giovedì 17 dicembre 2009

Graziano Trasmissioni: 1000 esuberi, sciopero


I lavoratori della Oerlikon-Graziano Trasmissioni di Cascine Vica (To) si sono fermati in sciopero, dopo le assemblee, fino a fine turno, con un presidio fuori dai cancelli dell'azienda. 'Con questa iniziativa - spiega la Fiom - i dipendenti vogliono protestare contro il piano di ristrutturazione presentato dall'azienda al ministero delle Attivita' Produttive che prevede 1.000 esuberi in Italia, di cui circa 500 in Piemonte, e la chiusura dello stabilimento di Cento, in provincia di Ferrara. I lavoratori chiedono che non venga chiuso alcuno stabilimento in Italia e che questa fase di crisi con calo dei volumi venga affrontata senza licenziamenti, utilizzando gli ammortizzatori sociali a partire dai contratti di solidarieta'.


17/12/2009 12:24

fonte rassegna.it


martedì 15 dicembre 2009

Campagna di comunicazione della CGIL

Fisco:‘Più evadono, più paghi’, parte la campagna di comunicazione della CGIL
CGIL presenta proposte per un fisco giusto, taglio strutturale tasse per lavoratori e pensionati
Obiettivo della campagna è comunicare la posizione della CGIL in materia di politica fiscale e sostenere un’iniziativa politica di più vasto respiro che il sindacato promuoverà sin dai primi mesi del prossimo anno


Consulta i materiali dell'IRES CGIL -


I manifesti della campagna 'Più evadono più paghi'

fonte cgil.it

lunedì 14 dicembre 2009

Il mancato riconoscimento delle malattie professionali


Le malattie professionali risultano essere un fenomeno spesso sottovalutato. L’avv. R. Dubini ne spiega le ragioni segnalandoci due documenti di CGIL e CISL che contengono proposte di miglioramento della tutela della salute dei lavoratori.


Il fenomeno delle malattie professionali richiede una particolare attenzione per la tutela integrale della salute dei lavoratori. Emerge sempre l'incognita delle malattie ‘perse' cioè di quelle malattie che, pur se di origine professionale, non vedono mai la luce e quindi sfuggono ad ogni tutela.

Molte criticità sono dovute al mancato riconoscimento delle tecnopatie in ambito INAIL. Eppure esistono criteri scientifici adottati nel campo prevenzionale per il loro riconoscimento. Vi sono le questioni giuridiche legate al nesso di causalità nei processi civili e penali nelle malattie professionali, nonché i problemi legati alle azioni di regresso dell'INAIL per le tecnopatie nelle quali siano emerse responsabilità a carico del datore di lavoro.

Le Asl hanno difficoltà nel realizzare una corretta programmazione territoriale degli interventi di prevenzione che richiede la fattiva collaborazione dei medici competenti e di quelli di base.

I medici competenti hanno ulteriori difficoltà legate al fatto che la denuncia di malattia professionale implica, nei fatti, la perdita dell'incarico di medico competente.

Occorre fare il punto sulla prevenzione delle malattie professionali e, soprattutto, richiamare l'attenzione su un fenomeno spesso sottovalutato rispetto agli infortuni sul lavoro, ma altrettanto importante.

Rolando Dubini, avvocato in Milano


A questo proposito la CGIL e la CISL hanno prodotto due documenti di proposta per una azione di sistema che pubblichiamo di seguito, successivamente alla nota di accompagnamento della CGIL.

CGIL - Nota di accompagnamento
Il tema delle malattie professionali rappresenta nel nostro Paese un punto di estrema criticità.
Molte fonti istituzionali (Commissione del Senato sul fenomeno delle morti bianche, Rapporto annuale Inail 2008) forniscono dati che fanno emergere una gravissima e motivata preoccupazione.
La stessa Cgil, nell’audizione al Senato del 27 novembre 2007 aveva fornito elementi di conoscenza che erano poi stati ripresi nella relazione conclusiva della Commissione (cfr allegato).
In un recente documento della Cisl rimesso in questi giorni al Ministro del Lavoro (cfr allegato) si calcolano in 8600 casi/anno “i tumori di certa origine lavorativa”.
In questo quadro abbiamo più volte sollecitato un confronto del Governo con le parti sociali sul tema al fine di promuovere un Piano nazionale di prevenzione la cui urgenza appare del tutto evidente.

In assenza di questo confronto, cui il Governo si è sempre sottratto, abbiamo reiteratamente sollecitato ed infine ed ottenuto la convocazione in seduta straordinaria della Commissione consultiva ex articolo 6 del Decreto lgs 81/08.
In previsione della riunione straordinaria della Commissione Consultiva, che si è tenuta il 24 novembre scorso, abbiamo infine prodotto il documento (cfr allegato): “La prevenzione delle malattie professionali: proposte della Cgil per una azione di sistema”.
Tra le principali proposte avanzate dalla nostra Organizzazione vanno richiamate quelle relative alla promozione di una campagna straordinaria sulle “Malattie professionali perdute”, l’adozione e diffusione di una Carta dei diritti dei lavoratori e di Rls in materia di sorveglianza sanitaria, la definizione dei parametri di rischio per le sostanze pericolose (per le quali il Decreto prevedeva un termine di 45 giorni), l’allestimento di un sito internet espressamente dedicato all’informazione medica per “il pubblico” etc.
Nel corso della riunione la Cgil ha illustrato il proprio documento che ha registrato consensi diffusi nel merito delle singole proposte.

In particolare è stata accolta la proposta (non contenuta nel documento) relativa alla promozione di una campagna denominata “Scuola Sicura” per la diffusione di un percorso didattico mirato alla comprensione dei rischi propri degli ambienti scolastici (staticità degli edifici, messa a norma degli impianti di varia natura etc). Si è previsto che il percorso didattico debba concludersi con un vero e proprio report sulla sicurezza sulla base del quale far confrontare gli studenti con le autorità preposte al fine di condividere gli interventi (anche strutturali) per la messa a norma degli edifici scolastici.
Allo stesso modo è stata accolta la proposta relativa al coinvolgimento del Dipartimento delle Pari Opportunità in un progetto che prevede, tra l’altro, la lettura di genere degli adempimenti e degli atti connessi all’attuazione del Testo Unico sulla sicurezza (in allegato la proposta a suo tempo avanzata dalla Cgil e finora rifiutata dal Governo).

Va rilevato che il documento della Cgil è risultato esplicitamente alternativo all’intendimento del Governo di dar vita ad una campagna di informazione mediatica generica ed inconcludente che era stata peraltro duramente contestata da tutte le parti sociali componenti la Commissione che avevano criticato, secondo le parole della stessa Confindustria, “lo sperpero di danaro pubblico”.
Le numerose delegazioni imprenditoriali presenti al tavolo non hanno mai preso la parola.
In questo quadro il Governo è stato costretto alla fine ad una forzata marcia indietro riconoscendo la necessità di un approfondimento di merito sull’utilizzo dei 20 mln/€ e sui contenuti (da noi ritenuti inaccettabili e basati in buona sostanza sul concetto di “responsabilità” dei comportamenti dei lavoratori). Tale approfondimento si terrà a fine gennaio, termine rispetto al quale il Governo si è impegnato a non procedere ad ulteriori impegni di spesa.
Le Regioni dal canto loro, accogliendo un invito esplicito della Cgil, si sono impegnate ad avanzare, sulla traccia delle proposte avanzate, specifiche ipotesi di progettazioni esecutive della campagna.


CGIL - La prevenzione delle malattie professionali. Proposte della Cgil per una azione di sistema (formato .doc, 158 kB).


CISL - Proposta CISL per la Campagna di comunicazione per la diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro (ex art.11, c.7, d.lgs.81/08 s.m.)(formato .doc, 165 kB).
fonte :SIRS-RER


Crisi: a novembre cala CIGO ma esplode CIGS, in 11 mesi -2,35mld nei salari


CGIL, resta una priorità portare la CIGO da 52 settimane a 104 e lasciare la CIGS con le sue regole, per affrontare i problemi legati alle crisi industriali più consistenti e profonde

Ritorna prepotentemente ad aumentare il ricorso alla CIG nel mese di novembre: si conferma un calo della CIGO ma, contestualmente, esplode il ricorso alla cassa integrazione straordinaria. Giudizi che emergono da una elaborazione di dati Inps sul ricorso agli ammortizzatori sociali, a Cura dell’Osservatorio CIG del Dipartimento Settori Produttivi della CGIL Nazionale. Un’analisi che non si limita a fotografare il dato di novembre ma traccia un primo bilancio per l’anno in corso del ricorso alla cassa integrazione e dal quale si rileva come da gennaio a novembre siano stati mediamente 1.110.000 i lavoratori coinvolti nei processi di CIG. Lavoratori che hanno complessivamente subito una decurtazione dei loro salari per oltre 2,35 miliardi di euro.

mini guida su cigs


CGIL presenta proposte per un fisco giusto, taglio strutturale tasse per lavoratori e pensionati


Parte campagna di comunicazione sulla lotta all'evasione e per l'equità fiscale. Necessaria riforma strutturale IRPEF: aumento delle detrazioni per 500 euro da erogare entro marzo e poi per 100 euro nei prossimi 3 anni

4/12/2009
Ridurre la pressione fiscale sul lavoro dipendente e sui pensionati complessivamente per circa 20 miliardi nei prossimi tre anni e farlo subito: con un aumento delle detrazioni per 500 euro da erogare entro marzo e poi strutturalmente con 100 euro di detrazione per i prossimi 3 anni. E’ questa la richiesta al centro delle proposte presentate oggi dalla CGIL per un fisco giusto. La confederazione - che oggi in una conferenza stampa tenuta dal Segretario Generale, Guglielmo Epifani, e dal Segretario Confederale, Agostino Megale, ha lanciato anche la campagna di comunicazione sulla lotta all’evasione e per l’equità fiscale - propone una strutturale riforma fiscale che sposti di fatto la pressione sulle transazioni e sulle rendite finanziarie, e sulle grandi ricchezze, oltre a recuperare l'evasione fiscale, che, secondo il sindacato, vale 110 miliardi.

“Il prelievo fiscale sul lavoro dipendente e sulle pensioni - ha detto Epifani - è il più alto d'Europa. Non è giusto, c’è bisogno di mettere mano a questa iniquità per una questione di giustizia sociale. Bisogna farlo seriamente e bisogna farlo adesso”. Sul come farlo è stato il segretario confederale, Agostino Megale, a spiegarlo. Secondo la CGIL, infatti, è possibile attuare una riforma dell'IRPEF che in tre anni, dal 2010 al 2012, consenta la riduzione delle tasse a lavoratori dipendenti e pensionati per circa 20 miliardi di euro. Tre, in sintesi, le direttrici sulle quali lavorare: recupero dell’evasione fiscale, imposte sulle grandi ricchezze, un’aliquota sulle rendite finanziarie al 20%.

In questo modo, ha sostenuto il leader della CGIL, si libererebbero 19,8 miliardi “per ridurre le tasse a lavoratori dipendenti e pensionati, spostando il prelievo su altre fonti”. Secondo Epifani “non bisogna aspettare tempi migliori” per fare questa operazione di equità. “Sono questi i tempi migliori - ha aggiunto - lo stanno facendo in tutti i paesi europei. I consumi languono e la misura che proponiamo sarebbe anticiclica. L'importante partire da subito per poi realizzare un piano ordinato per spostare il prelievo dal lavoro dipendente e dalle pensioni ad altre fonti”.

La proposta della CGIL è molto articolata. Si parte con la riforma dell'IRPEF dal 2010 per 19,8 miliardi in tre anni e comprende le detrazioni di imposta per il 2009 o 2010 per circa 9 miliardi. Le misure della confederazione di Corso d'Italia - che ha dimostrato dati alla mano la progressiva iniquità del fisco nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati - prevedono anche la tassazione del 20% delle rendite e transazioni finanziarie internazionali, un'imposta sulle grandi ricchezze, misure per studenti e giovani lavoratori e credito d'imposta per ricerca, formazione e innovazione.

Il Governo può e deve fare qualcosa subito, a cominciare dalla legge Finanziaria in discussione. “Si poteva e si può fare ancora qualcosa in questa Finanziaria - ha detto Epifani - come detassare parte della tredicesima, riprendere il discorso della quattordicesima per i pensionati e aumentare le detrazioni. L'importante è partire rapidamente e poi avere un piano organico”. Le proposte saranno formalmente avanzate al governo, ma prima si penserà un percorso comune con CISL e UIL che su questo tema sembrano avere più o meno le stesse opinioni della CGIL. “Ci sono punti di contatto con le proposte di CISL e UIL - ha concluso Epifani - ci sono richieste comuni. Vedremo se si potrà fare un'azione di pressione di tutto il movimento sindacale”. Le proposte della CGIL, infine, ha annunciato il segretario confederale, Agostino Megale, saranno al centro delle settimane che la CGIL promuoverà a febbraio per “un fisco giusto” in tutte le regioni d’Italia: “La nostra - ha detto Megale - è un’iniziativa quasi ‘pedagogica’, di alto senso civico e istituzionale. Nel mezzo della discussione congressuale, la CGIL parlerà al paese intero proponendo una grande alleanza di ordine culturale per denunciare l’iniquità del fisco”.
FONTE/www.cgil.it

venerdì 11 dicembre 2009

Anche un fumetto per non dimenticare Piazza Fontana




In bianco e nero, silenziosa, il 15 dicembre 1969 la Piazza del Duomo di Milano è invasa da 300mila persone. Senza cartelli, senza slogan. Un muro di dignità si erige a difesa della città, in ricordo delle vittime della strage alla Banca dell'Agricoltura di cui si stanno celebrando i funerali. Soprattutto a difesa di tutti gli altri. E' una delle immagini più forti di "Piazza Fontana", fumetto sceneggiato da Francesco Barilli e disegnato da Matteo Fenoglio per la casa editrice Becco Giallo...............


..........Per confezionare questo libro Barilli e Fenoglio hanno ripercorso il dissestato iter delle vicende giudiziarie e setacciato il materiale video e fotografico disponibile, spiegando in appendice ogni scelta stilistica e narrativa. Hanno dato la voce a vittime e testimoni, intervistando ( e disegnando) Fortunato Zinni, sindaco di Bresso, all'epoca impiegato allo sportello, Francesca e Paolo Dendena e Carlo Arnoldi, figli di Pietro Dendena e Giovanni Arnoldi morti il 12 dicembre. Il risultato non è un fumetto. Aldo Giannulli, ricercatore di Storia contemporanea all'Università di Milano, consulente di diverse procure in merito alle stragi alla Banca dell'Agricoltura e a Piazza della Loggia, lo spiega bene nell'introduzione. "Piazza Fontana" è "un modo diverso di raccontare la storia" , è la capacità del fumetto di ricomporre la memoria con forza espressiva e senza retorica ed è "un appello all'impegno civile". Lo stesso impegno civile che hanno dimostrato tutti quelli che il 15 dicembre erano in Piazza del Duomo. Dice alla fine del volume Fortunato Zinni che, tra politica, magistratura, stampa e opinione pubblica, sulla strage si salva solo l'opinione pubblica e solo per quella "fiammata d'orgoglio dei funerali".

giovedì 10 dicembre 2009

PROCESSO ETERNIT


Si apre il 10 dicembre a Torino il processo contro gli ex vertici dell'Eternit

Maria Arietti, nata il 4 aprile 1927 e deceduta il 26 luglio 1995 a Cavagnolo (Torino) per mesoltelioma peritoneale e asbestosi, è la prima del bollettino di guerra che elenca le circa tremila persone cadute o ammalatesi in Italia per colpa dell'amianto, il minerale killer lavorato fino al 1986 in quattro stabilimenti dell'Eternit contro i cui ex dirigenti giovedì prossimo a Torino si aprirà uno storico processo.

Sul banco degli imputati il Pubblico Ministero di Torino Raffaele Guariniello, dopo anni di faticose indagini, è riuscito a trascinare per la prima volta i massimi ex dirigenti della multinazionale del cemento: il miliardario svizzero (originario di Heerbrugg, San Gallo, oggi residente in Costa Rica) Stephan Schmidheiny (62 anni) e Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, nobile belga 89enne. Sarebbero loro infatti i responsabili di quanto avveniva nelle quattro sedi prese in esame dalle indagini: Cavagnolo (provincia di Torino), Casale Monferrato (Alessandria), (Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). I due padroni dell'amianto, nella qualità di effettivi responsabili della gestione della società Eternit, sapevano della pericolosità del minerale, ma hanno omesso di adottare provvedimenti adeguati e, anzi, hanno commesso fatti diretti a cagionare un disastro e dai quali è derivato un pericolo per la pubblica incolumità. l'articolo segue su area7.ch


http://area7.ch/dettagli.php?id_edizione=1042&id_articolo=2967&rif=0da9677072

venerdì 4 dicembre 2009

Sicurezza sul lavoro. Cosa ne pensano i lavoratori


Diffusi questa a Roma i dati del primo rapporto Aifos sulla sicurezza sul lavoro. Il 40% del campione non ha svolto alcun corso nell’ultimo biennio e il 19% non saprebbe cosa fare in caso di incendio


I lavoratori credono nell'utilità della formazione ai fini della sicurezza sul lavoro e, anzi, rivendicano percorsi formativi più concreti e aderenti alle proprie mansioni. È quanto emerge dal primo rapporto dell'Associazione italiana formatori della sicurezza sul lavoro, presentato questa mattina a Roma alla Camera dei deputati. Dall'indagine - che è stata condotta su mille lavoratori e rappresentanti dei lavoratori della sicurezza - emerge che circa il 40% degli intervistati non ha svolto alcun corso nell'ultimo biennio. E questo - commenta l'Aifos - a dispetto del fatto che "il decreto legislativo 81/2008 e il recente correttivo del 3 agosto 2009 n. 106 per ridurre gli infortuni sul lavoro prevedono l'obbligatorietà della formazione per accrescere la consapevolezza e la conoscenza dei rischi esistenti in azienda".
Dal rapporto emerge poi che il 78% dei lavoratori intervistati ha imparato a svolgere il proprio lavoro grazie all'esperienza senza ricevere alcuna formazione in azienda, mentre solo il 10% ha iniziato l'attività di affiancamento. L'80% dei lavoratori, inoltre, esprime un giudizio positivo sulla formazione in azienda fatta in affiancamento e con la presenza di un esperto sul posto di lavoro e "vicino alla macchina discutendo con uno o più compagni sul posto di lavoro". Mentre un altro 80% è convinto che la qualità della formazione è importante per conoscere i problemi legati alla sicurezza.

Più in particolare, dallo studio emerge che il 45% dei lavoratori intervistati considera una buona formazione utile per migliorare lo svolgimento dei compiti di lavoro, il 66% pensa che sia importante per migliorare le relazione con i clienti e il 62% crede che la formazione sia utile per acquisire una maggiore competenza nello svolgimento delle mansioni e dei ruoli che ricopre in azienda. Quanto agli strumenti, il 70% dei lavoratori ritiene insufficiente l'utilità dei libretti informativi e il 65% non crede nell'autoapprendimento, che spesso si traduce in videocorsi. Inoltre l'80% degli intervistati considera utile la formazione svolta in azienda, ma sostiene l'utilità dell'affiancamento e il ricorso ad esperti.

Il rapporto affronta anche la questione della sicurezza all'interno delle aziende. Chi ha fatto un corso di formazione di 32 ore sa sicuramente cosa fare in caso di emergenza, ma "purtroppo" solo il 10% ha fatto un'esperienza di questo tipo. Il 20% non sa chi è il medico competente all'interno dell'azienda e il 19% non sa addirittura cosa fare in caso di incendio.
fonte: www.sirsrer.it

mercoledì 2 dicembre 2009

Sicurezza sul lavoro, responsabile il delegato senza fondi



02/12/2009 - Nuova stretta in materia di sicurezza sul lavoro. In una azienda il delegato alla tutela della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro è sempre responsabile degli incidenti che possono accadere ai dipendenti.
La responsabilità non viene meno nel caso in cui il delegato aziendale non abbia a disposizione le risorse economiche e gli strumenti necessari per l’attuazione delle misure antinfortunistiche previste dalla legge.

Si è espressa in questo senso la Corte di Cassazione, che con la sentenza 44890/2009, depositata martedì 24 novembre scorso, ha chiarito che in casi simili il delegato alla sicurezza aziendale deve chiedere espressamente l’adeguamento agli standard previsti, rifiutando l’incarico in caso contrari>>>continua su fonte:
http://www.edilportale.com/news/2009/12/sicurezza/sicurezza-sul-lavoro-responsabile-il-delegato-senza-fondi_17215_22.html

venerdì 27 novembre 2009

CONGRESSO CGIL



Il Comitato Direttivo ha licenziato i documenti definitivi del XVI Congresso. 144 componenti del Comitato Direttivo su 177 (pari all’81,36%) hanno aderito al documento “I diritti ed il lavoro oltre la crisi“ di cui è primo firmatario Guglielmo Epifani, Segretario Generale della CGIL. Al documento “La CGIL che vogliamo” di cui è primo firmatario Domenico Moccia, Segretario Generale della FISAC, hanno aderito, invece, 33 componenti (pari all’18,64%). E’ questo il risultato emerso dalla riunione di oggi del Comitato Direttivo nazionale della CGIL, passo di avvicinamento definitivo al 16° Congresso, che si svolgerà dal 5 al 8 maggio a Rimini.

Questo il calendario congressuale: dal 9 dicembre al 20 febbraio si svolgeranno le assemblee congressuali; dal 22 febbraio al 13 marzo si svolgeranno i Congressi delle Categorie territoriali, delle Camere del Lavoro territoriali, delle Camere del Lavoro metropolitane e delle Categorie regionali; dal 15 al 25 marzo si svolgeranno i Congressi delle CGIL regionali; dal 26 marzo al 17 aprile si svolgeranno i Congressi nazionali di categoria e successivamente si svolgerà il Congresso nazionale dello SPI; dal 5 al 8 maggio si svolgerà il Congresso della CGIL nazionale.

Al Congresso nazionale della CGIL parteciperanno circa 1.043 delegati in rappresentanza di oltre 5.734.855 iscritti al 31 dicembre 2008.



Fonte: cgil.it

giovedì 26 novembre 2009

SNOP - Società Nazionale Operatori della Prevenzione


Il Dlgs 106/09 fra elementi innovativi e permanenza di incertezze interpretative

Segnaliamo dal sito della SNOP.IT una lettura critica del decreto 106/09 in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Con la pubblicazione del D.Lgs. 106, che ha posto fine ad un periodo piuttosto lungo di attesa e di incertezza iniziato subito dopo la pubblicazione del D.Lgs. 81/08,
sono state apportate modifiche significative al testo precedentemente in vigore, con l’intento dichiarato di migliorarne l’efficacia ai fini antinfortunistici, di risolvere criticità emerse e favorire la chiarezza normativa, superando un approccio “meramente formalistico e burocratico al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Il primo articolo Il Dlgs 106/09 fra elementi innovativi e permanenza di incertezze interpretative.
L'ARTICOLO

http://www.snop.it/dmdocuments/iniziative_snop/commentodlgs81-106SNOP.pdf

martedì 24 novembre 2009

Umbria Olii, al via il processo


OGGI, martedì 24 novembre, – a tre anni meno un giorno dalla tragedia e dopo un vero percorso ad ostacoli fino al rinvio a giudizio – prende finalmente il via a Spoleto (Pg) il processo per una delle più drammatiche stragi sul lavoro della recente storia italiana.


Il 25 novembre 2006, un sabato, è quasi ora di pranzo quando 5 operai di una piccola ditta metalmeccanica stanno effettuando dei lavori di manutenzione sui silos della Umbria Olii, oleificio tra i più grandi d'Europa, situato a Campello sul Clitunno, piccolo paese della valle umbra. Improvvisamente due dei giganteschi recipienti pieni di olio di oliva saltano in aria in un'esplosione terribile. Schizzano in cielo come fuochi d'artificio mentre a terra si sviluppa un incendio devastante dal quale si alza una colonna di fumo nero che viene avvistata a chilometri e chilometri di distanza. I corpi di 4 dei 5 lavoratori che stavano riparando i silos sono scomparsi, volati in cielo insieme alle lamiere e poi bruciati. I pezzi di 2 di loro verranno ritrovati a centinaia di metri di distanza, soltanto dopo ore di ricerche. Ci vorrà ancora più tempo per spegnere l'incendio. Quei lavoratori si chiamavano Maurizio Manili, Tullio Mottini, Vladimr Todhe e Giuseppe Coletti.

Oggi, martedì 24 novembre, – a tre anni meno un giorno dalla tragedia e dopo un vero percorso ad ostacoli fino al rinvio a giudizio – prende finalmente il via a Spoleto (Pg) il processo per una delle più drammatiche stragi sul lavoro della recente storia italiana. Sul banco degli imputati un unico uomo, Giorgio Del Papa, amministratore delegato della Umbria Olii, accusato di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e violazione a norme per la sicurezza del lavoro.

Davanti al Tribunale di Spoleto sarà presente con un presidio la Cgil che si è costituita parte civile nel processo. “La vicenda Umbria Olii è una battaglia emblematica che intendiamo portare avanti con tutte le nostre forze, perché i familiari dei 4 operai uccisi possano avere giustizia”, ha commentato nei giorni scorsi il segretario della Cgil di Perugia, Mario Bravi.

Ed emblematica la vicenda Umbria Olii lo è diventata soprattutto nel momento in cui Del Papa, al tempo unico indagato per la strage, ha presentato al tribunale civile di Spoleto una richiesta di risarcimento di 35 milioni di euro rivolta all'unico superstite e ai familiari delle vittime, compresi i figli minorenni. Per il proprietario di Umbria Olii la colpa del disastro è dunque da imputare ai lavoratori della Manili, alle stesse vittime.

Secondo i consulenti del Tribunale che hanno svolto la perizia nel corso delle indagini preliminari invece Del Papa avrebbe dovuto avvertire Manili e i suoi operai della pericolosità delle sostanze presenti nei sili della Umbria Olii, per scongiurare l'utilizzo del saldatore che ha innescato la terribile esplosione.

Il processo che si apre oggi parte comunque con una pesante incognita e potrebbe immediatamente fermarsi di nuovo, visto che ancora pende in Cassazione l'ultimo ricorso dell'imputato contro il giudice dell'udienza preliminare.
fonte: www.sirsrer.it

lunedì 23 novembre 2009

Operaio morto a Cerano: rapporto-choc dello Spesal


Brindisi - Un anno fa moriva di lavoro Vincenzo Manderino, un uomo di 54 anni, padre di dieci figli. Lavoro precario, lavoro non sicuro che stava eseguendo all’interno della centrale Enel Federico II per conto di una ditta appaltatrice.
A far emergere la mancata adozione delle misure previste dalla legge per garantire sicurezza e soprattutto la possibilità d’essere soccorsi in caso di incidente, sono le relazioni dello Spesal, è il magistrato titolare del fascicolo che ha chiesto il processo per cinque persone fra responsabili dell’Enel e della Nuova Leucci, accusate di omicidio colposo: “non si era tenuto conto delle condizioni del lavoratore in rapporto alla sua salute e sicurezza prima di adibirlo a una mansione, di fornire ai lavoratori idonei dispositivi di protezione individuale;
il lavoratore non aveva le attrezzature minime per il primo soccorso, non c’erano mezzi di ventilazione e non era previsto l’uso di cinture di sicurezza nonché apparecchi di protezione; non si osservò la norma che impone che l’apertura di luoghi angusti deve avere dimensioni tali da consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi; fu violata la prescrizione che impone al committente – datore di lavoro affidatario di lavori a imprese appaltatrici all’interno della propria azienda di controllare il rispetto delle norme di sicurezza da parte di queste ultime”. segue su fonte>>> senzacolonne.it

Pausa pranzo?


Rotondi: «Pausa pranzo, danno per tutti»

Il ministro per l'Attuazione del programma di governo: «Non mi piace questa ritualità che blocca tutta l'Italia»

MILANO - «La pausa pranzo è un danno per il lavoro, ma anche per l'armonia della giornata. Non mi è mai piaciuta questa ritualità che blocca tutta l'Italia». A sostenerlo è Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programma di governo. Certo, aggiunge nel corso di un'intervista al programma web «KlausCondicio», «non possiamo imporre ai lavoratori quando mangiare, ma ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un'attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo». Quella del ministro non è però una dichiarazione di intenti da tradurre in legge. Ed è lui stesso a precisarlo: «Non ho fatto alcuna proposta di abolire la pausa pranzo, ho solo detto che io l'ho abolita da vent'anni e lo stesso consiglio alla Camera dei deputati, perchè quella è l'ora in cui si lavora meglio». Ma l'opinione del ministro non sembra essere in linea con quella dei lavoratori italiani: un'indagine pubblicata a fine ottobre metteva in evidenza come gli italiani (la ricerca aveva preso però in considerazione 4.500 lavoratori di sei Paesi europei) stiano in realtà riscoprendo il piacere di pranzare con calma, tenendosi sempre più alla larga da fast food e panini mangiati in piedi.

sabato 21 novembre 2009

CASSAZIONE: L'AZIENDA TRATTI IN BUONA FEDE CON I SINDACATI


In caso di riduzione di personale l'azienda deve trattare in buona fede con le organizzazioni sindacali. È il principio ribadito dalla Cassazione con la sentenza 28 ottobre 2009, n. 22824. Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, la legge n. 223 del 1991, nel prevedere agli articoli 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento di messa in mobilità-licenziamento collettivo, ha introdotto un significativo elemento innovativo, consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto, a un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri d'informazione e consultazione. I residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano quindi più gli specifici motivi della riduzione di personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo), ma la correttezza procedurale dell'operazione. Funzionale a questa possibilità di controllo preventivo è l'obbligo per l'impresa di trattare in buona fede con i sindacati, obbligo specificato dalla legge in doveri tipici.

Tra tali doveri, quello di specifica informazione e quello di motivazione delle scelte, con un comportamento che deve essere ispirato a piena lealtà nel corso dell'intera procedura; obblighi la cui osservanza può in seguito costituire oggetto del controllo giudiziario. Per quanto concerne la scelta dei lavoratori da licenziare, il doppio richiamo operato dal 1° comma dell'articolo 5 della legge n. 223/91 alle esigenze tecnico-produttive e organizzative, assume il seguente significato: al primo di essi è attribuibile la funzione d'individuare l'ambito aziendale entro il quale dovranno operare i criteri di scelta veri e propri, tra i quali, ove siano applicabili quelli legali, va poi considerato anche il criterio delle esigenze tecnico-produttive e organizzative. Sotto tale profilo, la riduzione di personale deve, in linea generale, investire l'intero complesso aziendale, potendo essere limitato a specifici rami soltanto se caratterizzati da autonomia e specificità delle professionalità utilizzate, infungibili rispetto ad altre. Il primo richiamo della norma di legge in esame è infatti significativamente riferito al "complesso aziendale" nella sua interezza.

A ciò si va a sommare il riferimento al "personale abitualmente impiegato", aggiunto all'originario testo dell'articolo 4, 3° comma della legge n. 223 dall'articolo 1 del dlgs. n. 151 del 1997, per cui i profili professionali da prendere in considerazione sono anche quelli propri di tutti i dipendenti potenzialmente interessati (in negativo) alla mobilità, tra i quali potrà, all'esito della procedura, operarsi la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità. Profili professionali, appunto (e non qualifiche o categorie), potenzialmente interessati alla mobilità, come ripetutamente affermato dalla Suprema Corte nel caso d'applicazione dei criteri legali di scelta. Non solo: il principio di cui all'articolo 5 della legge n. 223 del 1991, relativo al necessario concorso dei criteri legali di selezione del personale da licenziare, se impone al datore di lavoro una valutazione globale dei medesimi, non esclude tuttavia l'attribuzione di un peso specifico diverso all'uno o all'altro di tali criteri e, in specie, alle esigenze tecniche e produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione di personale, sempre che la scelta trovi giustificazione in fattori obbiettivi e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie.

17/11/2009

Guido Canestri


mercoledì 18 novembre 2009

Uno strumento per i RLS: la relazione sanitaria annuale


Un approfondimento sulla relazione sanitaria annuale e sulla sua utilità dal punto di vista del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Dal bollettino “Toscana RLS”.


Uno strumento per i RLS: la relazione sanitaria annuale

La relazione sanitaria annuale, prevista dall’art. 25 comma 1 lettera i del D.Lgs 81/08 è un obbligo del Medico Competente ( “.... i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce informazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori) e, quando ben scritta, rappresenta un fondamentale strumento per conoscere lo stato di salute dei lavoratori da parte di tutti i soggetti aziendali ed in particolare dei RLS .

Il documento infatti è un rapporto il più chiaro ed esauriente possibile dei risultati sanitari espressi in maniera anonima e collettiva relativi all’anno di riferimento. In particolare il medico competente deve saper descrivere brevemente il profilo di rischio delle varie mansioni/postazioni/lavorazioni specifiche della ditta con la relativa analisi dei rischi e, per quanto possibile, dei livelli di esposizione desunti dalla valutazione di rischio. Accanto al profilo di rischio deve essere indicato il relativo protocollo sanitario adottato dal medico competente tenendo conto dei diversi effetti sulla salute da monitorare.

I risultati dei dati sanitari devono pertanto essere rappresentati suddivisi sulla base della classificazione dei lavoratori in gruppi omogenei per esposizioni sulla base delle mansioni/postazioni/lavorazioni. Per ogni gruppo di lavoratori dovrebbero essere analizzati: i casi di ipersensibilità, di patologie professionali e di malattie correlate e/o correlabili con l’attività lavorativa, gli eventuali giudizi espressi di non idoneità specifiche alla mansione, temporanee o permanenti, con limitazioni o con prescrizioni, la eventuale presenza di alterazioni o “anomalie” nei risultati di monitoraggio biologico quando presente e degli altri accertamenti sanitari integrativi, strumentali o di laboratorio.

E’ utile quindi, nel leggere la relazione sanitaria, che ogni RLS ponga attenzione ai seguenti elementi:
• la definizione e la classificazione dei lavoratori sulla base dei rischi specifici deve essere il più possibile aderente alla organizzazione concreta dell’azienda in esame
• la definizione delle mansioni/postazioni/lavorazioni specifiche deve essere ben descritta e corrispondere il più possibile alla realtà; ciò potrebbe anche facilitare la individuazione di eventuali mansioni alternative nel caso di non idoneità
• deve essere rappresentato chiaramente il numero dei casi di patologie correlate o correlabili con l’attività lavorativa specifica nelle diverse mansioni/postazioni/lavorazioni
• devono essere riportate tutte le anomalie rilevate negli esami di monitoraggio, strumentali o di laboratorio, sia numericamente che per tipologia
• occorre che siano state tenute in considerazione nell’analizzare i dati sanitari le differenze di genere.
• devono essere esplicitate le eventuali proposte migliorative di modifica delle postazioni di lavoro prima di proporre l’allontanamento dei lavoratori dalle postazioni più a rischio.

In sostanza la relazione deve rappresentare a 360° lo stato di salute e gli eventuali disturbi collegati alla organizzazione del lavoro ma anche prevedere e descrivere le eventuali azioni sia di miglioramento nell’ambiente di lavoro sia di proposte di modifica degli stili di vita attraverso azioni di promozione della salute.
I contenuti della relazione sanitaria annuale possono quindi rappresentare per ogni RLS una ricca fonte di informazioni e di conoscenza sullo stato di salute dei lavoratori nel caso in cui i medici competenti interpretino correttamente l’obbiettivo e la rilevanza di questo strumento di prevenzione.

Oriana Rossi
Dipartimento di Prevenzione USL 6 Livorno

Processo breve. Eternit, i timori dell'Associazione vittime dell'amianto


di Alessandro Danese
Una leggina “semplice” pesante come un macigno, salvera’ chi non vuole farsi processare e soprattutto potrebbe non dare pace alle migliaia di famiglie che davanti alla legge ci sono finite per rendere giustizia ai loro cari. Stando ai timori epressi anche oggi da Nicola Ponderano ex operaio Eternit e vice presidente dell’associazione vittime dell’amianto la proposta di legge sul processo breve presentata al Senato, rischia di mandare al macero un processo destinato a passare alla storia come il piu’ grande mai intentato contro una fabbrica della morte. Parliamo del processo contro Eternit Spa azienda produttrice di manufatti in amianto con stabilimenti in tutta Italia accusata della morte di quasi 3000 persone; lavoratori uccisi dalle polveri del metallo killer dal 1983 ad oggi. Come denuncia Ponderano “con questo provvedimento il processo verrebbe messo in forte discussione” secondo Ponderano poi “gli interessi di qualcuno non devono prevalere sugli interessi di molti e’ previsto dalla costituzione dunque il processo Eternit si deve fare nei tempi previsti dalla costituzione”.
La fabbrica Eternit aveva cominciato la sua attività nel 1906 e ha chiuso la lavorazione dell’amianto nel 1986. I principali stabilimenti in Italia erano: Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte, Rubiera in Emilia Romagna e Bagnoli in provincia di Napoli. Le morti sono avvenute per l’inalazione delle polveri di amianto, causando mesoteliomi della pleura o del peritoneo (una forma tumorale non facilmente diagnosticabile perché presenta sintomi non specifici che possono essere trascurati per molto tempo). Lo scorso 6 aprile c’e’ stata la prima udienza preliminare; 736 persone si sono costituite parte civile, familiari delle vittime, ex operai e anche 29 enti locali di tutta Italia. Gli imputati sono gli ex vertici della Eternit, lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, 61 anni, e il barone belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier, 87 anni, devono rispondere di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e disastro colposo. Insomma sono passati 8 mesi dalla prima udienza preliminare e il dibattimento iniziera’ il 10 dicembre; in pratica se la legge sul processo breve venisse approvata (prevede che ogni grado di giudizio sia di due anni, oltre il processo va in prescrizione, viene chiuso) rimarrebbero solo 14 mesi disponibili.
A fugare i dubbi di Ponderano, però, le dichiarazioni di Guariniello, rilasciate alla Repubblica di Torino: "Da una prima lettura del testo - ha spiegato il procuratore Raffaele Guariniello - si ricava che i "delitti commessi in violazione delle norme relative agli infortuni sul lavoro" siano esclusi. Il disegno di legge parla, infatti, di "delitti" in modo onnicomprensivo..."

Controllo a distanza dei lavoratori



LUCA scrive "
L’argomento esula dai contenuti classici trattati dal sito, ma a mio avviso, merita una più attenta considerazione.

Il Ministero del Lavoro è ritornato con nota protocollo n° 6585 del 28.11.06 sul tema del controllo a distanza sui lavoratori in risposta ad un interpello di un sindacato dei lavoratori del settore farmaceutico .



L’argomento abbastanza sensibile, com’è noto, attiene a quanto disciplinato dallo Statuto dei Lavoratori vieta espressamente l’uso di impianti audiovisivi e di altri apparecchi finalizzati alla vigilanza sull'attività lavorativa.
L’art. 4 comma 1° della legge citata stabilisce che è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Il divieto è composto da diversi elementi:

- la presenza di impianti audiovisivi ed altre apparecchiature.

Per “impianti audiovisivi” s’intendono tutti quei macchinari che permettono di acquisire una diretta conoscenza dell’attività svolta dai lavoratori.

Con il termine “apparecchiature” si è inteso inserire nell’articolo una clausola aperta, in modo da poter comprendere nel divieto tutte le possibili attrezzature dotate di potenzialità di controllo indipendentemente dall’esclusiva utilizzazione ai fini dell’attività di vigilanza.

Il riferimento operato dalla legge alle “apparecchiature”, fornisce un’indicazione qualitativa del controllo vietato: deve essere realizzato da una macchina e non da una persona.

-per finalità di controllo: non qualsiasi tipologia di controllo, ma esclusivamente quello effettuato da impianti audiovisivi ed apparecchiature.

- a distanza: non è necessario che si verifichi un controllo continuo, essendo sufficiente la semplice possibilità di un controllo attuabile dal datore di lavoro in qualsiasi momento, senza la conoscenza del dipendente controllato.

- dell’attività lavorativa: il controllo sanzionato ha per oggetto l’attività lavorativa.

Fra le varie ipotesi possibili, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che ricadano sotto il divieto di cui sopra:

“l’installazione dei “terminali macchine” in grado di stampare schede che consentano, tra l’altro, di determinare l’operatore, il tipo o i tipi di lavorazione, la data, l’ora e il minuto d’inizio dell’attività lavorativa, la quantità e i ritmi di produzione, i tempi di sosta e la tipologia delle cause di sosta” (Pretura di Milano 4 ottobre 1988).

Il precetto contenuto nel 1° comma dell’art. 4 dello Statuto attiene alle modalità con cui il datore di lavoro agisce per raccogliere informazioni sul conto dei dipendenti, che di per sé sarebbero legittimamente acquisibili, purché pertinenti all’area del rapporto di lavoro e alla prestazione richiesta, con mezzi diversi da quelli rientranti nel concetto di apparecchiature per il controllo a distanza, a meno che non vi siano le seguenti esigenze :

- l'installazione degli impianti è richiesta da esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro;
- l'utilizzo di detti impianti, per le finalità consentite dalla legge, sia stato oggetto di accordo intercorrente tra datore di lavoro e Rappresentanze Sindacali Aziendali presenti nell’unità produttiva, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna (Assemblea dei lavoratori).

In mancanza di accordo vi provvederà la Direzione provinciale del lavoro su istanza del datore di lavoro, normando le modalità per l'uso di tali impianti; avverso i provvedimenti della DpL è ammesso il ricorso entro trenta giorni al Ministero del lavoro, azionato o dal del datore o dai sindacati dei lavoratori interessati.

Il datore di lavoro che adotta tale sistema di controlli mediante impianti sopra citati in violazione delle norme disciplinanti le condizioni di legittimità è punito, con l'ammenda € 154,00 a € 1.549,00 (aumentabile fino al quintuplo) o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.




fonte;
http://www.diario-prevenzione.net/diarioprevenzione/html//modules.php?name=News&file=article&sid=1481


I quesiti sul decreto 81/08: la formazione con gli organismi paritetici


La formazione di lavoratori e RLS fatta senza la collaborazione con gli organismi paritetici, può essere considerata dagli ispettori dell’organo di vigilanza come una mancata formazione?Cosa si intende con “collaborazione”? A cura di G. Porreca.

Chiarimenti circa la formazione di lavoratori e RLS fatta senza la collaborazione con gli organismi paritetici. Cosa si intende con “collaborazione”? Quale sanzione è prevista? A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).

Quesito
Alcuni ispettori di un organo di vigilanza durante una visita presso la mia azienda hanno sanzionato la mancata formazione dei lavoratori e del rappresentante dei lavoratori in quanto la stessa non è stata effettuata con la collaborazione dell'organismo paritetico. E' regolare tutto ciò?

Risposta
L’obbligo di effettuare la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in collaborazione con gli organismi paritetici è riportato nell’art. 37 comma 12 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il quale ha in pratica riscritto, modificandolo in parte, il corrispondente art. 22 del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro che, come è noto, è stato abrogato dal citato decreto legislativo.
L’art. 22 comma 6 del D. Lgs. n. 626/1994, infatti disponeva che:

“La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.

Con l’art. 37 comma 12 del D. Lgs. n. 81/2008 l’art. 22 comma 6 del D. Lgs. n. 626/1994 è stato così riscritto:

“La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.

e quindi successivamente lo stesso è stato modificato con il decreto correttivo di cui al D. Lgs. n. 106/2009 così come di seguito indicato:>>continua su fonte;http://www.puntosicuro.it/italian/I_quesiti_sul_decreto_8108_la_formazione_con-art-9429.php