sabato 28 febbraio 2009

MARCIA LAVORO A TORINO: CGIL, 70.000 IN PIAZZA







TORINO - Sono stati 70.000 i lavoratori, pensionati e studenti che hanno partecipato a Torino alla marcia per il lavoro e la difesa del contratto. E' il dato della Cgil, che parla di "manifestazione imponente". Assenti Cisl e Uil che hanno accusato la confederazione guidata da Guglielmo Epifani di avere organizzato "una iniziativa a forte connotazione politica". Il corteo, aperto dallo striscione "Contro la crisi una soluzione c'é: lavoro e contratto", è partito da piazza Vittorio Veneto e ha sfilato fino a piazza Castello.

 Hanno partecipato i lavoratori di aziende in crisi, come la Indesit, la Olimpias (Benetton), la Zegna Baruffa, la De Agostini. Numerosi gli esponenti politici presenti, tra i quali il segretario nazionale di Rifondazione, Paolo Ferrero, che ha distribuito il pane al prezzo di un euro al chilo, i parlamentari del Pd, Cesare Damiano, Stefano Esposito, Magda Negri e Antonio Boccuzzi.

 "Sono oltre 200.000 - ha ricordato il segretario generale della Cgil Piemonte, Vincenzo Scudiere - i lavoratori piemontesi coinvolti dalla crisi in pochi mesi, lo stesso numero di posti di lavoro che si sono persi in dieci anni tra il 1980 e il 1990". "Avremmo voluto che Cisl e Uil fossero qui con noi - ha sottolineato Agostino Megale della segreteria confederale Cgil - mentre in questa crisi governo e Confindustria hanno scelto la divisione sindacale. Noi non avremmo mai fatto un accordo senza Cisl e Uil, un accordo sbagliato che fa perdere potere d'acquisto ai lavoratori e riduce salario".

 "Oggi a Torino hanno sfilato i lavoratori che sentono la crisi - ha affermato il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - E' un problema per Cisl e Uil che non sono qua e che dovrebbero ascoltare di più i lavoratori. Da parte della Cgil è stata una prova di forza non indifferente".

fonte ;ansa

venerdì 27 febbraio 2009

SCIOPERI: IL GOVERNO VARA LA STRETTA SACCONI





Via libera alla riforma degli scioperi nei trasporti. Le nuove regole, che di fatto rendono più difficile la possibilità di incrociare le braccia, hanno ottenuto l'ok dal Consiglio dei ministri, con l'approvazione all'unanimità del disegno di legge delega

Da Cisl, Uil e anche Confindustria è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo.

la Cgil con il segretario Guglielmo Epifani è tornata a lanciare l'avvertimento ad evitare "rapporti di forza" e svolte "autoritarie".

Le nuove  regole richiedono la  soglia del 50% di rappresentatività dei sindacati per poter proclamare uno sciopero,  e l'obbligo di referendum preventivo per le sigle che invece hanno almeno il 20% di rappresentatività  che, per scendere in piazza, devono ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop tra i lavoratori.

Giro di vite contro le proteste 'selvagge' (con multe sino a 5 mila euro)

Arrivano anche l'adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà essere obbligatorio se il servizio è necessario)   e che saranno disciplinati per via contrattuale.

Il segretario della Cgil ha bocciato anche lo strumento legislativo scelto: "Su una materia come questa è meglio non delegare niente a nessuno".

Al contrario il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto "rassicurato" dal ddl delega.

Per il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il ricorso al referendum potrebbe essere allargato anche ad altre categorie, oltre a quella dei trasporti.


Proroghe riferite al d.lgs.81/08





 Approvato in via definitiva, in seconda lettura, il “Milleproroghe


la Camera ha approvato in via definitiva, in seconda lettura, il “Milleproroghe”, vale a dire il disegno di legge, d’iniziativa del Governo, già approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n.248, recante "Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria", che sarebbe scaduto, se non convertito, il prossimo 29 febbraio.

                  Il testo approvato (che con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale diverrà definitivamente legge dello Stato) non presenta alcuna variazione sui punti già oggetto di modifica presenti nel testo licenziato dal Senato. Difatti, come ricorderete, l’intervento repentino che come organizzazioni sindacali nazionali  abbiamo svolto per fronteggiare gli inaccettabili emendamenti proposti dalla Lega, aveva già sortito il suo effetto positivo, mediante la loro pronta eliminazione, prima ancora che il testo fosse presentato all’approvazione del Senato.

                  Tenuto conto però della “scarsa competenza” dei giornalisti sul tema che, come noi, tutti voi senz’altro state registrando in queste ore, assistendo ad una diffusione di notizie approssimative, errate e confuse, sulle proroghe delle scadenze previste, al fine di fornirvi un immediato piccolo aiuto a carattere di sintesi sulle modifiche varate, chiedendovi di aiutarci a darne ampia, puntuale ed adeguata diffusione ai lavoratori/trici, ma soprattutto agli RLS/RLST, precisiamo che :

1) L’obbligo di svolgere la valutazione dei rischi nel rispetto dei criteri e regole previsti, in particolare, dall’art.28 del d.lgs.81/08 è attualmente (già) in vigore. Unica proroga introdotta (al 16 maggio p.v.) quella relativa alla SOLA valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. In questo senso si conferma l’obbligo a carico di ogni realtà lavorativa di svolgere l’analisi, la valutazione e il relativo documento di rischio, non solo in riferimento ai rischi “tradizionali”, tenendo conto dei parametri e valori previsti dal nuovo testo legislativo, ma anche considerando i criteri di natura “trasversale” legati alla tipicità dei lavoratori/trici, quali l’età, il genere e la provenienza da altri Paesi.

2) La proroga prevista al 16 maggio p.v. relativa alla “data certa” del documento di valutazione dei rischi (art. 28, c.2, d.lgs.81/08) deve essere intesa quale proroga relativa SOLO alla procedura formale dell’apposizione della data (certa) sul documento. Pertanto il documento di valutazione dei rischi ad oggi dovrà essere firmato seguendo le modalità fino ad oggi attuate in regime di d.lgs.626/94 (compreso quindi anche la procedura di consultazione da parte del RLS).

3) La proroga prevista al 16 maggio p.v. relativa all’invio all'INAIL e all'IPSEMA dei dati riferiti agli infortuni superiori ad un giorno, a scopo statistico (art.18, c.1, lett.r, del d.lgs.81/08), NON esclude il permanere dell’obbligo di  comunicazione, a fini assicurativi, degli infortuni superiori a tre giorni di assenza dal lavoro;

4) La proroga prevista al 16 maggio p.v. relativa al divieto delle visite mediche "pre-assuntive" (art.41, c.3, lett.a, d.lgs.81/08), lascia SOSPESA l’entrata in vigore del divieto previsto dal decreto;

5) L'emanazione dei decreti sulle attività particolari previste all'art.3, c.2, d.lgs.81/08 (forze armate, istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, mezzi di trasporto aerei e marittimi, ecc.), viene ulteriormente prolungata di altri 12 mesi (pertanto 24 mesi dall’entrata in vigore del d.lgs.81/08). Resta comunque inteso che in questo tempo CONTINUERANNO ad essere vigenti ed efficaci le disposizioni previste dai decreti già in vigore ed emanati ai sensi del d.lgs.626/94.

fonte: sirs rer

SITUAZIONE GENERALE E CONSULTAZIONE REFERENDARIA SULLA RIFORMA CONTRATTUALE




 



Spett. le Direzione

CORCOS INDUSTRIALE

LUSERNA S.G.

 

 La scrivente Organizzazione Sindacale, ai sensi del vigente C.C.N.L. e della legge n° 300 sono a richiedere delle Assemblee di organizzazione   retribuite  per tutti  i  lavoratori  per  il  giorno 02/03/09

 

 

Le assemblee saranno così distribuite:

 

DALLE ORE  11,00  ALLE ORE  12,00 1° TURNO 6X6 X 3+1° TURNO 6X6 X 4 + 1° TURNO 5X8 E CENTRALE

 

DALLE ORE  17,00  ALLE ORE  18,00 2° TURNO 6X6X 3+ +2° TURNO 6X6X4+2° TURNO  5X8

 

DALLE ORE  23,00  ALLE ORE  24,00  3° TURNO 6X6X 4+3° TURNO 5X8

DALLE ORE  24,00  ALLE ORE  01,00  3° TURNO 6X6X 3+4° TURNO 6X6+ 5X8

 

 O.d.G.

 

Situazione generale e consultazione referendaria sulla riforma contrattuale

 

Parteciperanno:

LE   R.S.U. FILCEM

E per la FILCEM CGIL Provenzano Alfonso

 

SI RICHIEDE LO SPOSTAMENTO DELLA MENSA NELL’ORARIO DI PRANZO

 

 

 

 

 

 

 

PER LA SEGRETERIA FILCEM TORINO      

 

            ALFONSO PROVENZANO

giovedì 26 febbraio 2009

DISOCCUPAZIONE CON REQUISITI RIDOTTI


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A CHI SPETTA

Spetta ai lavoratori che non hanno 52 contributi settimanali negli ultimi due anni, ma che:
nell'anno precedente hanno lavorato almeno 78 giornate, comprese le festività e le giornate di assenza indennizzate (malattia, maternità ecc.);
risultino assicurati da almeno due anni e hanno almeno un contributo settimanale prima del biennio precedente la domanda.
Spetta, di regola, per un numero di giornate pari a quelle effettivamente lavorate nell'anno precedente e per un massimo di 180 giornate.

QUANTO SPETTA

L'importo è pari al 35% della retribuzione media giornaliera per i primi 120 giorni e al 40% per i giorni successivi, nei limiti di un importo massimo mensile lordo di 844,06 €, elevato a 1.014,48 € per i lavoratori che hanno una retribuzione lorda mensile superiore a 1.826,07 €.

LA DOMANDA

La domanda di indennità di disoccupazione con requisiti ridotti deve essere presentata agli uffici Inps entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello in cui è cessato il rapporto di lavoro. Il modulo di domanda è disponibile presso gli uffici Inps e sul sito www.inps.it , nella sezione moduli.
Da ricordare
Ogni domanda per essere presa in esame deve contenere la documentazione indispensabile e le informazioni indicate nel modulo, come previsto dall'articolo 1, comma 783 della legge 296/06.

IL PAGAMENTO

L'indennità può essere riscossa:
allo sportello di un qualsiasi ufficio postale del territorio nazionale con assegno circolare;
con bonifico sul proprio conto corrente bancario o postale;

maggiori informazioni presso sportelli INCA- CGIL
o su
www.inps.it: Informazioni > Le prestazioni a sostegno del reddito > Disoccupazione con requisiti ridotti

mercoledì 25 febbraio 2009

SACCONI :ANCORA SUL DIRITTO DI SCIOPERO






Un referendum consultivo prima di proclamare una protesta. È questa una delle principali novità previste dal Ddl che, ha annunciato il ministro Maurizio Sacconi, verrà sottoposto nei prossimi giorni all'esame del Parlamento e che riformerà le attuali regole sul diritto di sciopero nei servizi di pubblica utilità.
Forme di conciliazione e arbitrato per prevenire i conflitti. Obbligo di indire un referendum consultivo prima di proclamare una protesta, con la dichiarazione di adesione individuale da parte del singolo lavoratore. Sanzioni applicate dai prefetti e non più dalle aziende. Con una regolamentazione ad hoc dello sciopero virtuale.

Sono questi i principi ispiratori di un Ddl delega che secondo quanto annunciato ieri al Cnel dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi verrà sottoposto nei prossimi giorni all'esame del Parlamento, per riformare l'attuale regolazione del diritto di sciopero dei servizi di pubblica utilità. Sacconi che in un'intervista su Radio 1 ha confermato la proroga per il 2009 della norma sperimentale sulla detassazione dei salari di produttività («Le risorse sono state accantonate, ci sarà la proroga chiesta dalle parti sociali ») con il ricorso al referendum preventivo vuole fare in modo che «gli utenti siano informati sul livello di adesione alla protesta». Perchè spesso gli scioperi sono indetti da microsigle che pur avendo uno scarso seguito tra i lavoratori, con la sola proclamazione riescono ugualmente a creare caos. La riforma vuole porre un limite anche al cosiddetto « effetto annuncio» la sospensione in extremis di una protesta perchè «strumentalmente troppo spesso si annunciano scioperi che poi si revocano all'ultimo minuto causando il danno senza pagare il pegno della perdita del salario».

La revoca dello sciopero «deve essere data con un periodo di anticipo adeguato» per poter effettuare la trattenuta, «tranne nel caso si faccia, anche all'ultimo momento, un accordo che risolva in via definitiva il problema ». Non sarà più sufficiente «una semplice, timida intenzione di miglior dialogo» tra le parti. Altra priorità, deve diventare «più robusto e garantito l'intervallo tra uno sciopero e l'altro», per assicurare un «congruo periodo in cui non ci sono attività di interruzione del servizio». Affinchè il ricorso allo sciopero rappresenti l'ultima ratio, occorre favorire forme alternative di protesta quali lo sciopero «virtuale», per evitare l'interruzione del servizio pur legittimamente manifestando un disagio: «Si può fare con un fazzoletto al braccio – ha aggiunto il ministro in modo che il lavoratore in stato di agitazione perde il salario, però il datore di lavoro paga una cifra congrua per ogni lavoratore che si astiene virtualmente dal lavoro ». In assenza di una specifica regolazione oggi il sindacato è disincentivato a ricorrere allo sciopero virtuale, anche perchè non è previsto alcun obbligo per l'azienda, ma secondo il ministro anche «la controparte deve pagare e queste risorse vanno in un fondo solidaristico che poi decideranno come usare ». Infine va modificato il meccanismo delle sanzioni che per essere un deterrente devono essere effettivamente applicate: «Oggi sono decise dalla Commissione di garanzia quando riguardano l'individuo e sono applicate dal datore di lavoro che quando il conflitto è esaurito non lo fa mai ha continuato Sacconi .L'ipotesi è di incaricare i prefetti di applicare la sanzione decisa: con il pericolo di omissione di atti di ufficio, sarà applicata effettivamente».

FONTE: Il Sole 24 Ore

martedì 24 febbraio 2009

NO! AI DIRITTI NEGATI

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marcia per il lavoro e la difesa del contratto

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REFERENDUM SULLA RIFORMA DEGLI ASSETTI CONTRATTUALI: UN ESERCIZIO DÌ DEMOCRAZIA




I lavoratori, tutti i lavoratori,non solo gli iscritti alla CGIL  devono poter esprimere mediante il voto quello che pensano sulla riforma del modello contrattuale,così fortemente voluto da Governo, Confindustria, CISL e UIL.

Chiediamoci,  perché Governo e parti sociali firmatarie (soprattutto queste ultime) osteggiano il voto dei lavoratori, al punto che non sarà possibile far votare lavoratrici e lavoratori unitariamente?

La riforma, che essi sostengono non viene a migliorare la condizione salariale e dei diritti?

Perché  i firmatari non sono andati tra i lavoratori a spiegare la bontà delle loro motivazioni?

Perché in un momento di crisi come quello attraversato in questo momento dall’industria mondiale,si vende come soluzione dei problemi una riforma che per quanto la si legga non dà alcun vantaggio, né a breve né a lungo termine a chi lavora?

Mentre al contrario spiana la strada su tutti i fronti alla parte datoriale.

Sono domande a cui ognuno di noi dovrà presto o tardi dare una risposta.

È vero come ho sentito dire e letto da “fonte autorevole” che gli accordi non si fanno tra sigle sindacali, è vero che gli accordi, grandi o piccoli, si fanno con la controparte le sigle sindacali dovrebbero però accordarsi sulle piattaforme, e solo  dopo, tentare di arrivare ad un accordo con i datori di lavoro, un accordo con i datori di lavoro e non per i datori di lavoro.

È vero anche che gli accordi, soprattutto se coinvolgono tutti, iscritti e non iscritti, vanno sottoposti nel bene e nel male all’ approvazione di coloro che ne subiranno gli effetti.

Ora CISL e UIL non possono vantare di sicuro che la maggioranza dei lavoratori sia iscritta presso di loro, indubbiamente anche la CGIL  pur con numeri leggermente maggiori non ha un simile primato,

E gli iscritti ai sindacati ”minori”?

la maggioranza dei lavoratori non è iscritta   comunque alcun sindacato, allora, ammesso e non concesso che i firmatari sentano di potersi esprimere per i propri iscritti, che almeno in teoria la pensano come loro, come la mettono con gli iscritti alla CGIL e alle altre sigle?

Se tanto mi da tanto, questi non la pensano come loro, pertanto in nome di quale diritto decidono per gli altri?

E la maggioranza che iscritta non è, qualcuno vuole o no chiedergli come la pensano?

Chi lo sa magari è a favore,ma non pensate che sarebbe molto meglio saperlo?

In un futuro molto prossimo, saranno rinnovati alcuni contratti nazionali, se queste saranno le regole,non verranno certo i segretari generali di CISL e UIL a spiegare come mai gli aumenti non sono quelli che ci si aspetta.

Per quanto riguarda la contrattazione di secondo livello, per capirsi quella aziendale, i delegati, non importa di quale sigla, sanno quanto sia complicata, mi chiedo come  si potrà recuperare anche la parte che non sarà elargita dal contratto nazionale, sono l'unico a chiederselo?

E le aziende ( sono anche queste la maggioranza) dove non si fa la contrattazione aziendale, dove non ci sono delegati, dove il sindacato non è presente, chi sono  questi, figli di nessuno?

Accidenti dimenticavo la derogabilità, secondo la “riforma” i contratti nazionali potranno essere derogati,  solo in peggio, che in meglio già lo si faceva prima.

Un ultima cosa, la tanto esaltata unità sindacale, è ovvio che sarebbe meglio che ci fosse ma veramente si pensa che l’unità debba essere un processo freddo,una "complicità" da perseguire ad ogni costo?

l’unità delle sigle e delle strutture, altro non è che una maniera per ripararsi dietro a risposte preconfezionate che non tengono conto dei pareri individuali, ulteriore burocrazia di cui non abbiamo bisogno, l’unità ha valore solo se dietro ci sono valori comuni, non comuni interessi.

l’unica unità da perseguire sempre e quella tra  lavoratori,questi si che devono stare assieme a prescindere dalle sigle.

Per questi motivi dobbiamo esprimerci con il voto, uno dei pochi diritti rimasti esercitiamolo!

 

Salvatore

lunedì 23 febbraio 2009

SICUREZZA NEL LAVORO NELLA CRISI




SICUREZZA NEL LAVORO NELLA CRISI ECONOMICA E SOCIALE. IL DISEGNO DEL MINISTRO SACCONI

Grandi temi della vita e della morte sono stati al centro della comunicazione mediatica di queste settimane. Sono temi che animano passioni e coagulano schieramenti contrapposti incapaci di trovare sintesi ragionevoli in grado di garantire la coesione sociale tanto più necessaria in una fase di crisi di sistema. Le ragioni della ragione, la pietas e il rispetto dell'altro in questi frangenti stentano ad emergere o vengono sommersi dal rumore di fondo della diatriba, nel contempo il fiato gelido della  crisi avvolge e oscura i fatti correnti della vita quotidiana di migliaia di uomini e donne  che temono per il lavoro che stanno perdendo o perdono la speranza di averne uno in futuro. E' in questo scenario che il governo, senza una opposizione organizzata che ne mitighi le dissennatezze, procede a tappe forzate per destrutturare le regole che hanno garantito negli ultimi decenni la dignità dei lavoratori dipendenti , dal contratto nazionale al diritto individuale  di sciopero ... Affrontiamo in questo articolo soltanto gli aspetti che riguardano l'attuazione del dettato normativo D.lgs 81/08 in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Gli interventi del governo per smontare le innovazioni del d.lgs 81 sono in atto da tempo. Con il decreto milleproroghe che va al voto di fiducia alla Camera in queste ore vengono rinviati adempimenti e procedure già in prorogatio al 1 gennaio 2009  al 16 maggio 2009. Le gravi  scelte di rinvio, previste nel "milleproproghe", assumono poi un significato ben più allarmante se prendiamo in esame anche il conflitto interistituzionale non ancora emerso pienamente alla luce del sole riguardante il rapporto tra Conferenza delle Regioni, Province Autonome e Governo. Quali sono i fatti e quali le mancate azioni e risposte del Governo ? Le Regioni e le Province Autonome avevano inviato al Ministero del Lavoro i nominativi dei propri componenti per l'attivazione dei tavoli previsti al Capo II  "Sistema Istituzionale" del titolo I° , costituenti il sistema di governance interistituzionale per l'attuazione della norma . Così come avevano riconfermato la disponibilità degli esperti regionali per il proseguimento della attività dei gruppi tecnici finalizzata alla revisione del decreto 81/08. Orbene, a fronte di queste disponibilità della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome si registra la mancata attivazione  da parte del Ministero del Lavoro dei tavoli ex art.5 "Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro", dell'art.6 "Commissione consultiva permanente  per la salute e la sicurezza sul lavoro" e per l'art.12 sull'istituto dell"Interpello". E' palese che con la mancata attivazione del tavolo previsto dall'art.5 si inibisce  il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza tra Stato e Regioni impedendo in tal modo la realizzazione di azioni congiunte. In modo analogo la mancata attivazione della Commissione di cui all'art.6 ostacola la definizione di criteri e modalità tramite i quali realizzare programmi concordati di prevenzione e promozione in ambito lavorativo. Per quanto riguarda poi  l'Istituto dell'Interpello siamo  al grottesco: la norma rischia, in breve tempo,  di venire reinterpretata e riscritta tramite una pioggia  "mirata" di interpelli cui risponde un dirigente del Ministero. Le tematiche riguardanti salute e sicurezza hanno una sede propria nella Commissione per gli interpelli  ex art.12 D.lgs 81/08 che non è  la Commissione ex.art.9 della Legge 124/04.  La reiterazione di risposte date dal Ministero a interpelli è di dubbia legittimità.
E' palese il malessere generato da questa gestione "creativa" delle norme da parte del Ministero che dovrebbe  attivare immediatamente la Commissione specifica competente.
D'altra parte il Ministro non ha fatto mistero delle sue opinioni in materia che cerchiamo di riassumere così: 1) il d.lgs 81/08 deve essere completamente riscritto con un intervento su diverse parti 2) secondo il ministro è necessario  togliere alle Regioni governo e governance del tema  della salute e sicurezza sul lavoro riportando la totale competenza  allo Stato centrale con la istituzione di una Agenzia centrale. 3) il ministro vuole  un ruolo più pesante degli Enti bilaterali  con l'assegnazione ad essi  di funzioni anche di certificazione e vigilanza. Un modello neocorporativo  che trasforma ad esempio i Rlst da rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza a tecnici dipendenti  dall'Ente bilaterale... con quello che ne consegue. Quindi, a parere di chi scrive,  non siamo di fronte a ritardi dovuti alla nota viscosità della burocrazia dello stato centrale: i ritardi, le mancate attivazioni sono parte integrante della strategia per svuotare il d.lgs 81/08 e fare spazio tra breve al  "nuovo" modello di Testo Unico voluto dal Ministro Sacconi, quello già bocciato dal Consiglio di Stato nel 2004. 
Gino Rubini Bologna 19 febbraio 2009  
fonte:.diario-prevenzione.it


la lettera che il Presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani ha inviato al ministro Sacconi si può consultare nella sezione prevenzione e sicurezza
S.

sabato 21 febbraio 2009

DIRITTI LAVORO SALARIO




L'aggravarsi della situazione economica spinge il nostro Paese verso una fase di recessione che non sarà di breve durata. Gli effetti della crisi, infatti, colpiscono tutto il sistema produttivo e dei servizi: aumenta la cassa integrazione; crolla la domanda; si riducono drasticamente gli investimenti.
Per questo si pone come priorità assoluta la difesa del lavoro e dell'occupazione.
Ci sarebbe bisogno di sostenere il reddito dei lavoratori e dei pensionati, sarebbe necessaria una politica degli investimenti capace di produrre una ripresa dell'economia e dell'occupazione.
Niente di tutto ciò.
Il Governo ha deciso di affrontare questa crisi impegnando poche risorse per gli ammortizzatori sociali, senza prevedere misure adeguate per i salari e le pensioni, senza alcun piano per ridare fiato all'economia e impulso allo sviluppo.
Anzi, vuole utilizzare gli effetti della crisi per colpire il mondo del lavoro e la sua rappresentanza. E' questo, infatti, il senso dell'accordo separato sul modello contrattuale che Governo e Confindustria hanno fortemente voluto.
Una scelta grave; essa divide il sindacato e il mondo del lavoro quando invece, tanto più in una crisi così grave e profonda, ci sarebbe stato bisogno di unire.
La CGIL non ha sottoscritto quell'Accordo perché:
■ indebolisce il contratto nazionale, programma salari inferiori all'inflazione e non prevede il recupero del loro potere di acquisto non estende la contrattazione di 2° livello alle aziende che oggi non la fanno e attribuisce ad essa la derogabilità dei diritti e delle normative del contratto nazionale
I c'è la manifesta volontà di limitare il diritto di sciopero. Un atto, questo, che mette in discussione un diritto fondamentale di libertà, sancito come uno dei principi proprio dalla nostra Carta Costituzionale.
Attraverso l'accordo del 22 gennaio si sceglie una scorciatoia illusoria: utilizzare la crisi per ridurre le tutele sociali, i diritti, il lavoro, la contrattazione.
Per imporre questa strada si vuole utilizzare la stessa divisione sindacale.
La CGIL intende battersi per una prospettiva diversa.
Bisogna strappare, in primo luogo, misure urgenti per contrastare la crisi perchè le decisioni del Governo sono largamente insufficienti.
C'è bisogno di ridurre il prelievo fiscale sul lavoro dipendente e di aumentare le pensioni. Ci vogliono ammortizzatori sociali anche per i lavoratori precari e investimenti per nuove politiche industriali e perle infrastrutture.
Inoltre, bisogna dare la parola alle lavoratrici e ai lavoratori. Decidere, infatti, sulla costituzione materiale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali spetta soltanto ad essi.
Per questo la CGIL ha promosso una grande campagna di assemblee in tutti i luoghi di lavoro: per discutere insieme sulle misure per contrastare la crisi e sugli effetti dell'Accordo separato.
Per questo la CGIL chiede ai lavoratori,mediante il voto segreto, di esprimere il loro
giudizio sull'Accordo separato: per noi sapere che cosa pensano i lavoratori è
importante.

Scalfari sul nuovo modello contrattuale ... e se lo dice lui ....


Dom, 25/01/2009 - 23:15
autore:
keoma

Eugenio Scalfari, che notoriamente non è mai stato un amico del sindacalismo antagonista ed in verità nemmeno troppo amico della Cgil, mentre invece è sempre stato giornalista sensibile alle sirene confindustriali, oggi in un articolo più ampio su "Repubblica" dà il seguente giudizio sulla vicenda.
Non credo serva aggiungere altro ....


"Nella stessa settimana del voto al Senato sul federalismo fiscale il governo aveva convocato le parti sociali e le Regioni per discutere le misure anticrisi.
Questo e solo questo era l’ordine del giorno per il meeting a Palazzo Chigi di venerdì 23 gennaio.
La discussione è durata pochi minuti. Infatti le misure anticrisi ruotavano soprattutto sul finanziamento degli ammortizzatori sociali (cioè sulla Cassa integrazione e altri analoghi istituti) che Tremonti vuole effettuare "senza oneri per il bilancio". Il solo modo per realizzare quell’obiettivo è di cercare i soldi necessari fuori dal bilancio, ma dove? Togliendoli alle Regioni e agli impieghi da esse previsti. Il "tesoretto" desiderato da Tremonti per finanziare gli ammortizzatori ammonta a 8 miliardi di euro da prelevare a carico dei fondi europei erogati alle Regioni per far fronte alla formazione dei lavoratori, che è un’altra forma di sostegno del reddito e di preparazione professionale.
Le Regioni presenti al meeting di venerdì hanno obiettato al ministro dell’Economia che non avrebbero accolto le sue richieste se prima egli non avesse indicato quali erano le risorse che lo Stato metterà sul tavolo da parte sua e tutto è stato rinviato a giovedì prossimo.
A questo punto Epifani si è alzato ritenendo che la riunione fosse terminata ma ha constatato con stupore che tutti gli altri rappresentanti delle parti sociali (sindacati, commercianti, banchieri, cooperative, Confindustria) restavano seduti. Ha chiesto se c’erano altre questioni da esaminare. "Visto che siamo qui tutti" ha risposto Gianni Letta "utilizziamo l’incontro per discutere la riforma contrattuale".
La signora Marcegaglia a quel punto ha distribuito un documento sulla contrattazione privata e il ministro Brunetta ha distribuito un altro documento sulla contrattazione del pubblico impiego. Epifani ha chiesto 24 ore di tempo per l’esame dei due testi, preliminare alla discussione che ne sarebbe seguita. Silenzio assoluto. "Debbo dedurre che i testi non sono emendabili?", ha domandato il segretario della Cgil. Ancora silenzio. A questo punto Epifani ha preso la via dell’uscio senza che alcuno lo trattenesse.
Mi spiace di non aver letto questo racconto sui giornali di ieri, eppure esso fa parte integrante dello "storico" incontro sulla riforma dei contratti ed è - diciamolo - abbastanza stupefacente.
Ma andiamo al merito di questa riforma che il maggior sindacato italiano non ha firmato.
E’ vero che essa diminuisce l’importanza del contratto nazionale e rivaluta il contratto di secondo livello agganciandolo alla produttività. Ed è vero (come ha ricordato Enrico Letta sul "Corriere della Sera" di ieri) che questa rivalutazione é suggerita dalle mutazioni dell’economia post-industriale ed era già stata proposta dal governo Prodi. Quante buone cose aveva avviato il governo Prodi, vengono fuori un po’ per volta e una ogni giorno; alla fine i suoi truci nemici di ieri gli faranno costruire un monumento in vita, magari a cavallo della sua bicicletta.
Basta. E’ anche vero che la riforma prevede un’inflazione al tasso adottato dalla contabilità dell’Eurostat al netto delle importazioni di beni energetici. Questo punto di riferimento è probabilmente migliore dell’inflazione programmata usata finora nei contratti. Ma qui cessano le virtù della riforma. Vediamone i difetti.
1. Riformare i contratti e agganciarli alla produttività in una fase di recessione, licenziamenti, diminuzione produttiva è come costruire caloriferi all’Equatore e frigoriferi ai Poli. Ma, si obietta, almeno la riforma sarà già pronta quando la crescita riprenderà.
2. L’accordo firmato venerdì non è un vero accordo sindacale e infatti si chiama "linee guida". Documento di indirizzo. Dopo la sua approvazione saranno discusse le linee guida di area e infine si arriverà ai contratti nazionali di categoria veri e propri. Diciamo che la costruzione è alquanto barocca, le linee guida sono più o meno un altro scatolone come la legge delega sul federalismo. Ma da dove viene l’urgenza?
3. L’urgenza viene dal fatto che Confindustria e sindacati (assente la Cgil) avevano stabilito il valore del "punto" retributivo al quale applicare il tasso d’inflazione Eurostat per determinare l’ammontare dei contratti di categoria. Il valore di quel "punto" è inferiore a quello attualmente vigente e sul quale sono stati costruiti i contratti fino a questo momento: inferiore di un 15 per cento nella migliore delle ipotesi. Non so se Enrico Letta fosse al corrente di questo piccolo dettaglio. Forse non guarderebbe con tanto ottimismo all’accordo di venerdì scorso.
In sostanza l’operazione prevede una piattaforma al ribasso dei contratti nazionali, da recuperare nei contratti di secondo livello che saranno stipulati azienda per azienda, con esplicita esclusione di contratti di "filiera" riguardanti aziende di analoga struttura e produzione.
Poiché il 95 per cento delle imprese italiane sono di piccolissime dimensioni, ciò significa che per una moltitudine di lavoratori il contratto di secondo livello non ci sarà mentre il contratto nazionale di base partirà con una decurtazione notevole.
E’ così che stanno le cose? Lo domando alla signora Marcegaglia e a Bonanni e Angeletti. Sarò lieto di essere smentito sulla base di fatti provati, ma se così è, a me sembra scandaloso. "
Eugenio Scalfari "La Repubblica" 25 Gennaio 2009


Abbiamo "scippato" questo post a keoma, ma non si poteva evidenziare meglio la questione.
Quando l'articolo di Scalfari e uscito a suo tempo, forse non ha avuto l'attenzione che meritava da parte dei lavoratori

venerdì 20 febbraio 2009

accordo separato = meno salario


Applicando l’accordo separato i salari perdono quasi   2 mila euro

Leggetevi lo  studio condotto dall'Ires-Cgil su "Salari e contrattazione-Modelli a confronto" illustrato alla stampa il 2 ottobre scorso. Da esso emerge che applicando l'ipotesi d'accordo avanzata da Confindustria  e accettata  come nuovo modello contrattuale,il salario di un lavoratore dipendente perderà cumulativamente, nei prossimi quattro anni, circa il 2,7% del suo valore, ossia 1.914 euro. A stabilire questo taglio sono le due richieste di Confindustria, accettate,nel documento firmato con CISL E UIL (PUNTO 2 AL 3°COMMA), di depurare dal tasso d'inflazione previsionale, il differenziale energetico importato, pari a circa un punto percentuale dell'inflazione e quella di partire da un valore economico del punto di inflazione alla base degli aumenti contrattuali, più basso di quello attuale.


Diversamente se i salari, pur se decurtati  del valore punto, fossero incrementati seguendo l'indice armonizzato europeo (Ipca) senza togliere  la voce energia dalla loro crescita, rimarrebbero in linea con l'inflazione effettiva aumentando del 3,6% nel 2008; del 3,2% nel 2009; del 2,8% nel 2010; del 2,3% nel 2011. Applicando l’accordo separato invece registreranno un aumento decisamente più contenuto:

 2,4% nel 2008, cioè l'1,2% in meno rispetto all'indice europeo; il 2,5 nel 2009, lo 0,7% in meno; il 2,2 nel 2010, lo 0,6% in meno; il 2,1 nel 2011, lo 0,2% in meno.

 E il trucco  nella proposta padronale di nuovo modello contrattuale, oggi la base di calcolo degli aumenti è definita contratto per contratto. 

L’accordo  prevede una base di calcolo unica calcolata  sulle retribuzioni più basse che, per molte categorie, vuol dire a parità di inflazione molto meno salario. Poi aggiungete che per effetto dell’ inflazione reale  i costi dell’ energia aumentano ecco che ci si troverò a pagare 2 volte.

Questo non è tutto,  Se si confronta il  nuovo modello con il Protocollo del 23 luglio 1993,  nella simulazione realizzata dall'Ires-Cgil, viene evidenziato  che per il periodo 2004-2008 il taglio (teorico) delle retribuzioni sarebbe stato del 2,3% pari a circa 1.357 euro cumulativi. Nel 2004, col modello vigente, i salari sono cresciuti del 2,8%, L’accordo separato  si sarebbero fermati al 2% nel 2005: al +3,1% ottenuto col protocollo sarebbe corrisposto un +1,8%. E così nel 2006, 2,8% contro il 2%, nel 2007, 2,3% contro il 2% e nel 2008, +3,4% contro il 2,4% dell’ accordo separato. Percentuali che tradotte in termini monetari equivarrebbero ad una perdita di salario di circa 1.032 euro per un metalmeccanico, di 1.465 per un lavoratore chimico e di 1.299 euro per un lavoratore del commercio.


Oltre  a questo l'Italia è all'ultimo posto tra i paesi sviluppati in termini di potere d'acquisto delle retribuzioni. Dal 2000 al 2006 esse sono cresciute del 17%, proprio come l'inflazione. Negli altri paesi industrializzati la crescita tra retribuzioni nominali e inflazione è sempre stata a favore delle prime, in molti casi anche in modo sostanzioso. 


Un altro dato importante riguarda la mancata restituzione del fiscal-drag che per il periodo 2002-2008 ha prodotto una perdita media di salario pari a 1.182 euro. Considerando solo il 2008, il drenaggio fiscale comporta un aumento del prelievo per i lavoratori dipendenti di 0,3 punti per chi è senza carichi e di 0,5 punti per chi ha moglie e figli a carico. Se fosse data la restituzione del fiscal-drag ammonterebbe a 3,6 miliardi di euro.


giovedì 19 febbraio 2009

NO AI DIRITTI NEGATI






La CGIL è impegnata dentro e fuori i luoghi di lavoro per contrastare e cambiare le politiche del
Governo e le posizioni di Confindustria su:

i temi della crisi economica e produttiva


 i contenuti dell’Accordo separato siglato il 22gennaio scorso.

L’Italia è attraversata da una pesante crisi.
Il nostro territorio è drammaticamente il più colpito:circa 50.000 persone sono tutti i mesi coinvolte dalla cassa integrazione; nel mese di gennaio 1.677 lavoratrici e lavoratori sono stati iscritti alle liste di mobilità (licenziati); circa 10.000 precari sono stati lasciati a casa; le assunzioni
(anche quelle precarie) sono calate del 15% negli ultimi 3 mesi; i/le migranti regolari perdono il
posto e rischiano l’espulsione. Oltre 2.000 personesono in attesa che il Governo sblocchi i fondi
per la CIG in deroga.

• Le decisioni concrete tardano a venire, così l’Italia rallenterà ulteriormente rispetto al resto
d’Europa dove si è già intervenuti con manovre economiche e scelte industriali;

• Con mesi di ritardo, e solo grazie alle nostre mobilitazioni, il Governo ha finalmente riconosciuto
l’esigenza di ammortizzatori sociali per i precari e per i settori che ne sono privi. Le procedure sono difficili e lunghe. Il Governo deve dare SUBITO la sua parte di risorse perché in tutti i territori migliaia di persone da mesi non ricevono nessun sostegno al reddito.
La cassa integrazione si prolungherà nel tempo ed aumenterà: chiediamo che venga aumentato
da subito il tetto che riduce a 750 euro la retribuzione netta mensile, una cifra troppo bassa che non consente di vivere. SERVE un provvedimento anche per i lavoratori precari pubblici che non hanno nessuna tutela.
• Le misure per il sostegno al reddito sono inadeguate o episodiche, come il bonus alle famiglie,
la social card che continua a dimostrare i limiti di diffusione e di utilizzo, mentre i tagliagli Enti Locali, alla sanità, all’assistenza pesano sulle famiglie e riducono il ruolo e lavoro pubblico.

Per la CGIL sono invece indispensabili, da subito, risposte per tutti i settori attraversati dalla crisi, il rilancio degli investimenti nelle infrastrutture, una politica per la crescita dei redditi da lavoro e delle pensioni.

Il 22 gennaio scorso, a Palazzo Chigi, il Governo ha scelto di non dare risposte alla crisi e di forzare per raggiungere un Accordo separato sugli assetti contrattuali. La CGIL ha detto no a quell’Accordo perché, tra l’altro:
• non tutela i salari;
• indebolisce la contrattazione, a partire dalle deroghe che peggioreranno i contratti nazionali e dalla limitazione dell’autonomia contrattuale delle categorie;
• limita arbitrariamente il diritto di sciopero, attraverso una misurazione della rappresentatività noncondivisibile.

Di conseguenza, la CGIL:
• chiede ai lavoratori e ai pensionati di esprimersi con un voto sull’operato del Governo e delle
parti sociali.
• conferma la mobilitazione a sostegno di scelte diverse per affrontare la crisi e contro l’Accordo
separato e convoca:

LA MARCIA per il LAVORO e per la DIFESA del CONTRATTO

sabato 28 febbraio 2009-ore 9.30 in piazza Vittorio Veneto
corteo e comizio in Piazza Castello

venerdì 13 febbraio 2009

MILLEPROROGHE:MARCIA INDIETRO DEL GOVERNO SU RLS






E’ stato cancellato dal dl milleproroghe l’emendamento leghista che cancellava i rappresentanti per la sicurezza nelle aziende sotto i 15 dipendenti. Pd: risultato importante, ora garantire l’applicazione del Testo Unico



L’Aula del Senato ha approvato la fiducia al governo sul maxiemendamento al decreto legge ‘milleproroghe’ con 162 sì, 126 no e nessun astenuto. Il testo, che scade il primo marzo, passerà adesso all’esame della Camera per la seconda lettura. Tra le novità dell’ultima ora introdotte dal governo, la liquidazione di Scip (la società veicolo per la cartolarizzazione degli immobili dello Stato), nuove misure sull’editoria, una stretta sugli autonoleggiatori e anche lo slittamento del divieto degli arbitrati sugli appalti pubblici. Non ci sono invece, gli incentivi su auto, moto ed elettrodomestici. Tante anche le micromisure approvate: come noto, infatti, il decreto di proroga è considerata l’ultima chance dell’anno per i parlamentari per cercare di far passare le proprie proposte.

RLS SALVI. È saltato l’emendamento leghista che prevedeva l’abolizione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) nelle aziende al di sotto dei 15 dipendenti. “È un primo importante risultato dell’opposizione, ma la nostra iniziativa deve continuare per garantire la piena e totale applicazione del Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, sottolineano Cesare Damiano, viceministro del Lavoro del governo ombra, e il senatore del Pd Paolo Nerozzi.

TESTO UNICO, ANCORA PROROGHE
. Molte norme del Testo Unico per la sicurezza sul lavoro (approvato dal governo Prodi ad aprile 2008), però, sono state rimandate. In particolare l’esecutivo proroga di un ulteriore anno (portandolo così a 24 mesi) il termine ultimo per emanare i decreti necessari a regolare le attività a bordo delle navi, in ambito portuale e per il settore delle navi da pesca, e anche per l’armonizzazione delle disposizioni tecniche in tema di trasporto ferroviario e di alcuni comparti del pubblico impiego. Senza dimenticare che lo stesso dl milleproroghe già conteneva una serie di rinvii riguardo all’applicazione delle misure sulla sicurezza nella sua versione licenziata dal Consiglio dei ministri a fine dicembre (vedi qui). 


fonte: rassegna.it

giovedì 12 febbraio 2009

CASSA INTEGRAZIONE E PERMESSI LEGGE 104/92




CASSA INTEGRAZIONE E PERMESSI LEGGE 104/92

 

Riceviamo spesso quesiti in merito al diritto dei lavoratori che sono messi in cassa integrazione, per un periodo più o meno lungo, di avvalersi dei permessi di cui alla legge 104/92 (3 giorni di permesso retribuito ogni mese) per assistere un parente disabile o per sé stessi (nel caso di lavoratore disabile) durante il periodo di sospensione dell’attività lavorativa.

 

Abbiamo chiesto un parere alla consulenza legale nazionale la quale ritiene che la legge 104 vada interpretata nel senso che il lavoratore in sospensione del rapporto di lavoro (per cig, per ferie, ecc.) non ha diritto alla fruizione dei permessi durante tale periodo di sospensione.

 

Infatti, la legge 104 ha istituito specifici permessi -retribuiti al 100%- che permettono al lavoratore, impegnato in attività lavorativa e quindi impossibilitato ad assistere il parente disabile, di fruire ogni mese di 3 giorni per tale assistenza oppure per sé stesso se disabile.

 

Ma se il lavoratore é già assente dal lavoro (perché in cassa integrazione, perché in ferie, ecc.) non vi é motivo per cui il permesso della legge 104 diventi "attivo"; cioè non vi è attività lavorativa ostativa alla possibilità del lavoratore di realizzare, ad esempio, il suo impegno di assistenza nei confronti del familiare in questione.

 

Anche in un periodo economicamente difficile per tante lavoratrici e tanti lavoratori,  questa norma, importante, utile e preziosa per molte famiglie, va utilizzata correttamente, cioè nel solco indicato nel 1992 dal Legislatore. Altrimenti si corre il rischio di dare il destro ad un suo stravolgimento legislativo che potrebbe rendere molto difficoltoso, se non impossibile, lo svolgimento dell'assistenza ai familiari disabili da parte dei lavoratori che ne hanno diritto.

 

         Lo stesso Inps, in diverse situazioni, ha esplicitato la propria posizione in merito, e cioè “con  riferimento  ai  permessi  di  cui  all’art.  33  L. 104/1992,  occorre  precisare  che, nel caso di lavoratori sospesi in CIGS, viene meno la  ratio  del permesso, mancando la stessa attività lavorativa. Per quanto riguarda  i  lavoratori ad orario ridotto, i diritti ai permessi maturano in  proporzione  alle  ore  di lavoro prestate, per il cui calcolo si rimanda alla  Circolare  n. 133 del 17 luglio 2000.”

            Pertanto, alla luce di quanto suesposto valgono le seguenti indicazioni:

        

a) lavoratore in cig a zero ore, quindi non impegnato in attività lavorativa nel mese: non ha diritto al permesso che gli permette di assentarsi dal posto di lavoro per assistere il parente disabile poiché già costretto ad un periodo di non-lavoro

 

b) il lavoratore in cig con orario ridotto: in questo caso il diritto ai permessi della legge 104 è attivo ma è necessario riproporzionare il numero dei giorni di permesso spettanti al lavoratore con lo stesso criterio usato per il part-time verticale.

 

         Tale calcolo è illustrato nella circolare n. 133/00 dell’Inps. E’ necessario effettuare la seguente proporzione  x : a = b : c , dove a= n° dei gg di effettivo lavoro; b=n° dei giorni di permesso teorici (cioè 3); c= n° dei giorni lavorativi nel mese).

         Ad esempio: se il lavoratore lavora 10 giorni nel mese su un totale di 27 giorni lavorativi, il calcolo è il seguente :

                            x : 10 = 3 : 27

                            x = 30 : 27

                            x = 1,11 cioè 1 giorno (si arrotonda all’unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore).

         Questo lavoratore ha diritto, nel mese considerato, ad un giorno di permesso retribuito.

fonte : INCA

CIG E ALTRI ISTITUTI CONTRATTUALI






Rapporti della CIG ordinaria con altri istituti e diritti facenti capo al rapporto di lavoro CIG e mensilità aggiuntive: se l’80% della retribuzione del lavoratore interessato è inferiore al massimale, l’INPS deve corrispondere le quote di 13a e 14a per le ore di CIG autorizzate, fino a concorrenza del massimale stesso. Il datore di lavoro non ha l’obbligo di integrare al 100% quanto corrisposto dall’INPS. Per le ore di prestazione lavorativa sarà invece il datore di lavoro a dover corrispondere le quote di mensilità aggiuntive. CIG e ferie: le ferie sono dovute in caso di CIG ad orario ridotto; non sono dovute in presenza di CIG a zero ore.CIG e festività: per i lavoratori retribuiti in misura fissa (mensilizzati) le festività cadenti nel periodo di CIG sono a carico dell'INPS. Per lavoratori non mensilizzati, pagati ad ore, il 25 aprile ed il 1° maggio sono a carico del datore di lavoro e non sono integrabili. Tutte le altre festività sono a carico dell'INPS quando cadono dopo i primi 15 giorni di sospensione, mentre restano a carico del datore di lavoro se cadono nei primi giorni della sospensione di attività. Nel caso di sospensione con parziale svolgimento di attività sono a carico del datore di lavoro.CIG e TFR: il TFR rimane a carico dell’azienda e deve essere calcolato come se ci fosse normale prestazione lavorativa sul 100% della retribuzione corrente.CIG e anzianità di servizio: durante la CIG decorre la normale anzianità di lavoro con effetti sugli istituti che vi sono collegati, come ad esempio gli scatti di anzianità.CIG e Assemblea sindacale: i lavoratori sospesi hanno diritto di partecipare alle assemblee in azienda in quanto, anche se sospesi, mantengono inalterati i diritti sindacali. Se l’assemblea è fissata in orario di lavoro le ore sono a carico del datore di lavoro secondo le regole contrattuali; se l’assemblea è fissata fuori dell’orario di lavoro, il lavoratore mantiene la integrazione salariale.CIG e infortunio: il lavoratore ha diritto all'indennità temporanea INAIL in misura intera. Il datore di lavoro deve integrare quanto corrisposto dall’INAIL fino a raggiungere il trattamento di CIG ovvero può integrare la indennità INAIL fino al raggiungimento del 100% della retribuzione.CIG e malattia: il lavoratore ha diritto alla indennità di malattia INPS, sia quando la malattia sia iniziata prima della CIG che durante la CIG. Il datore di lavoro ha l’obbligo di integrare la retribuzione fino al raggiungimento del trattamento CIG (secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza).CIG e maternità: in linea generale le lavoratrici madri non possono essere sospese (1), salvo che la CIG riguardi l’intera azienda o il reparto a cui è adibita la lavoratrice stessa. Le lavoratrici in astensione obbligatoria hanno diritto alla indennità INPS sia nel caso in cui l’astensione sia iniziata prima della CIG, sia nel caso in cui sia iniziata durante la CIG. Al termine dell’astensione obbligatoria la lavoratrice può optare per il rientro in azienda e non chiedere la facoltativa: in questo caso se nel suo reparto o nell’azienda è ancora in corso la sospensione dell’attività, alla lavoratrice spetterà il trattamento CIG corrispondente.CIG e congedo matrimoniale: i lavoratori in CIG hanno diritto al congedo matrimoniale con le modalità previste dalla legge; per gli impiegati il trattamento è a carico del datore di lavoro, per gli operai 7 giorni sono a carico dell’INPS mentre 8 giorni sono a carico del datore di lavoro.CIG e donazione sangue: i lavoratori in CIG hanno diritto all'Indennità INPS per il giorno della donazione. Tale indennità viene anticipata dal datore di lavoro.CIG e possibilità di altro lavoro: per il lavoratore cassaintegrato è possibile svolgere altra attività lavorativa (2), sia di tipo subordinato che autonomo, purché si tratti di lavori di breve durata (3), a tempo determinato nel caso di lavoro subordinato, o che abbiano il carattere dell'occasionalità nel caso del lavoro autonomo. E’ necessario che il lavoratore dia preventiva o contestuale comunicazione all’INPS dell’inizio del lavoro, in forma scritta. La mancata comunicazione fa perdere al lavoratore il diritto all’intero trattamento di CIG.E’ comunque vietato cumulare trattamento CIG e retribuzione.