuta di prevedere un tetto massimo di utilizzo di questi
strumenti.
Tale richiesta, come molte volte le Segreterie Nazionali hanno già evidenziato nel corso della
trattativa, non ha mai avuto lo scopo di impedire l'utilizzo delle tipologie contrattuali previste per
legge, bensì quello di ostacolare gli abusi che tendono a mascherare vere e proprie carenze
strutturali di organico.
Per tale ragione pur non escludendo la possibilità di ragionare sulla “durata”, come
proposto dalla Federazione Gomma Plastica e in parte risolto dalla recente legge sui
contratti a termine, le Segreterie Nazionali Filcem Femca Uilcem continuano a ritenere
importante definire regole contrattuali che intervengano a garantire l'utilizzo delle tipologie
contrattuali da parte delle aziende senza con questo incrementare fenomeni eccessivi e
strutturali di mera precarizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici.
Sul part-time c'è la loro indisponibilità all'introduzione di una percentuale (anche minima) di
utilizzo.
Il part-time è occasione per dare una risposta di flessibilità utile ai lavoratori ma anche alle
aziende.
Questa posizione di rigidità è difficile da comprendere, perchè siamo in presenza di un
contratto nazionale che negli scorsi rinnovi ha già ampliamente provveduto a normare la
flessibilità.
Sugli altri punti della piattaforma, completa chiusura:
NO alla preventiva comunicazione della scadenza del periodo di comporto per
malattia;
 NO all'estenzione delle 150 ore per il conseguimento del titolo di studi di scuola
media superiore;
 NO all giorno di permesso ai padri per la nascita del bambino;
 NO all'introduzione dei lavoratori apprendisti nel computo per il numero delle rsu;
 NO alla richiesta di 105 euro di aumento medio alla F.

Il quadro emerso nella riunione del 18, hanno evidenziato le Segreterie Nazionali, unitamente
all'intera Delegazione Trattante rende impossibile ogni tipo di avvicinamento e necessita, a
sostegno della vertenza e al fine della auspicata riapertura del tavolo negoziale, ulteriori iniziative
di lotta.
Pertanto la Delegazione Trattante e le Segreterie Nazionali Filcem Femca Uilcem indicono
un pacchetto di 10 ore di sciopero da articolare a livello aziendale e territoriale, sia in
relazione alle iniziative informative nei luoghi di lavoro e delle eventuali manifestazioni da
prevedere entro il 10 giugno prossimo e si riconvocano a partire da quella data per una
ulteriore valutazione dello stato della trattativa.
Le Segreterie Nazionali
FILCEM CGIL FEMCA CISL UILCEM UIL
Delegazione Trattante
Roma, 9 Maggio 2008

Comunicato 08-05-08

Dai primi accertamenti fatti dall'azienda in relazione all'incendio avvenuto in data 06-05-08 durante il quarto turno nei servizi delle donne nel reparto Buk7, pare che non si tratti di un semplice incidente ma di un atto doloso.
Se le perizie dovessero confermare tale ipotesi l'Rsu condanna tali gesti irresponsabili e prende totalmente le distanze da comportamenti che possono mettere in pericolo la sicurezza dei lavoratori.
Il fatto in sè ha comunque evidenziato delle lacune enormi nell'organizzazione della squadra di sicurezza e nella formazione ai lavoratori sulle procedure da adottare in situazione di emergenza.
l'Rsu intende aprire una discussione con l'azienda rispetto a tali questioni.

giovedì 8 maggio 2008

Scioperi e polemiche


In merito ad alcuni commenti polemici (e anonimi) vogliamo ribadire che le due Rsu di Pinerolo e Luserna hanno una visione unitaria rispetto alla realtà aziendale. L'Rsu di Luserna ha deciso di revocare all'ultimo lo sciopero del 7 maggio relativo alle lettere di contestazione (che invece i colleghi di Pinerolo hanno fatto), per i gravi fatti accaduti al Buk7 nella notte tra il 6 e il 7 del corrente mese. Ciò non toglie che le ore di sciopero previste non possano essere spese in futuro se l'Azienda dovesse continuare sulla strada dei provvedimenti disciplinari a tappeto.
L'Rsu

mercoledì 7 maggio 2008


il Gorilla

Il nuovo Parlamento, uscito dalle urne delle recenti elezioni politiche, per la prima volta nella storia del nostro Paese, non vedrà la presenza di una rappresentanza politica del mondo del lavoro dipendente; questo nuovo assetto dell’emiciclo parlamentare cercherà ugualmente di interpretare i bisogni e le necessità della classe proletaria, ma con un taglio analitico di tipo liberista calato su un mondo del lavoro completamente stravolto dagli effetti della competizione globale
Il lavoro ha ormai perso la sua centralità sociale, consegnatagli dal testo Costituzionale nell’immediato dopo guerra il primato di centralità, nell’era dell’Italia moderna, spetta al profitto e non al lavoro, quindi per coerenza bisognerebbe cambiare il testo della Costituzione Italiana e scrivere: l’Italia è una repubblica fondata sul profitto.
Sono sempre più rari i grossi insediamenti produttivi, mentre si moltiplicano le piccole o piccolissime aziende, alla produzione di un bene concorrono dipendenti di aziende diverse, di media e piccola dimensione, ( vedi FIAT con il suo indotto auto) , ai lavoratori di queste aziende vengono applicati Contratti Nazionali diversi secondo una logica di convenienza economica .
Il tessuto industriale di oggi si presenta come una costellazione di piccole o piccolissime aziende, dove il sindacato non c’è o stenta ad affermarsi, il rapporto tra azienda e lavoratori è di tipo paternalistico, l’aziendalismo tra i lavoratori è un fenomeno molto diffuso, accettano in silenzio regole vessatorie non scritte, ma ugualmente esigibili anche se esulano dagli articolati del Contratto nazionale di riferimento.
L’ ampio utilizzo di lavoratori precari, nei cicli produttivi, non genera quasi mai una stabilizzazione occupazionale, nonostante si consolidano i volumi produttivi che hanno giustificato la loro assunzione, questa tipologia di lavoratori vive il mondo del lavoro in estrema solitudine, sanno di non poter contare sulla solidarietà dei propri colleghi di lavoro, e sanno che l’azienda a loro chiederà di più che agli altri, anche il sindacato non è un punto di riferimento per loro; entrano ed escono dalle aziende senza lasciare traccia del loro passaggio, sono invisibili quando lavorano allo stesso modo in cui lo sono quando non trovano un impiego, precari nel lavoro nei rapporti umani negli affetti ; in poche parole “MODERNI”.
In alcuni casi lo sfruttamento si spinge oltre i limiti di decenza e di legge, il lavoro in nero diventa il perno di una strategia industriale, su cui l’azienda fa leva per competere sul mercato; vero e proprio sfruttamento fuori dal controllo delle autorità competenti, che raramente accertano tale irregolarità .
Il lavoro è diventato una merce, un bene da comprare dal miglior offerente, sui lavoratori si scarica il costo della competizione dei mercati globali, l’insieme di regole e tutele, conquistate dai lavoratori nel secolo scorso, sono considerate uno ostacolo da abbattere, a questo proposito il Contratto nazionale rappresenta un simbolo di unione e di forza dei lavoratori da cancellare , ridistribuisce ricchezza e diritti anche nelle aziende dove non c’è il sindacato, uno strumento di tutela collettiva insopportabile nell’era “MODERNA.”
Il sistema contrattuale nel nostro Paese ha sicuramente bisogno di una revisione, la situazione drammatica in cui versano salari e pensioni è la conseguenza di un meccanismo di moderazione salariale introdotta nell’ormai lontano luglio del 1993, quando per salvare l’Italia da una sempre più crescente crisi e svalutazione della moneta nazionale, si decise di scaricare costi e sacrifici , come sempre, alla classe sociale più debole, da quella data in avanti, in maniera esponenziale, le dinamiche di crescita di salari e pensioni si sono sganciate dal reale costo della vita, mentre i profitti delle aziende e le rendite finanziarie sono cresciuti a dismisura.
Il livello di ingiustizia sociale oggi ha delle dimensioni talmente evidenti che anche i poteri forti, del nostro sistema economica e politico, fanno fatica a nascondere, una sperequazione sociale diventata imbarazzante, secondo loro, la causa va ricercata nell’eccessivo prelievo fiscale, in poche parole la colpa è dello Stato, a cui si pagano troppe tasse, omettendo di dire che con le tasse si pagano i servizi essenziali ai cittadini, servizi dei quali loro possono permettersi di fare a meno; se venissero tagliati, per mancanza di fondi, genererebbero a loro volta povertà; mentre l’evasine del fisco rimane lo sport preferito dagli italiani che contano, occultano redditi e guadagni è si accaparrano ricchezze illecite che trasferiscono nei paradisi fiscali.
Insomma, e vero che non si arriva più alla fine del mese, ma i soldi per poter vivere del proprio salario in modo dignitoso, “NON SI PENSI” di chiederli al mondo delle imprese o delle finanze; non hanno nessuna intenzione di ridistribuire ricchezza, e se proprio devono, allora devono guadagnarci il doppio di quanto ti anno dato, “Per aumentare i salari è necessario un incremento di produttività la dove si crea ricchezza, cioè in azienda” tradotto significa: vieni a chiedermi i soldi dove sei solo e meno tutelato ed io mi porto a casa maggiori profitti dal tuo lavoro.
Occorre mantenere in vita il Contratto Nazionale, rinnovarli nei tempi giusti , ridargli vigore e autorità contrattuale, per adeguare i salari al reale costo della vita, per ridistribuire la ricchezza accumulata in questi anni nelle tasche delle imprese, per sancire diritti e restituire dignità a chi lavora; tutto questo deve essere fatto a livello nazionale perché e li che oggi si deposita la maggiore garanzia per i lavoratori .
Si deve lavorare per unire ciò che la globalizzazione economica ha diviso, ricostruire le filiere produttive e raggrupparle coerentemente sotto lo stesso Contratto, fare contrattazione di secondo livello in tutte le aziende, dove non c’è il sindacato instaurare un livello di contrattazione di sito o territoriale in modo da ricucire il tessuto contrattuale con le piccole aziende che si sottraggono alla contrattazione collettiva.
Temo invece che le ricette che usciranno dal Parlamento per una società moderna, avranno ben altre intenzioni, faccio alcuni esempi:
Mercato del lavoro libero da vincoli di garanzia per i lavoratori quindi: tutti licenziabili senza giusta causa, non sarà più necessario stipulare contratti a tempo determinato, in questo caso si potrà assumere con contratti a tempo indeterminato.
Detassazione degli straordinari, moderna formula di incremento salariale, devi affrontare il rincaro dei prezzi? Basta lavorare 12 ore al giorno e risolvi il problema dell’aumento dei prezzi.
Meritocrazia come elemento aggiuntivo della tua busta paga, se sei meritevole quindi : fai gli straordinari, non ti ammali, non pretendi troppa attenzione, lavori per due e giuri fedeltà assoluta alla tua azienda potrai sperare in un aumento al merito .
Dimenticavo: cerca di renderti simpatico con chi deve giudicare i tuoi meriti .
Revisione del sistema contrattuale in chiave moderna, Contratto Nazionale depotenziato, con il solo compito di adeguare il salario all’inflazione programmata dal Governo, nessuna redistribuzione di ricchezza a livello Nazionale, questa è delegata a livello aziendale dove si produce ricchezza detassata, se poi il rapporto di forza è tutto sbilanciato nelle mani dell’azienda porti a casa le briciole, se invece non esiste il sindacato e non hai forza contrattuale, ti resta lo straordinario e il merito come unico strumento per resistere al caro vita.
Pensioni e sanità sempre più private, l’ausilio delle finanze pubbliche ridotte al lumicino, per effetto della riduzione delle aliquote fiscali e dell’evasione fiscale perseguita solo a parole.
Revisione del testo unico sulla sicurezza dei posti di lavoro, meno vincoli e sanzioni, meno partecipazione attiva degli RLS alle politiche preventive, le notizie sulle morti bianche saranno filtrate dagli organi di informazione per non creare allarmismo; il continuo ricorso allo straordinario aumenta l’incidenza del rischio,i tempi di lavoro intensificati dal crescente incremento di produttività aumenta l’incidenza del rischio, la precarietà aumenta l’incidenza del rischio, la mancanza di formazione e informazione aumenta l’incidenza del rischio; queste argomentazioni saranno bandite dai ragionamenti sulla sicurezza, bollandole come vecchi ritornelli ideologici comunisti.
Il lavoro moderno ha bisogno di gorilla ammaestrati che svolgono il lavoro punto e basta, obbedienti ed instancabili, non serve pensare, ragionare, partecipare, il tempo libero serve solo per recuperare la stanchezza e inutile sognare un futuro migliore a questo provvedono loro, al gorilla basta soddisfare solo il suo istinto di sopravvivenza giorno per giorno, alle persone questo ovviamente non basta e questo è un limite alla MODERNITA’.

DICHIARAZIONI






Emma Marcegaglia: «Subito la riforma dei contratti»
di Nicoletta Cottone

Subito la riforma delle relazioni industriali e dell'assetto contrattuale: il presidente designato della Confindustria, Emma Marcegaglia invita i sindacati a sedersi già nei prossimi giorni intorno a un tavolo per cambiare gli assetti contrattuali. «Il ruolo del sindacato è importante - ha detto Emma Marcegaglia - ma bisogna trattare in tempi ragionevoli per una riforma della contrattazione verso l'azienda e il merito personale. Bisogna coniugare l'aumento della produttività e quello dei salari». Si chiede un forte alleggerimento economico e normativo del contratto nazionale e un cambiamento degli assetti contrattuali con l'obiettivo di puntare sulla contrattazione di secondo livello. La Marcegaglia ha ribadito il parere favorevole degli industriali sulla detassazione degli straordinari e dei premi variabili. «Chiederemo al nuovo governo di varare queste misure il prima possibile». Annuncia a giorni un incontro con il premier in pectore Silvio Berlusconi. Crescita e modernizzazione. Quattro i pilastri per raggiungere l'obiettivo della crescita e di una vera modernizzazione del Paese: «Una società aperta e integrata nel sistema internazionale; uno Stato migliore; l'investimento in capitale umano; l'elaborazione di una strategia che contemperi le esigenze di crescita con i vincoli energetici e ambientali». Mezzogiorno. Irrinunciabile il rilancio dell'economia meridionale per rafforzare la competitività italiana. Nel Sud del Paese sono acute, ha sottolineato Emma Marcegaglia, la mancanza di legalità, il cattivo funzionamento dell'amministrazione, l'inadeguatezza di infrastrutture, la mancanza di condizioni minime di corretto funzionamento del mercato, di selezione delle persone, persino di civile convivenza. L'emergenza rifiuti in Campania ha messo in luce un difetto di governo e di classe dirigente di gravità inaudita. E ha invitato a non disperdere in mille rivoli clientelari i 100 miliardi di fondi strutturali 2007-2013. Sicurezza sul lavoro. Emma Marcegaglia chiederà, poi, all'Esecutivo di modificare le norme introdotte dal governo uscente sulla sicurezza sul lavoro. Per la Marcegaglia l'inasprimentodelle sanzioni fatto dal governo Prodi è stata «una scelta profondamente sbagliata». La soluzione deve essere trovata nella diffusione della cultura della sicurezza. Necessario, dunque, promuovere «corsi di formazione aziendale innanzitutto per responsabilizzare imprenditori e controparti sindacali». Serve un salto di qualità per dare concretezza «agli sforzi intrapresi nella qualità degli interventi e della formazione e nel coinvolgimento delle strutture associative per la sensibilizzazione dei territori e la piena applicazione delle norme».
IL SOLE240RE

martedì 6 maggio 2008

Nuovo modello contrattuale 2

Nuovo modello contrattuale
«Non si può ridurre i direttivi unitari a un momento di ratifica dell'accordo tra i tre segretari»

Intervista de "il Manifesto" a Nicola Nicolosi, coordinatore di «Lavoro e società»
di Francesco Piccioni
Sull'ipotesi di riforma del modello contrattuale concordata dai tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil vengono posti problemi sia di merito che di metodo. Quando si parla di «rappresentanza» il metodo è sostanza. Ne abbiamo già dibattuto nel direttivo Cgil del 29 aprile, e non abbiamo trovato l'assenso comune. Anche all'interno delle grandi organizzazioni sindacali si va affermando questo «spirito della globalizzazione» per cui siamo tutti uguali, tranne i leader. Che hanno un potere superiore a quello degli organismi democratici. Vale per i consigli comunali, regionali, per lo stesso parlamento. Qui stiamo parlando della riforma del modello contrattuale che riguarda 17 milioni di lavoratori dipendenti. Ossia di una dimensione più ricca, sul piano della rappresentanza, di quello che tutte le organizzazioni sindacali possono rappresentare.
Tanto meno, perciò, dalle sole segreterie... Neppure le segreterie hanno finora varato questo documento, che risulta essere una «bozza» dei segretari generali. Nel momento in cui i tre massimi responsabili delle principali organizzazioni trovano un accordo, questo rischia di non essere più mediabile. In democrazia, però, tutto ciò che non è emendabile rischia di diventare un voto di fiducia. Vorrei poter votare sul merito di un documento, senza dover mettere in discussione il leader della Cgil. Nella crisi della rappresentanza e della democrazia, rischiamo di avviarci su un percorso mai discusso, mai definito, che rischia di diventare il percorso verso la post-democrazia. Mi sembra un andazzo pericoloso.
Sul piano dei contenuti: è ancora il vecchio testo, più la parte sulla rappresentanza? Siamo ovviamente nel campo delle supposizioni. Che ci debba essere un nuovo modello contrattuale è fuori discussione. Ma quale deve essere la sua missione? Credo debba essere quella di recuperare potere contrattuale, dare vigore al contratto nazionale, in particolare deve ridistribuire più reddito a favore dei salari.
Si parla invece di detassazione degli straordinari. Quello è un altro modo di indebolire il sindacato e metterlo fuori gioco. Per questo non riesco a capire l'atteggiamento dell'attuale gruppo dirigente della Cgil. La detassazione va nella direzione del rapporto diretto tra il singolo lavoratore e il datore di lavoro. Era anche alla base del «patto per l'Italia» del 2002. Se è così, ci stiamo piegando a un percorso che la Cgil non ha mai definito e che anzi aveva rifiutato.
Si va a un confronto nella Cgil, con la richiesta di una consultazione di tutti gli iscritti? Sostenere solo la consultazione degli iscritti è limitativo. Il modello contrattuale varrà per 17 milioni di lavoratori. Non possiamo ripetere l'esperienza del protocollo di luglio. Ci devono essere regole chiare, far circolare le opinioni diverse, senza richiami alla disciplina di organizzazione; bisogna creare le situazioni in cui le opinioni in campo possano essere valutate da iscritti e non. Inoltre, sul modello contrattuale non dovrebbero votare i pensionati, che non ne verranno toccati.
(3 maggio 2008)

comunicato stampa


Nuovo modello contrattuale
Dichiarazione stampa di Nicola Nicolosi, coordinatore nazionale di Lavoro Società

02/05/2008 Apprendiamo dai telegiornali che i segretari generale di Cgil, Cisl e Uil avrebbero raggiunto un accordo sul nuovo modello contrattuale. Le modalità di presentazione, cioè durante i comizi della festa dei lavoratori, non è solo inusuale, ma fuoriesce dalle più elementari norme democratiche che regolano l’attività sindacale della Cgil. Il direttivo della Cgil non si è ancora espresso. Inoltre, la riforma appare non solo poco esaustivo, ma lontano da qualsiasi orizzonte europeo. Il reddito da lavoro dipendente non deve agganciare l’inflazione di qualsiasi natura, ma aumentare la sua quota sul prodotto interno lordo almeno nella misura di quello medio dei paesi europei. Se la media dei paesi europei è prossima al 50%, l’Italia si colloca molto al disotto. Se quanto detto nei comizi dai segretari generali è vero, la cgil deve aprire una discussione a tutti gli iscritti in ragione della modifica della linea politica venuta fuori dall’ultimo congresso nazionale di Rimini. L’ultimo congresso della cgil si è chiuso in modo unitario dopo 15 anni di documenti separati perché c’era unanime convergenza di privilegiare il contratto nazionale come asse delle politiche contrattuali, unitamente alla necessità di fare crescere il reddito da lavoro dipendente dopo 15 anni di strisciante impoverimento. La scelta di modificare la linea congressuale non può avvenire senza chiamare tutti gli iscritti e i lavoratori a manifestare il proprio consenso o meno.

lunedì 5 maggio 2008

Il declino globale degli stipendi

Il declino globale degli stipendi in busta 5mila euro in meno l'anno
di MAURIZIO RICCI

ROMA - La lotta di classe? C'è stata e l'hanno stravinta i capitalisti. In Italia e negli altri Paesi industrializzati, gli ultimi 25 anni hanno visto la quota dei profitti sulla ricchezza nazionale salire a razzo, amputando quella dei salari, e arrivare a livelli impensabili ("insoliti", preferiscono dire gli economisti). Secondo un recente studio pubblicato dalla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali, nel 1983, all'apogeo della Prima Repubblica, la quota del prodotto interno lordo italiano, intascata alla voce profitti, era pari al 23,12 per cento. Di converso, quella destinata ai lavoratori superava i tre quarti. Più o meno, la stessa situazione del 1960, prima del "miracolo economico". L'allargamento della fetta del capitale comincia subito dopo, nel 1985. Ma per il vero salto bisogna aspettare la metà degli anni '90: i profitti mangiano il 29 per cento della torta nel 1994, oltre il 31 per cento nel 1995. E la fetta dei padroni, grandi e piccoli, non si restringe più: raggiunge un massimo del 32,7 per cento nel 2001 e, nel 2005 era al 31,34 per cento del Pil, quasi un terzo. Ai lavoratori, quell'anno, è rimasto in tasca poco più del 68 per cento della ricchezza nazionale. Otto punti in meno, rispetto al 76 per cento di vent'anni prima. Una cifra enorme, uno scivolamento tettonico. Per capirci, l'8 per cento del Pil di oggi è uguale a 120 miliardi di euro. Se i rapporti di forza fra capitale e lavoro fossero ancora quelli di vent'anni fa, quei soldi sarebbero nelle tasche dei lavoratori, invece che dei capitalisti. Per i 23 milioni di lavoratori italiani, vorrebbero dire 5 mila 200 euro, in più, in media, all'anno, se consideriamo anche gli autonomi (professionisti, commercianti, artigiani) che, in realtà, stanno un po' di qui, un po' di là. Se consideriamo solo i 17 milioni di dipendenti, vuol dire 7 mila euro tonde in più, in busta paga. Altro che il taglio delle aliquote Irpef.
Non è, però, un caso Italia. Il fenomeno investe l'intero mondo sviluppato. In Francia, rileva sempre lo studio della Bri, la fetta dei profitti sulla ricchezza nazionale è passata dal 24 per cento del 1983 al 33 per cento del 2005. Quote identiche per il Giappone. In Spagna dal 27 al 38 per cento. Anche nei paesi anglosassoni, dove il capitale è sempre stato ben remunerato, la quota dei profitti è a record storici. Dice Olivier Blanchard, economista al Mit, che i lavoratori hanno, di fatto, perduto quanto avevano guadagnato nel dopoguerra. Forse, bisogna andare anche più indietro, al capitalismo selvaggio del primo '900: come allora, in fondo, succede poi che il capitalismo troppo grasso di un secolo dopo arriva agli eccessi esplosi con la crisi finanziaria di questi mesi. Ma gli effetti sono, forse, destinati ad essere più profondi. C'è infatti questo smottamento nella redistribuzione delle risorse in Occidente dietro i colpi che sta perdendo la globalizzazione e il risorgere di tendenze protezionistiche: da Barack Obama e Hillary Clinton, fino a Nicolas Sarkozy e Giulio Tremonti. Sostiene, infatti, Stephen Roach, ex capo economista di una grande banca d'investimenti come Morgan Stanley, che la globalizzazione si sta rivelando come un gioco in cui non è vero che vincono tutti. Secondo la teoria dei vantaggi comparati di Ricardo, la globalizzazione doveva avvantaggiare i paesi emergenti e i loro lavoratori, grazie al boom delle loro esportazioni. E quelli dei paesi industrializzati, grazie all'importazione di prodotti a basso costo e alla produzione di prodotti più sofisticati. "E' una grande teoria - dice Roach - ma non funziona come previsto". Ai lavoratori cinesi è andata bene, ma quelli americani ed europei non hanno mai guadagnato così poco, rispetto alla ricchezza nazionale. Sono i capitalisti dei paesi sviluppati che fanno profitti record: pesa l'ingresso nell'economia mondiale di un miliardo e mezzo di lavoratori dei paesi emergenti, che ha quadruplicato la forza lavoro a disposizione del capitalismo globale, multinazionali in testa, riducendo il potere contrattuale dei lavoratori dei paesi sviluppati. Quanto basta per dirottare verso le casse delle aziende i benefici dei cospicui aumenti di produttività, realizzati in questi anni, lasciandone ai lavoratori le briciole. Inevitabile, secondo Roach, che tutto questo comporti una spinta protezionistica nell'opinione pubblica, a cui i politici si mostrano sempre più sensibili. Ma il ribaltone nella distribuzione della ricchezza in Occidente è, allora, un effetto della globalizzazione? Non proprio, e non del tutto. Secondo gli economisti del Fmi, nonostante che il boom del commercio mondiale eserciti una influenza sulla nuova ripartizione del Pil, l'elemento motore è, piuttosto, il progresso tecnologico. Su questa scia, Luci Ellis e Kathryn Smith, le autrici dello studio della Bri, osservano che il balzo verso l'alto dei profitti inizia a metà degli anni '80, prima che le correnti della globalizzazione acquistino forza. Inoltre, l'aumento della forza lavoro disponibile a livello mondiale interessa anzitutto l'industria manifatturiera, ma, osservano, non è qui - e neanche nei servizi alle imprese, l'altro terreno privilegiato dell'offshoring - che si è verificato il maggior scarto dei profitti. Il meccanismo in funzione, secondo lo studio, è un altro: il progresso tecnologico accelera il ricambio di macchinari, tecniche, organizzazioni, che scavalca sempre più facilmente i lavoratori e le loro competenze, riducendone la forza contrattuale. E' qui, probabilmente, che la legge di Ricardo, a cui faceva riferimento Roach, si è inceppata. Il meccanismo, avvertono Ellis e Smith, è tutt'altro che esaurito e, probabilmente, continuerà ad allargare il divario fra profitti e salari in Occidente. Dunque, è la dura legge dell'economia a giustificare il sacrificio dei lavoratori, davanti alla necessità di consentire al capitale di inseguire un progresso tecnologico mozzafiato? Neanche per idea. La crescita dei profitti, sottolinea lo studio della Bri, "non è stato un passaggio necessario per finanziare investimenti extra". Anzi "gli investimenti sono stati, negli ultimi anni, relativamente scarsi, rispetto ai profitti, in parecchi paesi". In altre parole "l'aumento della quota dei profitti non è stata la ricompensa per un deprezzamento accelerato del capitale, ma una pura redistribuzione di rendite economiche". La lotta di classe, appunto. LA REPUBBLICA (3 maggio 2008)