venerdì 27 novembre 2009

CONGRESSO CGIL



Il Comitato Direttivo ha licenziato i documenti definitivi del XVI Congresso. 144 componenti del Comitato Direttivo su 177 (pari all’81,36%) hanno aderito al documento “I diritti ed il lavoro oltre la crisi“ di cui è primo firmatario Guglielmo Epifani, Segretario Generale della CGIL. Al documento “La CGIL che vogliamo” di cui è primo firmatario Domenico Moccia, Segretario Generale della FISAC, hanno aderito, invece, 33 componenti (pari all’18,64%). E’ questo il risultato emerso dalla riunione di oggi del Comitato Direttivo nazionale della CGIL, passo di avvicinamento definitivo al 16° Congresso, che si svolgerà dal 5 al 8 maggio a Rimini.

Questo il calendario congressuale: dal 9 dicembre al 20 febbraio si svolgeranno le assemblee congressuali; dal 22 febbraio al 13 marzo si svolgeranno i Congressi delle Categorie territoriali, delle Camere del Lavoro territoriali, delle Camere del Lavoro metropolitane e delle Categorie regionali; dal 15 al 25 marzo si svolgeranno i Congressi delle CGIL regionali; dal 26 marzo al 17 aprile si svolgeranno i Congressi nazionali di categoria e successivamente si svolgerà il Congresso nazionale dello SPI; dal 5 al 8 maggio si svolgerà il Congresso della CGIL nazionale.

Al Congresso nazionale della CGIL parteciperanno circa 1.043 delegati in rappresentanza di oltre 5.734.855 iscritti al 31 dicembre 2008.



Fonte: cgil.it

giovedì 26 novembre 2009

SNOP - Società Nazionale Operatori della Prevenzione


Il Dlgs 106/09 fra elementi innovativi e permanenza di incertezze interpretative

Segnaliamo dal sito della SNOP.IT una lettura critica del decreto 106/09 in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Con la pubblicazione del D.Lgs. 106, che ha posto fine ad un periodo piuttosto lungo di attesa e di incertezza iniziato subito dopo la pubblicazione del D.Lgs. 81/08,
sono state apportate modifiche significative al testo precedentemente in vigore, con l’intento dichiarato di migliorarne l’efficacia ai fini antinfortunistici, di risolvere criticità emerse e favorire la chiarezza normativa, superando un approccio “meramente formalistico e burocratico al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Il primo articolo Il Dlgs 106/09 fra elementi innovativi e permanenza di incertezze interpretative.
L'ARTICOLO

http://www.snop.it/dmdocuments/iniziative_snop/commentodlgs81-106SNOP.pdf

martedì 24 novembre 2009

Umbria Olii, al via il processo


OGGI, martedì 24 novembre, – a tre anni meno un giorno dalla tragedia e dopo un vero percorso ad ostacoli fino al rinvio a giudizio – prende finalmente il via a Spoleto (Pg) il processo per una delle più drammatiche stragi sul lavoro della recente storia italiana.


Il 25 novembre 2006, un sabato, è quasi ora di pranzo quando 5 operai di una piccola ditta metalmeccanica stanno effettuando dei lavori di manutenzione sui silos della Umbria Olii, oleificio tra i più grandi d'Europa, situato a Campello sul Clitunno, piccolo paese della valle umbra. Improvvisamente due dei giganteschi recipienti pieni di olio di oliva saltano in aria in un'esplosione terribile. Schizzano in cielo come fuochi d'artificio mentre a terra si sviluppa un incendio devastante dal quale si alza una colonna di fumo nero che viene avvistata a chilometri e chilometri di distanza. I corpi di 4 dei 5 lavoratori che stavano riparando i silos sono scomparsi, volati in cielo insieme alle lamiere e poi bruciati. I pezzi di 2 di loro verranno ritrovati a centinaia di metri di distanza, soltanto dopo ore di ricerche. Ci vorrà ancora più tempo per spegnere l'incendio. Quei lavoratori si chiamavano Maurizio Manili, Tullio Mottini, Vladimr Todhe e Giuseppe Coletti.

Oggi, martedì 24 novembre, – a tre anni meno un giorno dalla tragedia e dopo un vero percorso ad ostacoli fino al rinvio a giudizio – prende finalmente il via a Spoleto (Pg) il processo per una delle più drammatiche stragi sul lavoro della recente storia italiana. Sul banco degli imputati un unico uomo, Giorgio Del Papa, amministratore delegato della Umbria Olii, accusato di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e violazione a norme per la sicurezza del lavoro.

Davanti al Tribunale di Spoleto sarà presente con un presidio la Cgil che si è costituita parte civile nel processo. “La vicenda Umbria Olii è una battaglia emblematica che intendiamo portare avanti con tutte le nostre forze, perché i familiari dei 4 operai uccisi possano avere giustizia”, ha commentato nei giorni scorsi il segretario della Cgil di Perugia, Mario Bravi.

Ed emblematica la vicenda Umbria Olii lo è diventata soprattutto nel momento in cui Del Papa, al tempo unico indagato per la strage, ha presentato al tribunale civile di Spoleto una richiesta di risarcimento di 35 milioni di euro rivolta all'unico superstite e ai familiari delle vittime, compresi i figli minorenni. Per il proprietario di Umbria Olii la colpa del disastro è dunque da imputare ai lavoratori della Manili, alle stesse vittime.

Secondo i consulenti del Tribunale che hanno svolto la perizia nel corso delle indagini preliminari invece Del Papa avrebbe dovuto avvertire Manili e i suoi operai della pericolosità delle sostanze presenti nei sili della Umbria Olii, per scongiurare l'utilizzo del saldatore che ha innescato la terribile esplosione.

Il processo che si apre oggi parte comunque con una pesante incognita e potrebbe immediatamente fermarsi di nuovo, visto che ancora pende in Cassazione l'ultimo ricorso dell'imputato contro il giudice dell'udienza preliminare.
fonte: www.sirsrer.it

lunedì 23 novembre 2009

Operaio morto a Cerano: rapporto-choc dello Spesal


Brindisi - Un anno fa moriva di lavoro Vincenzo Manderino, un uomo di 54 anni, padre di dieci figli. Lavoro precario, lavoro non sicuro che stava eseguendo all’interno della centrale Enel Federico II per conto di una ditta appaltatrice.
A far emergere la mancata adozione delle misure previste dalla legge per garantire sicurezza e soprattutto la possibilità d’essere soccorsi in caso di incidente, sono le relazioni dello Spesal, è il magistrato titolare del fascicolo che ha chiesto il processo per cinque persone fra responsabili dell’Enel e della Nuova Leucci, accusate di omicidio colposo: “non si era tenuto conto delle condizioni del lavoratore in rapporto alla sua salute e sicurezza prima di adibirlo a una mansione, di fornire ai lavoratori idonei dispositivi di protezione individuale;
il lavoratore non aveva le attrezzature minime per il primo soccorso, non c’erano mezzi di ventilazione e non era previsto l’uso di cinture di sicurezza nonché apparecchi di protezione; non si osservò la norma che impone che l’apertura di luoghi angusti deve avere dimensioni tali da consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi; fu violata la prescrizione che impone al committente – datore di lavoro affidatario di lavori a imprese appaltatrici all’interno della propria azienda di controllare il rispetto delle norme di sicurezza da parte di queste ultime”. segue su fonte>>> senzacolonne.it

Pausa pranzo?


Rotondi: «Pausa pranzo, danno per tutti»

Il ministro per l'Attuazione del programma di governo: «Non mi piace questa ritualità che blocca tutta l'Italia»

MILANO - «La pausa pranzo è un danno per il lavoro, ma anche per l'armonia della giornata. Non mi è mai piaciuta questa ritualità che blocca tutta l'Italia». A sostenerlo è Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programma di governo. Certo, aggiunge nel corso di un'intervista al programma web «KlausCondicio», «non possiamo imporre ai lavoratori quando mangiare, ma ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un'attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo». Quella del ministro non è però una dichiarazione di intenti da tradurre in legge. Ed è lui stesso a precisarlo: «Non ho fatto alcuna proposta di abolire la pausa pranzo, ho solo detto che io l'ho abolita da vent'anni e lo stesso consiglio alla Camera dei deputati, perchè quella è l'ora in cui si lavora meglio». Ma l'opinione del ministro non sembra essere in linea con quella dei lavoratori italiani: un'indagine pubblicata a fine ottobre metteva in evidenza come gli italiani (la ricerca aveva preso però in considerazione 4.500 lavoratori di sei Paesi europei) stiano in realtà riscoprendo il piacere di pranzare con calma, tenendosi sempre più alla larga da fast food e panini mangiati in piedi.

sabato 21 novembre 2009

CASSAZIONE: L'AZIENDA TRATTI IN BUONA FEDE CON I SINDACATI


In caso di riduzione di personale l'azienda deve trattare in buona fede con le organizzazioni sindacali. È il principio ribadito dalla Cassazione con la sentenza 28 ottobre 2009, n. 22824. Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, la legge n. 223 del 1991, nel prevedere agli articoli 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento di messa in mobilità-licenziamento collettivo, ha introdotto un significativo elemento innovativo, consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto, a un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri d'informazione e consultazione. I residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano quindi più gli specifici motivi della riduzione di personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo), ma la correttezza procedurale dell'operazione. Funzionale a questa possibilità di controllo preventivo è l'obbligo per l'impresa di trattare in buona fede con i sindacati, obbligo specificato dalla legge in doveri tipici.

Tra tali doveri, quello di specifica informazione e quello di motivazione delle scelte, con un comportamento che deve essere ispirato a piena lealtà nel corso dell'intera procedura; obblighi la cui osservanza può in seguito costituire oggetto del controllo giudiziario. Per quanto concerne la scelta dei lavoratori da licenziare, il doppio richiamo operato dal 1° comma dell'articolo 5 della legge n. 223/91 alle esigenze tecnico-produttive e organizzative, assume il seguente significato: al primo di essi è attribuibile la funzione d'individuare l'ambito aziendale entro il quale dovranno operare i criteri di scelta veri e propri, tra i quali, ove siano applicabili quelli legali, va poi considerato anche il criterio delle esigenze tecnico-produttive e organizzative. Sotto tale profilo, la riduzione di personale deve, in linea generale, investire l'intero complesso aziendale, potendo essere limitato a specifici rami soltanto se caratterizzati da autonomia e specificità delle professionalità utilizzate, infungibili rispetto ad altre. Il primo richiamo della norma di legge in esame è infatti significativamente riferito al "complesso aziendale" nella sua interezza.

A ciò si va a sommare il riferimento al "personale abitualmente impiegato", aggiunto all'originario testo dell'articolo 4, 3° comma della legge n. 223 dall'articolo 1 del dlgs. n. 151 del 1997, per cui i profili professionali da prendere in considerazione sono anche quelli propri di tutti i dipendenti potenzialmente interessati (in negativo) alla mobilità, tra i quali potrà, all'esito della procedura, operarsi la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità. Profili professionali, appunto (e non qualifiche o categorie), potenzialmente interessati alla mobilità, come ripetutamente affermato dalla Suprema Corte nel caso d'applicazione dei criteri legali di scelta. Non solo: il principio di cui all'articolo 5 della legge n. 223 del 1991, relativo al necessario concorso dei criteri legali di selezione del personale da licenziare, se impone al datore di lavoro una valutazione globale dei medesimi, non esclude tuttavia l'attribuzione di un peso specifico diverso all'uno o all'altro di tali criteri e, in specie, alle esigenze tecniche e produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione di personale, sempre che la scelta trovi giustificazione in fattori obbiettivi e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie.

17/11/2009

Guido Canestri


mercoledì 18 novembre 2009

Uno strumento per i RLS: la relazione sanitaria annuale


Un approfondimento sulla relazione sanitaria annuale e sulla sua utilità dal punto di vista del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Dal bollettino “Toscana RLS”.


Uno strumento per i RLS: la relazione sanitaria annuale

La relazione sanitaria annuale, prevista dall’art. 25 comma 1 lettera i del D.Lgs 81/08 è un obbligo del Medico Competente ( “.... i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce informazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori) e, quando ben scritta, rappresenta un fondamentale strumento per conoscere lo stato di salute dei lavoratori da parte di tutti i soggetti aziendali ed in particolare dei RLS .

Il documento infatti è un rapporto il più chiaro ed esauriente possibile dei risultati sanitari espressi in maniera anonima e collettiva relativi all’anno di riferimento. In particolare il medico competente deve saper descrivere brevemente il profilo di rischio delle varie mansioni/postazioni/lavorazioni specifiche della ditta con la relativa analisi dei rischi e, per quanto possibile, dei livelli di esposizione desunti dalla valutazione di rischio. Accanto al profilo di rischio deve essere indicato il relativo protocollo sanitario adottato dal medico competente tenendo conto dei diversi effetti sulla salute da monitorare.

I risultati dei dati sanitari devono pertanto essere rappresentati suddivisi sulla base della classificazione dei lavoratori in gruppi omogenei per esposizioni sulla base delle mansioni/postazioni/lavorazioni. Per ogni gruppo di lavoratori dovrebbero essere analizzati: i casi di ipersensibilità, di patologie professionali e di malattie correlate e/o correlabili con l’attività lavorativa, gli eventuali giudizi espressi di non idoneità specifiche alla mansione, temporanee o permanenti, con limitazioni o con prescrizioni, la eventuale presenza di alterazioni o “anomalie” nei risultati di monitoraggio biologico quando presente e degli altri accertamenti sanitari integrativi, strumentali o di laboratorio.

E’ utile quindi, nel leggere la relazione sanitaria, che ogni RLS ponga attenzione ai seguenti elementi:
• la definizione e la classificazione dei lavoratori sulla base dei rischi specifici deve essere il più possibile aderente alla organizzazione concreta dell’azienda in esame
• la definizione delle mansioni/postazioni/lavorazioni specifiche deve essere ben descritta e corrispondere il più possibile alla realtà; ciò potrebbe anche facilitare la individuazione di eventuali mansioni alternative nel caso di non idoneità
• deve essere rappresentato chiaramente il numero dei casi di patologie correlate o correlabili con l’attività lavorativa specifica nelle diverse mansioni/postazioni/lavorazioni
• devono essere riportate tutte le anomalie rilevate negli esami di monitoraggio, strumentali o di laboratorio, sia numericamente che per tipologia
• occorre che siano state tenute in considerazione nell’analizzare i dati sanitari le differenze di genere.
• devono essere esplicitate le eventuali proposte migliorative di modifica delle postazioni di lavoro prima di proporre l’allontanamento dei lavoratori dalle postazioni più a rischio.

In sostanza la relazione deve rappresentare a 360° lo stato di salute e gli eventuali disturbi collegati alla organizzazione del lavoro ma anche prevedere e descrivere le eventuali azioni sia di miglioramento nell’ambiente di lavoro sia di proposte di modifica degli stili di vita attraverso azioni di promozione della salute.
I contenuti della relazione sanitaria annuale possono quindi rappresentare per ogni RLS una ricca fonte di informazioni e di conoscenza sullo stato di salute dei lavoratori nel caso in cui i medici competenti interpretino correttamente l’obbiettivo e la rilevanza di questo strumento di prevenzione.

Oriana Rossi
Dipartimento di Prevenzione USL 6 Livorno

Processo breve. Eternit, i timori dell'Associazione vittime dell'amianto


di Alessandro Danese
Una leggina “semplice” pesante come un macigno, salvera’ chi non vuole farsi processare e soprattutto potrebbe non dare pace alle migliaia di famiglie che davanti alla legge ci sono finite per rendere giustizia ai loro cari. Stando ai timori epressi anche oggi da Nicola Ponderano ex operaio Eternit e vice presidente dell’associazione vittime dell’amianto la proposta di legge sul processo breve presentata al Senato, rischia di mandare al macero un processo destinato a passare alla storia come il piu’ grande mai intentato contro una fabbrica della morte. Parliamo del processo contro Eternit Spa azienda produttrice di manufatti in amianto con stabilimenti in tutta Italia accusata della morte di quasi 3000 persone; lavoratori uccisi dalle polveri del metallo killer dal 1983 ad oggi. Come denuncia Ponderano “con questo provvedimento il processo verrebbe messo in forte discussione” secondo Ponderano poi “gli interessi di qualcuno non devono prevalere sugli interessi di molti e’ previsto dalla costituzione dunque il processo Eternit si deve fare nei tempi previsti dalla costituzione”.
La fabbrica Eternit aveva cominciato la sua attività nel 1906 e ha chiuso la lavorazione dell’amianto nel 1986. I principali stabilimenti in Italia erano: Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte, Rubiera in Emilia Romagna e Bagnoli in provincia di Napoli. Le morti sono avvenute per l’inalazione delle polveri di amianto, causando mesoteliomi della pleura o del peritoneo (una forma tumorale non facilmente diagnosticabile perché presenta sintomi non specifici che possono essere trascurati per molto tempo). Lo scorso 6 aprile c’e’ stata la prima udienza preliminare; 736 persone si sono costituite parte civile, familiari delle vittime, ex operai e anche 29 enti locali di tutta Italia. Gli imputati sono gli ex vertici della Eternit, lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, 61 anni, e il barone belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier, 87 anni, devono rispondere di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e disastro colposo. Insomma sono passati 8 mesi dalla prima udienza preliminare e il dibattimento iniziera’ il 10 dicembre; in pratica se la legge sul processo breve venisse approvata (prevede che ogni grado di giudizio sia di due anni, oltre il processo va in prescrizione, viene chiuso) rimarrebbero solo 14 mesi disponibili.
A fugare i dubbi di Ponderano, però, le dichiarazioni di Guariniello, rilasciate alla Repubblica di Torino: "Da una prima lettura del testo - ha spiegato il procuratore Raffaele Guariniello - si ricava che i "delitti commessi in violazione delle norme relative agli infortuni sul lavoro" siano esclusi. Il disegno di legge parla, infatti, di "delitti" in modo onnicomprensivo..."

Controllo a distanza dei lavoratori



LUCA scrive "
L’argomento esula dai contenuti classici trattati dal sito, ma a mio avviso, merita una più attenta considerazione.

Il Ministero del Lavoro è ritornato con nota protocollo n° 6585 del 28.11.06 sul tema del controllo a distanza sui lavoratori in risposta ad un interpello di un sindacato dei lavoratori del settore farmaceutico .



L’argomento abbastanza sensibile, com’è noto, attiene a quanto disciplinato dallo Statuto dei Lavoratori vieta espressamente l’uso di impianti audiovisivi e di altri apparecchi finalizzati alla vigilanza sull'attività lavorativa.
L’art. 4 comma 1° della legge citata stabilisce che è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Il divieto è composto da diversi elementi:

- la presenza di impianti audiovisivi ed altre apparecchiature.

Per “impianti audiovisivi” s’intendono tutti quei macchinari che permettono di acquisire una diretta conoscenza dell’attività svolta dai lavoratori.

Con il termine “apparecchiature” si è inteso inserire nell’articolo una clausola aperta, in modo da poter comprendere nel divieto tutte le possibili attrezzature dotate di potenzialità di controllo indipendentemente dall’esclusiva utilizzazione ai fini dell’attività di vigilanza.

Il riferimento operato dalla legge alle “apparecchiature”, fornisce un’indicazione qualitativa del controllo vietato: deve essere realizzato da una macchina e non da una persona.

-per finalità di controllo: non qualsiasi tipologia di controllo, ma esclusivamente quello effettuato da impianti audiovisivi ed apparecchiature.

- a distanza: non è necessario che si verifichi un controllo continuo, essendo sufficiente la semplice possibilità di un controllo attuabile dal datore di lavoro in qualsiasi momento, senza la conoscenza del dipendente controllato.

- dell’attività lavorativa: il controllo sanzionato ha per oggetto l’attività lavorativa.

Fra le varie ipotesi possibili, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che ricadano sotto il divieto di cui sopra:

“l’installazione dei “terminali macchine” in grado di stampare schede che consentano, tra l’altro, di determinare l’operatore, il tipo o i tipi di lavorazione, la data, l’ora e il minuto d’inizio dell’attività lavorativa, la quantità e i ritmi di produzione, i tempi di sosta e la tipologia delle cause di sosta” (Pretura di Milano 4 ottobre 1988).

Il precetto contenuto nel 1° comma dell’art. 4 dello Statuto attiene alle modalità con cui il datore di lavoro agisce per raccogliere informazioni sul conto dei dipendenti, che di per sé sarebbero legittimamente acquisibili, purché pertinenti all’area del rapporto di lavoro e alla prestazione richiesta, con mezzi diversi da quelli rientranti nel concetto di apparecchiature per il controllo a distanza, a meno che non vi siano le seguenti esigenze :

- l'installazione degli impianti è richiesta da esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro;
- l'utilizzo di detti impianti, per le finalità consentite dalla legge, sia stato oggetto di accordo intercorrente tra datore di lavoro e Rappresentanze Sindacali Aziendali presenti nell’unità produttiva, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna (Assemblea dei lavoratori).

In mancanza di accordo vi provvederà la Direzione provinciale del lavoro su istanza del datore di lavoro, normando le modalità per l'uso di tali impianti; avverso i provvedimenti della DpL è ammesso il ricorso entro trenta giorni al Ministero del lavoro, azionato o dal del datore o dai sindacati dei lavoratori interessati.

Il datore di lavoro che adotta tale sistema di controlli mediante impianti sopra citati in violazione delle norme disciplinanti le condizioni di legittimità è punito, con l'ammenda € 154,00 a € 1.549,00 (aumentabile fino al quintuplo) o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.




fonte;
http://www.diario-prevenzione.net/diarioprevenzione/html//modules.php?name=News&file=article&sid=1481


I quesiti sul decreto 81/08: la formazione con gli organismi paritetici


La formazione di lavoratori e RLS fatta senza la collaborazione con gli organismi paritetici, può essere considerata dagli ispettori dell’organo di vigilanza come una mancata formazione?Cosa si intende con “collaborazione”? A cura di G. Porreca.

Chiarimenti circa la formazione di lavoratori e RLS fatta senza la collaborazione con gli organismi paritetici. Cosa si intende con “collaborazione”? Quale sanzione è prevista? A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).

Quesito
Alcuni ispettori di un organo di vigilanza durante una visita presso la mia azienda hanno sanzionato la mancata formazione dei lavoratori e del rappresentante dei lavoratori in quanto la stessa non è stata effettuata con la collaborazione dell'organismo paritetico. E' regolare tutto ciò?

Risposta
L’obbligo di effettuare la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in collaborazione con gli organismi paritetici è riportato nell’art. 37 comma 12 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il quale ha in pratica riscritto, modificandolo in parte, il corrispondente art. 22 del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro che, come è noto, è stato abrogato dal citato decreto legislativo.
L’art. 22 comma 6 del D. Lgs. n. 626/1994, infatti disponeva che:

“La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.

Con l’art. 37 comma 12 del D. Lgs. n. 81/2008 l’art. 22 comma 6 del D. Lgs. n. 626/1994 è stato così riscritto:

“La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.

e quindi successivamente lo stesso è stato modificato con il decreto correttivo di cui al D. Lgs. n. 106/2009 così come di seguito indicato:>>continua su fonte;http://www.puntosicuro.it/italian/I_quesiti_sul_decreto_8108_la_formazione_con-art-9429.php


mercoledì 11 novembre 2009

MALATTIA PROFESSIONALE: QUESTA SCONOSCIUTA -

LAVORO - MALATTIA PROFESSIONALE: QUESTA SCONOSCIUTA - INCA-BOTTAZZI(AREA MEDICO-LEGALE):"SENTENZA CASSAZIONE: ILLEGITTIMITA' LICENZIAMENTO SOPRAGGIUNTA INIDONEITA' MANSIONE"

Marco Bottazzi e Gabriele Norcia consulenti medico-legali dell'Inca Cgil, a fronte dell'atteggimaneto del lavoratore di diniego nella presentazione della denuncia di mallatia professionale, sottolineano l'illegimità di situazioni di licenziamento
per sopraggiunta inidoneità alla mansione. In sostanza, vi è l'obbligo per il datore di lavoro di verificare la sussistenza di altre possibili collocazioni lavorative compatibili con lo stato di salute.

"Come Patronato - afferma Bottazzi - poniamo con costanza il tema della sottodichiarazione, della sottodenuncia delle malattie professionali, indicando nel contempo quelle che a nostro avviso ne sono le cause.
Tra queste cause vi è certamente la non fruibilità del diritto da parte del lavoratore. Esperienza comune è il diniego da parte del lavoratore alla presentazione della denuncia di malattia professionale all'INAIL nel momento in cui apprende che detta denuncia viene a conoscenza del datore di lavoro e questo per la paura di immediate conseguenze occupazionali."

Bottazzi sottolinea "In un recente convegno a cui abbiamo partecipato come Patronato abbiamo potuto registrare come siano in aumento i casi in cui il lavoratore richiede al medico competente di procrastinare l'emissione di giudizi di idoneità con limitazioni o addirittura di giudizi di inidoneità per non averne ricadute salariali (indennità, premi, ecc.), se non occupazionali (licenziamento per sopraggiunta inidoneità alla mansione).

Stante questa situazione molto interessante ed utile alla nostra quotidiana attività appare la recente sentenza numero. 21710 dello scorso 13 ottobre, con cui la Corte di Cassazione ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o sconvolgimenti nell’organigramma produttivo.

Il caso ha riguardato un lavoratore assunto come operaio con mansioni di addetto all’igiene urbana e all’approvvigionamento dell’acqua. Successivamente il lavoratore, dopo consenso veniva assegnato ai servizi di segnaletica stradale, incompatibili però con la sua allergia alle vernici; lo stesso, a seguito di tale incompatibilità, veniva licenziato per inidoneità fisica.

La Corte precisa che la libertà di iniziativa economica, prevista dall’art. 41 Cost., non equivale a libero arbitrio, poichè il comma successivo ne vieta lo svolgimento quando l’iniziativa privata rechi danno alla sicurezza e alla dignità umana.
Ciò significa che la libertà dell’imprenditore di decide al meglio l’organizzazione della sua azienda, non è esente da controllo, soprattutto da controllo giurisdizionale. In pratica, “il Giudice può controllare il rispetto del diritto del singolo al lavoro (art.4, 35 e 36 Cost) ed alla salute ( art. 32 Cost e 2087 c.c.), eventualmente bilanciando i due interessi (del datore e del lavoratore) contrapposti.

Già nella fase di merito la Corte d'Appello aveva considerato illegittimo il licenziamento perché inflitto attraverso un "indebito sindacato di scelte riservate alla discrezionalità dell'imprenditore" sulla base dell'art. 41 della Costituzione. La Cassazione ( Cassazione Civile - Sezione Lavoro, Sent. n. 21710 del 13.10.2009) ha confermato la decisione della Corte d'Appello evidenziando che correttamente si è ritenuta "illegittima la perdita del posto di lavoro da parte di una persona che, assegnata a mansioni pacificamente nocive per la sua salute, avrebbe potuto cambiare le proprie mansioni con altre di pari livello assegnate ad altri lavoratori, senza pregiudizio per costoro e senza mutamenti dell'organico aziendale".
Tutta la documentazione citata può essere richiesta alla Consulenza Medico-Legale Nazionale via e-mail all’indirizzom.bottazzi@inca.it.

Ricordiamo in questa sede l'intervento innovativo dell'INCA CGIL in materia di riconoscimento delle invalidità dei nostri lavoratori all'estero (vedi intervista video on line Avvocato Maffei http://www.italiannetwork.it/video.aspx?id=491)

"Abbiamo ottenuto già 25 anni fa - sostiene l'Avvocato Maffei consulenti legale dell'INCA - la prima rogatoria internazionale per lo spiegamento di una consulenza tecnica in un processo che riguardava il riconoscimento di una prestazione di invalidità”.
E l’avv.Maffei chiarisce “Nei processi che riguardano le prestazioni di invalidità c’è la necessità di acquisire un parere tecnico, medico-legale sulla effettività delle condizioni che danno poi luogo al riconoscimento del diritto, che deve essere acquisito attraverso regolari visite a Roma. Questo era un ostacolo che rendeva impossibile l’accesso alla giustizia per molti richiedenti lo stato di invalidità all’estero. Noi abbiamo ottenuto la prima ordinanza che ha ammesso la visita rogatoria tramite il consolato. E questo ha reso possibile l’accesso alle prestazioni di invalidità a molti pensionati. Sulla scia di questa giurisprudenza abbiamo avuto numerose sentenze che hanno riconosciuto importanti diritti sull’interpretazione delle varie convenzioni e sulla loro regolamentazione. In 2 o 3 casi abbiamo fatto ricorso alla Corte di Giustizia per ottenere un’interpretazione che fosse coerente.

CGIL lL 16° Congresso


Iniziato il percorso che porterà la CGIL a celebrare il 16° Congresso

ll cammino verso il 16° Congresso della CGIL è formalmente iniziato con la riunione del Comitato direttivo nazionale del 9 e 10 novembre, anche se già a luglio erano state assunte le prime necessarie decisioni di avvio con l’elezione delle Commissioni deputate a predisporre i materiali necessari.

Il giorno 9, il Direttivo ha approvato all’unanimità le regole che sovrintenderanno allo svolgimento di un Congresso che si rivolgerà a milioni di iscritte ed iscritti e al Paese nel suo insieme e che per essere efficace ha bisogno di poter contare su regole chiare e precise che valorizzino il coinvolgimento ed il voto degli iscritti.

Il giorno 10 novembre sono stati presentati due documenti congressuali fra loro “globalmente alternativi” (questa è la denominazione ufficiale).

Il primo, che è il risultato di un lavoro fatto nella Commissione politica eletta nel mese di luglio, è titolato “I diritti ed il lavoro oltre la crisi“ ed è stato presentato dal primo firmatario che è Guglielmo Epifani. Il documento è corredato dalle firme di 9 segretari nazionali e dalla grande parte dei componenti la Commissione politica.

Il secondo è titolato “La CGIL che vogliamo” ed è stato illustrato dal primo firmatario, Domenico Moccia, segretario generale della FISAC CGIL, il sindacato dei bancari e di quanti lavorano nelle assicurazioni. Il documento è corredato dalle firme di una segretaria nazionale della CGIL e da compagne e compagni del Comitato direttivo.

Le prossime tappe saranno le seguenti:
a) fine al 20 novembre sarà possibile presentare emendamenti ai due documenti o presentare documenti a loro volta alternativi. Le modalità e la quantità di firme necessarie per presentare emendamenti o documenti è indicata nel Regolamento congressuale;
b) per il 23 novembre è già convocato (in seconda sessione) il Comitato direttivo che esaminerà gli emendamenti eventualmente presentati e/o registrerà l’eventuale presentazione di documenti. Terminata la discussione, a quel punto ciò che ha discusso il Comitato direttivo diventa il materiale sul quale si svolgerà il Congresso. I materiali saranno accompagnati nelle diverse istanze congressuali dalla sottoscrizione dei testi da parte dei componenti il Direttivo che si riconoscono in uno o dell’altro documento. Il Direttivo eleggerà, al termine dei lavori, la Commissione di Garanzia Congressuale che ha il compito di sovrintendere (assieme alle Commissioni che verranno elette a livello regionale e territoriale) all’intero svolgimento del Congresso...continua su>>>http://www.cgil.it/DettaglioDocumento.aspx?ID=12591

fonte: cgil.it

martedì 10 novembre 2009

Epifani, a Roma i volti della crisi


Sabato manifestazione nazionale della CGIL 'Il lavoro e la crisi: esigiamo delle risposte'. Per il Segretario Generale "in questo momento di crisi la priorità è sostenere la condizione di chi perde il lavoro, di chi sta in difficoltà"

Portiamo a Roma le facce, i volti della crisi. Vogliamo che il paese abbia la percezione del dramma dei disoccupati, dei licenziati, dei cassintegrati, dei precari. Che il governo comprenda che non si può nascondere la realtà e che occorre fare qualcosa di concreto, subito. Vogliamo anche che siano stabilite le priorità e sia evitato al paese lo stillicidio di misure inefficaci o inutili, che si ponga fine all’approssimazione. Vogliamo anche che i principi della democrazia e del pluralismo condizionino i comportamenti di chi firma i contratti contro la volontà della maggioranza dei lavoratori. Alla vigilia della manifestazione nazionale di sabato 14 novembre a Roma sui temi della crisi e del lavoro, Guglielmo Epifani, Segretario Generale della CGIL, si esprime in termini molto chiari sulle diverse emergenze che l’Italia sta vivendo in una intervista rilasciata congiuntamente a Rassegna sindacale, Rassegna.it e RadioArticolo1. >>>>continua su http://www.cgil.it/DettaglioDocumento.aspx?ID=12582

lunedì 9 novembre 2009

Un congresso che rafforzi la Cgil e le lotte dei lavoratori.


di Nicola Nicolosi, coord.naz. Lavoro Società
In presenza di una profonda crisi economica e sociale ancora lontana dalla sua conclusione, in una situazio-ne di grande debolezza della opposizione politica della sinistra, incapace di arginare l’offensiva conservatrice, e con una trasformazione di Cisl e Uil in senso aziendalista e corporativo, il compito di ricostruire il legame sociale e le lotte collettive poggia pressoché interamente sulle spalle della Cgil, che, per la sua natura classi-sta e confederale, costituisce l’ultimo grande baluardo di resistenza per la difesa degli interessi di classe di lavoratori e pensionati e per la stessa democrazia, e continua a sostenere, anche da sola, la lotta contro le politiche antidemocratiche e antisociali del governo Berlusconi. Per questo viene considerata l’ultimo vero avversario da battere da parte del governo, del padronato e da molte forze politiche, ivi compresi alcuni set-tori del Partito Democratico, con l’evidente complicità di Cisl e Uil.
Noi di Lavoro Società abbiamo caratterizzato negli ultimi vent’anni tutti i congressi della Cgil, presentando per ben tre volte documenti alternativi, a partire dal merito, per l’autonomia del sindacato, contro le politiche neoliberiste che avevano condizionato gli accordi confederali degli anni ‘90, per la difesa di salari e pensioni, l’estensione dello Statuto, il voto vincolante dei lavoratori, una dialettica democratica interna fondata su aree programmatiche. Siamo così riusciti a cambiare profondamente la linea della Cgil, portandola a condividere i nostri stessi obiettivi. Il nostro essere sinistra sindacale si è concretizzato nella iniziativa, nella proposta e nel pensiero del sindacato.
In presenza di una situazione gravissima del paese e delle grandi difficoltà vissute da lavoratori e pensionati, abbiamo deciso di lavorare per costruire, nel merito delle proposte, l’unità della Cgil, come strumento decisi-vo per una risposta solidale, forte ed efficace, all’attuale crisi, capace di parlare ai lavoratori, ai pensionati e all’intera società in una battaglia per rompere l’accerchiamento, difenderne gli interessi, riunificare il mondo del lavoro, ricostruire un blocco sociale per promuovere una alternativa complessiva e cambiare il modello di società e di sviluppo. Premessa fondamentale di questa ricerca unitaria è stata la decisione della Cgil di con-trastare l’accordo separato sul modello contrattuale e il connesso modello di sindacato. Per questo abbiamo deciso di dare il nostro contributo ai lavori della commissione politica a partire dai contenuti del nostro do-cumento programmatico dello scorso maggio. Ciò che sta emergendo dai lavori della commissione è un pro-getto per il paese fondato su pace, democrazia, valore sociale del lavoro, lotta alle crescenti diseguaglianze (di genere, reddito, diritti, con l’ inclusione sociale degli immigrati), riunificazione del mercato del lavoro con-tro la precarizzazione (estendendo diritti, stabilità e tutele, ammortizzatori), estensione delle politiche pubbli-che, sgravi fiscali per salari e pensioni, nuova politica industriale, nuovo modello contrattuale (contro quello disegnato dall’accordo separato), voto decisionale su piattaforme e accordi, democrazia di mandato, contrat-tazione sociale ma anche radicamento sociale e pluralismo programmatico della Cgil.
Questo progetto esige una lunga fase di lotte caratterizzate da una diffusione e continuità, nelle categorie, nelle aziende, nei territori e nella società, per costruire, pur in presenza di una situazione di grande difficoltà, profondamente segnata dalla crisi, le condizioni per far crescere uno sciopero generale capace di coinvolgere non solo l’intero mondo del lavoro ma anche l’insieme della società, e di determinare così una spinta per il cambiamento delle attuali politiche governative. Questa mobilitazione è già da tempo iniziata e si è sviluppa-ta con un crescendo che ha visto i presidî per il lavoro dopo il rigetto delle proposte confindustriali, le mani-festazioni in cento città, gli scioperi territoriali, lo sciopero generale effettuato dalla sola Cgil il 12 dicembre, le altre iniziative di categoria e territorio fino alla grande manifestazione del 4 aprile al Circo Massimo, per arrivare negli ultimi mesi alle continue iniziative nazionali per i diritti, per la libertà d’informazione, per gli immigrati, contro l’omofobia, i due mesi di presidii a Roma, la prossima manifestazione del 14 novembre sul modello industriale, il tutto accompagnato da migliaia di mobilitazioni locali. La Cgil è la sola animatrice dell’insieme delle lotte che si svolgono attualmente nel nostro paese: in tutte le manifestazioni sventolano le bandiere della Cgil, dando loro il senso e la prospettiva di una strategia generale.
Il documento pubblicato da “Il Riformista”, presentato nell’ultima riunione della commissione politica con-gressuale, avanza una accusa di immobilismo e chiede un congresso di svolta, una radicale discontinuità, ma non presenta alcuna differenza nelle proposte programmatiche, che sono identiche a quelle elaborate dalla commissione, a cui però i firmatari del documento non hanno voluto dare alcun contributo.
I firmatari rappresentano posizioni eterogenee, che si sono differenziate in più occasioni, anche su questioni rilevanti, dalle politiche redistributive, alle privatizzazioni, ai beni comuni, fino al modello contrattuale in ver-sione “unitaria”. Ma anche nelle recenti dichiarazioni che riguardano la richiesta di una più stretta unità sin-dacale (a prescindere dalle differenze strategiche), il “contratto unico” (che prevede una riduzione delle tu-tele del lavoro e mette in discussione la centralità del Ccnl), il salario lavorativo minimo definito per legge che rende il sindacato subalterno al quadro istituzionale riducendone la capacità negoziale, il richiamo al modello tedesco dove è sostanzialmente assente il sindacato confederale e che limita la contrattazione al salario nazionale, escludendo gli obiettivi sociali, demandati alla politica. Si stravolgerebbe così, in senso mo-derato, il modello di sindacato italiano, cancellando tutta la ricchezza della politica confederale di riunifica-zione sociale della Cgil, nella sua battaglia per i diritti. Sono scelte moderate che non condividiamo ed a cui intendiamo opporci.
Forse il nodo centrale di questa vicenda risiede in una contrapposizione fra categorie e confederalità, che in-tende instaurare una dialettica simile a quella diffusa un tempo nella Cisl, caratterizzata da duri scontri dei segretari generali di categoria, veri e propri signori della guerra che allineavano dietro a sé il proprio sindacato, reprimendo qualsiasi dissenso interno. Anche la richiesta di abrogare dallo statuto i pluralismi pro-grammatici, avanzata da chi rappresenta la Fiom nella commissione regole, per cancellare la stessa esistenza di Lavoro Società, si muove nella logica di una battaglia contro quella confederalità che si caratterizza nel pluralismo delle opinioni. Ciò significa però guardare ad un passato ormai inadeguato in una realtà che vede frequente avvicendamento fra svariati lavori e categorie. Questo scontro, perdente e sbagliato, fra categorie e confederalità, minaccia di indebolire la Cgil proprio nel momento in cui è sottoposta all’attacco più grave degli ultimi decenni, lasciando strascichi pesanti per il futuro e determinando un grave arretramento di quel modello confederale che è sempre più necessario alla riunificazione del mondo del lavoro che oggi avviene soprattutto nel territorio e nella confederalità.
Le categorie devono svolgere un ruolo decisivo nel contrastare il modello dell’accordo separato, per la ricon-quista dell’autorità salariale, dell’autonomia contrattuale, del controllo e della riduzione degli orari di lavoro e dell’intervento sull’organizzazione del lavoro, ma ciò deve avvenire nell’ambito di una strategia confederale per la conquista di diritti esigibili per tutti, per ricomporre l’attuale frammentazione del mondo del lavoro, ri-badendo la centralità del contratto nazionale, quale strumento universale di garanzia dei diritti fondamentali e di incremento del potere d’acquisto delle retribuzioni, e il mantenimento dei due livelli contrattuali.
Una divisione “a prescindere” dal merito costituisce un grave errore politico rispetto al bisogno di unità pre-sente tra coloro che, nei luoghi di lavoro, stanno subendo, spesso in solitudine e con crescenti difficoltà, pe-santi attacchi alla occupazione ed alle condizioni di vita. Proprio l’assenza di evidenti differenze programma-tiche configura questa operazione trasversale destra-sinistra come una cordata di apparati che poco ha a che vedere con gli interessi e le esigenze di unità del mondo del lavoro.
Dobbiamo realizzare quel congresso “vero” che i firmatari sostengono di voler praticare ma che nei fatti tendono a smentire con una battaglia che elude il merito dei gravissimi problemi che abbiamo di fronte. Gli scontri di apparato possono solo indebolire la Cgil che deve mantenere alto il suo profilo confederale genera-le con una dialettica e un pluralismo democratico di natura programmatica come indica lo Statuto, per conti-nuare a rappresentare, sempre meglio, la parte migliore di questo paese. Deve mantenere alta la sua auto-nomia, la sua autorevolezza, la sua capacità di analisi e di mobilitazione per la ricomposizione del blocco so-ciale fondato sul lavoro. Tutto ciò ci conferma ancor più nella scelta di un approccio per un documento con-gressuale unitario, avanzato nel merito e nella volontà di perseguirlo attraverso l’autonomia della Cgil ed una vasta e duratura mobilitazione sociale.


Roma, 2 nov 2009
fonte:lavoro e società

SABATO 7 NOVEMBRE: DIRITTI IN PIAZZA - PRESIDIO DI PINEROLO