martedì 31 marzo 2009

Berlusconi e la crisi


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Numeri preoccupanti: 20 milioni di posti di lavoro in meno entro il 2010


CI VEDIAMO A ROMA







POCHI GIORNI AL 4 APRILE: CI VEDIAMO A ROMA!

Ancora pochi giorni e sarà 4 aprile: il giorno della grande manifestazione nazionale promossa dalla CGIL a Roma. Il popolo della CGIL sfilerà dietro lo slogan scelto ‘FUTURO SI’ INDIETRO NO’. Parole che sottolineano la voglia e l’impegno nel guardare avanti per ricostruire il paese attraverso e dopo la crisi, lo slogan di chi non intende rassegnarsi. Parole che sottolineano come non sia possibile tornare indietro sui temi che riguardano la Costituzione e i diritti acquisiti. Un messaggio evocativo che rimarca la necessità di un futuro che abbia dentro di sé i valori essenziali dettati dai diritti conquistati e dalla coesione sociale costruita in questi anni. Questa è la sfida vera del 4 aprile: legare le conquiste del passato alle rivendicazioni del futuro. Una sfida che segna un primo passaggio importante con la straordinaria prova di democrazia che è giunta in queste settimane dai lavoratori. Il referendum sul sistema contrattuale ha dato un risultato di grandissimo valore in sé e per la situazione in cui è maturato. Circa 3 milioni e 650 mila persone hanno deciso di votare al referendum proposto dalla Cgil sull’accordo separato, più di 3 milioni e 400 mila hanno decisodi bocciarlo. Si tratta di una straordinaria prova di democrazia. Una manifestazione di come la gente voglia in prima persona esprimersi, sentirsi ed essere protagonista del suo futuro: così come emerge dall’impressionante mole di assemblee svolte in queste settimane. Ancora una volta i lavoratori hanno dimostrato come la partecipazione democratica è un valore che va tutelato, perseguito e consegnato al paese che verrà. Ma se al contrario la crisi fosse usata
come la chiave per ridurre i diritti, il rischio vero è perderli definitivamente. Insomma, vale la pena esserci il 4 aprile.

Ci vediamo a Roma!

lunedì 30 marzo 2009

Contratti: al voto in 3,6 milioni Accordo separato bocciato dal 96%


Elevatissima la partecipazione alla consultazione promossa dalla sola Cgil

sulla riforma contrattuale firmata da Cisl e Uil, nonostante il no di Corso Italia

I votanti corrispondo al 71% dei partecipanti al voto sul welfare nel 2007
In quell'occasione i promotori erano state tutte e tre le confederazioni


ROMA - Oltre 3,4 milioni di lavoratori e pensionati, la schiacchiante maggioranza di 3,6 milioni di votanti, hanno bocciato l'accordo separato del 22 gennaio sulla riforma del modello contrattuale, non sottoscritto dalla Cgil. Il 96,27% ha bocciato la riforma. Sono i dati resi noti dalla Cgil, nel corso di una conferenza stampa. La consultazione era stata promossa dalla sola Cgil, dopo che, sempre a gennaio, Cisl e Uil si erano rifiutate di avviarla. 

Confrontando i risultati con la consultazione unitaria promossa da Cgil, Cisl e Uil nel 2007 sul protocollo sul welfare, si tratta del 71% di quanti parteciparono a quel voto. "Complessivamente la Cgil da sola porta al voto oltre i 2/3 dei votanti del 2007. E' un risultato assolutamente straordinario" ha commentato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, sottolineando che "questo voto rafforza la posizione assunta" dalla Confederazione di Corso d'Italia. 

"Inoltre la Cgil - si legge nel comunicato pubblicato sul sito del sindacato - ha portato al voto una quota molto alta di non iscritti che, con la loro partecipazione, hanno rafforzato le ragioni della democrazia nel rapporto con i lavoratori. Tutto ciò rappresenta un valore aggiunto rilevantissimo e mette a disposizione un risultato che dovrebbe consigliare attente riflessioni a più di una forza sociale, alle nostre controparti e al governo". 

"Non condividiamo l'accordo e non condivideremo gli accordi settoriali che si muoveranno su quello", ha concluso Epifani: "Andiamo avanti con piattaforme separate". 

FONTE:LA REPUBBLICA.IT

Epifani SU DATO REFERENDUM



Epifani, esito referendum è dato straordinario
30/03/2009 “Un risultato clamoroso che dovrebbe far riflettere”

I dati della consultazione sull’accordo separato per il rinnovo del modello contrattuale “sono straordinari”. Così il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, ha definito i risultati diffusi oggi dal sindacato al termine della consultazione promossa dalla sola CGIL sull’accordo del 22 gennaio scorso, siglato a Palazzo Chigi senza il via libera della confederazione di Corso d’Italia, e per illustrare le proposte anti crisi. “E’ un risultato clamoroso - ha aggiunto Epifani - perché dimostra che ha partecipato più gente di quella iscritta alla CGIL, lavoratori non iscritti o iscritti ad altre organizzazioni. Va oltre la nostra rappresentatività. E’ un dato che ha un peso politico alto ed è un voto che dovrebbe far riflettere e dovrebbe far pensare”.
 
Il numero uno della CGIL ha spiegato che in cinque settimane sono state intercettate anche fabbriche chiuse o lavoratori che erano sottoposti a turni di lavoro a causa della crisi economica. Le previsioni della CGIL erano di non più di 2 milioni e 800mila votanti, mentre a votare sono stati in 3.643.836. Per Epifani, quindi, questo voto “rafforza il nostro no a quel contratto che riduce gli spazi di contrattazione collettiva a partire non solo dalla questione salariale”. Infatti, ha spiegato, “dietro le nostre parole ci sono milioni di lavoratori che condividono la nostra impostazione. Noi non condividiamo quell'accordo e diremo no a tutti gli altri accordi settoriali che riducono gli spazi per la contrattazione”.
 
Il segretario generale della CGIL ha poi sottolineato che il voto dimostra che “la democrazia va usata in maniera più accorta per tutti e non solo quando conviene: puoi vincere e perdere è la regola della democrazia e non esiste regola democratica solo quando sei sicuro di vincere. Non si può esaltare il voto di una fabbrica e usare la democrazia solo quando conviene”. Per questo Epifani ha sottolineato che sarà posto il problema delle regole democratiche “perché vorremmo che si voti anche quando ci sono accordi nazionali di carattere generale e non solo aziendali. Il voto dei lavoratori deve essere considerato dirimenti”. 
 
La straordinaria partecipazione dei lavoratori al voto sul modello che modifica gli assetti contrattuali dimostra, per Epifani, che “le persone hanno voglia di partecipare, di dire la loro. Non dare risposte a questa impoverisce la rappresentatività”. Per il leader CGIL, infine, “il voto non deve essere considerato una leva contro gli altri e noi non vogliamo farlo, ma il ricorso a una modalità di validazione degli accordi che chiami in ultima istanza il lavoratore con cui potremmo affrontare diversamente anche le divisioni tra di noi, anche per non perdere tempo ed evitare che le posizioni si cristallizzino”.



CGIL:ASSEMBLEE SU ACCORDO SEPARATO





Su crisi e accordo separato 59.377 assemblee organizzate dalla sola CGIL. Una straordinaria prova di democrazia
Le quasi 8.000 assemblee in più, che la CGIL organizza, rispetto alla consultazione unitaria sul Protocollo relativo al Welfare del 2007, sono la testimonianza di un impegno senza precedenti e di uno straordinario bisogno di conoscere e discutere da parte di lavoratori, pensionati e precari.
30/03/2009

CONTINUA SU....http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=11412


Allegati:
 consultazione 2009 -assemblee.pdf

REFERENDUM ACCORDO SEPARATO






Accordo separato sul modello contrattuale: ben oltre tre milioni di persone votano alla consultazione promossa dalla CGIL. Il 96% boccia sonoramente un accordo sbagliato
Tantissimi lavoratori, pensionati, giovani hanno partecipato al voto. In proporzione ha votato una quantità di persone maggiore che in occasione di altre consultazioni promosse unitariamente. Praticare la democrazia è una scelta che risulta fortemente condivisa. L’accordo separato sul modello contrattuale raccoglie una massa enorme di giudizi negativi
30/03/2009

CONTINUA SU...http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=11413

Allegati:
 consultazione 2009 - il voto.pdf

domenica 29 marzo 2009

CGIL, la sfida del Circo Massimo. Sul palco precari e medici




29/03/2009 Il segretario generale della CGIL parla della manifestazione del 4 Aprile e dei rapporti con gli altri sindacati

Le divisioni sindacali e le strategie del governo. I rapporti con il Pd e il ruolo del lavoro nella politica. Ma soprattutto le scelte della CGIL che sabato prossimo sarà in piazza, al Circo Massimo, per una grande manifestazione. Lo slogan «Futuro sì, indietro no». Il segretario Guglielmo Epifani, ospite de L’Unità, risponde alle domande della redazione e dei lettoriIl segretario generale della CGIL parla della manifestazione del 4 aprile, dei rapporti con gli altri sindacati e l’attacco del governo. L’attore Favino leggerà brani di Di Vittorio. La «regia» della giornata di Massimo Wertmuller che nello sceneggiato era Togliatti. 



La CGIL è sotto attacco, è accusata di essere una forza politica, di non partecipare alle trattative ma di godere poi dei risultati. Accuse ripetute dal ministro Renato Brunetta. La risposta? 
«Non si considerano mai le posizioni della CGIL per quelle che sono e si usano altri argomenti: si dice che facciamo opposizione di tipo politico, che seguiamo vecchie ideologie, ci accusano di conservatorismo. Luoghi comuni. E quasi sempre si rifugge dal merito. Ieri (venerdì, ndr) Sacconi ha detto che la CGIL muoveva critiche al nuovo Testo unico sulla sicurezza senza averlo letto. La cosa buffa è che tutti si sono espressi subito, la Confindustria ha fatto una nota di tre pagine ma, guarda caso, Sacconi ha parlato solo di noi. Eppure avevamo detto, già in passato, che è un errore cambiare un testo che neanche è in vigore e che conveniva applicarlo e fare una verifica dopo due anni per eventuali correzioni».

A prescindere dal merito, dice. Come può essere?
«Mi sto convincendo che in realtà dia fastidio l’autonomia di giudizio della CGIL, che dia fastidio tutto quello che non corrisponde ai modi di dire e di fare del governo. Un governo che ha una grande capacità di comunicazione e fa passare posizioni che spesso non corrispondono al vero. Sacconi ha detto che sono aumentate le sanzioni rispetto alla legge 626, dimenticando di dire che sono diminuite rispetto all’ultima legge. E fa così per tutto il resto. Le accuse non sono solo per noi: quando Emma Marcegaglia ha reclamato soldi veri che fino a quel momento avevano visto solo le banche, o quando Confindustria ha fatto previsioni fosche sul Pil, sono piovute accuse di catastrofismo. È un governo che dà una rappresentazione non veritiera della realtà e su di essa costruisce risposte per coloro che hanno punto di vista diversi. Questa è la nostra battaglia democratica: tenere aperta la possibilità di avere un punto di vista diverso».

Il governo ha la capacità di attrarre a sé Cisl e Uil e di isolare la CGIL, segue la strategia della divisione. Quali pericoli porta questo isolamento?
«Riguardano l’efficacia dell’azione sindacale, il sindacato unitario è più efficace. Se sul Testo unico avessimo tutti detto le stesse cose, oppure sul fisco, il governo avrebbe avuto più difficoltà. Il governo punta sistematicamente a dividere, e Cisl e Uil hanno un po’ perso la capacità di tenere il filo della coerenza con le rivendicazioni unitarie. Questo comporta la frantumazione dell’azione con il rischio che il sindacato produca meno risultati». 

Si può recuperare, e come, un rapporto unitario? 
«È complicato perché i dissensi sono veri. E, dove non ci sono, noi sosteniamo le proposte unitarie e gli altri non sempre lo fanno. Siamo sempre stati d’accordo nel chiedere meno fisco per il lavoro dipendente o la lotta all’evasione, eppure non diventano campagne unitarie».

Perché si è arrivati a questo punto? 
«È come se Cisl e Uil avvertissero - e capisco anche il ragionamento - che questo è un governo forte, da non sfidare a una battaglia a fronte aperto ma soltanto condizionare di volta in volta. A mio avviso dobbiamo invece tenere ferme le nostre linee e, come fa un sindacato fare negoziati, compromessi, arrivare o meno agli accordi. Ma questo oggi manca: il governo non apre mai tavoli di confronto. Non lo fa con le Regioni e i Comuni se non è costretto, e non lo fa con noi, non ha aperto una sola discussione. Neanche sulla crisi. Quando Fini propone gli stati generali sull’economia, riconosce che una sede di confronto sulla crisi non c’è mai stata. Il governo di volta in volta si sceglie gli interlocutori e non dialoga, cerca di convincerli della bontà delle sue scelte».

Come sono i rapporti con il Pd? Qualcuno ha detto che il Pd soffriva dell’azione politica più netta della CGIL e che questa sofferenza si sia tradotta in qualche attrito. La nuova fase le sembra diversa?
«Il Pd a mio avviso è ancora in divenire. Formalmente è un partito ma nella sostanza è ancora un cantiere aperto, lo dimostrano i problemi nel tesseramento e che a livello locale le radici sono molto differenziate. Le stesse regole con cui è stato costruito andrebbero semplificate».

Un esempio?
«L’uso delle primarie. Se servono a far correre un assessore contro il sindaco -al primo mandato- che l’ha nominato, non sono più uno strumento democratico per far pesare la società civile, ma servono alla nomenclatura se divisa. È un assurdo. Dopo la sconfitta elettorale il Pd era diviso tra il bisogno, logico, di dialogo sulle grandi riforme, e quello di fare un’opposizione più netta. Da qui una fase di indeterminazione e, di fronte a una CGIL che ha fatto scelte di merito e dato battaglia, qualche problema si è creato». 

Anche oggi o è cambiato qualcosa?
«Oggi vedo più sintonia sul merito, talvolta le posizioni sembrano coordinate ma non è così. Noi poniamo il problema della casa e degli affitti e lo stesso fa Pd, ci si arriva autonomamente, ma su tante questioni si fanno battaglie comuni. Ho visto il giudizio sul Testo unico, le comuni preoccupazioni sul piano casa, comune è la critica al governo che affronta la crisi senza una politica industriale. L’opposizione che sta facendo il Pd nel Paese e nel Parlamento è a tratti molto simile all’iniziativa della CGIL. È un bene, perché su grandi questioni come queste la CGIL non può stare in campo da sola, la CGIL non può che restare un soggetto sindacale e le battaglie politiche spetta alla politica farle».

Lei ha origini socialiste, oggi ci sono socialisti che rivendicano un po’ dappertutto la loro origine. Ieri Berlusconi ha parlato lungamente dell’amico Craxi. Qual è stato il suo percorso?. 
«Mi sono iscritto alla federazione dei giovani socialisti a venti anni, ho fatto due, tre anni, di attività e sono passato in CGIL. Coglievo troppa differenza tra la concretezza del lavoro sindacale e il modo di far politica. Allora in CGIL c’erano le correnti, ho lavorato in quella socialista, poi le abbiamo superate, ma mantengo l’ispirazione che viene dalla mia storia: la laicità, un’idea riformistica dell’acquisizione dei risultati, il rispetto dell’avversario, sempre. E se vedo che c’è chi continua a professarsi socialista e si schiera nel centrodestra penso che c’è qualcosa che non va. Penso a Brunetta che non celebra il 25 aprile perché è “dei comunisti”. Come fa un socialista a dirlo? Penso a cosa significava il 25 aprile per Pietro Nenni, Carlo Lombardi, Sandro Pertini, per lo stesso Craxi il cui padre è stato prefetto della liberazione a Como. I socialisti si rivoltano nella tomba».

Gli altri sono tutti precipitati nel gorgo degli anni 80?
«Sì ma questo non giustifica il tornare indietro da scelte di valore fondamentali: la democrazia, l’antifascismo, la Costituzione. Sono valori che appartengono alla grande tradizione socialista, comunista, democristiana, e sono i valori della Repubblica».

Ma in quegli anni si sono radicati anche rancori personali che poi si sono fatti politica. Si sente parlare con tanta acrimonia di anticomunismo da persone che erano adulte negli anno Settanta o Ottanta.
«Siamo l’unico Paese in cui ancora si parla, l’ha fatto ancora il premier, di anticomunismo. Non ne parla più nessuno, non c’è più il tema. Si evoca il fantasma dell'anticomunismo quando non c’è il comunismo e si ipotizza l’idea di un comunismo sopravvissuto a se stesso. È un’idea molto materialistica della storia». 

Ma perché? Cosa vuole suscitare?
«Nella sua idea c’è la rinascita di una grande democrazia cristiana “moderna”, quindi è come se se rievocasse lo schema del ‘48. Ma la Dc aveva voluto la Costituzione, poi c’è stata una battaglia politica, ma è stato un partito della Repubblica». 

Torniamo al lavoro, riportato drammaticamente al centro dalla crisi. Negli ultimi anni la sinistra, il centrosinistra, il Pd non lo hanno un po’ dimenticato? Si pensi alla candidatura di molti imprenditori...
«Si è passati da un estremo all’altro. Fino a 20, 25 anni fa i partiti erano molto presenti nei luoghi di lavoro, avevano radici, orientavano, sentivano. Poi l’opposto, non si sono più occupati, se non indirettamente, delle questioni del lavoro. Anche se non vale per tutti: la Lega nord è molto attenta, quando ha fatto cadere il primo governo Berlusconi sulle pensioni pensava alla propria base. E quando oggi Bossi sulle pensioni dice di andarci cauti, ha in mente l’operaio del Nord. C’è questo bisogno, anche per il Pd. Naturalmente non si può più immaginare che solo l’identità del lavoro fondi una forza politica, ma neanche che fondino un’identità tutti i soggetti e al mondo del lavoro non viene riconosciuto il suo ruolo. Credo che questo sia stato il figlio della sbornia che Tremonti chiama “mercatista”, cioè dell’idea che il mercato era fine e strumento. Ma oggi, dopo gli eccessi della speculazione, il lavoro dovrebbe tornare ad essere un riferimento nel Pd. Non può essere solo la CGIL a fare rappresentanza sociale, c’è bisogno di sponde nelle istituzioni. Se con le elezioni dovesse esserci un arretramento del centrosinistra nelle amministrazioni, verrebbe a mancare al sindacato un importante interlocutore».

Per la CGIL l’obiettivo resta il lavoro stabile o si accontenta della flessibilità senza precarietà come dato strutturale di un’economia moderna?
«In un sistema di mercato aperto a una competizione fatta di produzione di qualità è evidente che una stabilità della prospettiva del lavoro è condizione necessaria. Poi è vero che ci sono esigenze di flessibilità che vanno riconosciute. Quello che non si può fare è scaricare tutto sul precario e va fatta attenzione a non creare un mercato di lavoro doppio, con chi ha garanzie e chi non le ha».

Continuerete a difendere il contratto nazionale sfidando l’accusa di conservatorismo?
«Lo facciamo perché è quello che garantisce un riferimento universale sul salario e sulle norme. Resto dell’opinione che siccome la flessibilità interna ai settori è oggi più forte che nel passato, si possono avere griglie normative via via più ampie, da riempire. Ma nel modello che non abbiamo condiviso non c’è questo: c’è meno contrattazione in entrambi i livelli. Perché si pensa che il sindacato, che contratta, sia un intralcio».

Rapporto con il Pd. Alberto da Brescia le dice: “Credimi, nelle fabbriche i rapporti sono difficili”.
«Lo so. Il problema non è avvicinare i vertici, ma avvicinare le basi. Bisogna rovesciare lo schema, è dal basso che devi ricostruire una modalità di ascolto nella società e nel mondo del lavoro. Io lo dico sempre anche per la CGIL: partire dal basso, tanto più con una crisi come questa, ricostruire le radici dal basso perché la forza della CGIL è sempre stata questa, non la legittimazione che altri ti hanno dato. Se tu rappresenti, se tu capisci il nuovo, i cambiamenti produttivi, se con la fatica ti sporchi le mani, se sei presenti tra le persone che hanno problemi, allora sì che acquisti autorevolezza».

Mimmo da Salerno: “Bisogna che si modifichino le regole delle elezioni delle Rsu e allora sai quanti delegati?. Ma la Cisl blocca le elezioni”. 
«È la nostra sfida. Noi vogliamo più democrazia. La Piaggio dell’altro giorno è un esempio: due posizioni diverse, i lavoratori hanno deciso. Così bisogna fare per gli accordi inter-confederali e per i grandi accordi. Ma non lo dico per usare la leva democratica contro gli altri perché, come si è visto, puoi vincere e puoi anche perdere. L’unica cosa che non va bene e che voti solo quando sei sicuro di vincere, non va bene come idea democratica».

Ritorno al Circo Massimo. Qual è la differenza con il 2002? Lì c’era la difesa dell’articolo 18 ora sembra che manchi uno slogan unificante. 
«Nel 2002 le tre differenze con oggi erano che il governo ci attaccò sull’articolo 18 e anche sul “Patto per l’Italia” firmato da tutti tranne che da noi. L’articolo 18 fu il simbolo, l’idea unificante. La seconda differenza è che il quadro politico è cambiato: lì c’era un governo in difficoltà e un’opposizione molto forte che immaginava di poter concorrere a governare di nuovo. La terza differenza è che non c’erano le fabbriche chiuse, non c’era la paura del futuro. Questo era il 2002. Oggi siamo in una situazione in cui il governo è molto forte e l’opposizione è molto debole, c’è una crisi che riguarda i lavoratori delle fabbriche e le decine di migliaia di precari dalla Pubblica amministrazione che andranno a casa a giugno e quelli della scuola che non saranno confermati a settembre. In più il governo ti attacca in maniera più intelligente, non toccando i temi apparentemente più simbolici (non a caso dice: sulle pensioni non faccio niente), ma poi ti attacca sul Testo unico sulla sicurezza, sul fatto che non dà più restituzione fiscale ai lavoratori, sulla cassa integrazione, sulla politica industriale. Quindi abbiamo più di una questione e per questo abbiamo fatto lo slogan “Futuro sì, indietro no”, perché la CGIL vuole guardare avanti, su come ricostruire un paese dopo la crisi. “Indietro no” vuole dire tante cose: indietro no sui temi della Costituzione, sul tema dei diritti, sul tema di pensare ai lavoratori per ultimi. Vogliamo guardare avanti, ma per portare in questa idea di paese quei valori essenziali dei diritti e della coesione sociale. Questa è la sfida vera del 4 aprile».

Quale partecipazione si aspetta?
«Devo dire che girando il paese il sentimento di dire “Ci vediamo a Roma” sta diventando molto molto serio. La gente vuole partecipare in prima persona a far capire che bisogna contrastare la crisi in un altro modo. Ci sono valori come quelli della partecipazione democratica che vanno consegnati al paese che verrà. Se usi la crisi per ridurre i diritti, c’è una regressione e i diritti rischi di non riconquistarli più. La cosa che ci colpisce è che questo avviene solo in Italia: in tutto il resto d’Europa questa crisi viene utilizzata per rimettere al centro politiche industriali, idee di coesione, sostegno ai ceti più deboli. Quando dico che il governo non ha speso nulla, e poi il governo si arrabbia, dico la verità perché fino ad oggi per il triennio il governo ha messo 16 miliardi di spese aggiuntive di cui 12 destinati alle banche, quindi tutto il resto sono 4 miliardi. Quindi poi tutto il resto dei numeri (opere pubbliche, eccetera) sono tutti già stanziati, sono una rimodulazione di cifre, quella roba lì già c’era. La verità è che tutta questa crisi fino ad oggi viene affrontata con 4 miliardi in cui ci sta il mezzo miliardo per l’industria dell’auto, un po’ per la social card, un po’ di politiche per le famiglie, per altro neanche partite. È un governo che ha affrontato la crisi con l’occhio al bilancio e se tu guardi solo al bilancio il paese esce peggio dalla crisi».

Daniele, lavoratore dei call center: “Come mai il sindacato ha deciso in maniera improvvisa che i lavoratori dei 4 più grandi gestori di telefonia non potranno essere al Circo Massimo?”. 
«Nei luoghi di lavoro c’è una spinta forte a partecipare. C’è più voglia di manifestare nei lavoratori che nei quadri intermedi. Questi sono portati sempre a pensare: “Cosa si fa dopo?”. Il problema è che il 4 aprile non è sciopero, abbiamo deciso di fare una manifestazione nazionale. Poi alcune categorie o articolazioni territoriali, come la CGIL Lazio, hanno deciso autonomamente di scioperare per garantire di esserci anche a chi di sabato normalmente lavora. Ma io voglio che sia chiaro, soprattutto in questo periodo di crisi, che l’uso dello sciopero deve essere un uso molto attento. Perché non è facile chiedere ad una famiglia di un lavoratore in cassa integrazione a 700 euro di perdere una parte importante del proprio salario: ci sono casi in cui scioperare può costare, con i computi dei ratei su permessi e ferie, anche come tre giorni di lavoro. Devi capire che la gente vuole scioperare, ma proprio non ce la fa e rispettarla».

Un nonno da Torino si preoccupa della nipote perché è una precaria e non sa dove mettersi nel corteo.
«I precari sabato saranno tanti e li faremo parlare. Dopo una parte musicale, sul palco parlerà una giovane precaria, un delegato Fiat di Pomigliano, un medico per la questione dell’autodenuncia, un immigrato e un’anziana pensionata. Parleranno quindi tutti i segmenti sociali più esposti alla crisi. Posso poi anticiparvi che l’attore che ha interpretato Di Vittorio, Pierfrancesco Favino, leggerà un passo di un suo discorso e che a gestire tutto ci sarà Massimo Wertmuller, che nello sceneggiato su Di Vittorio interpretava Togliatti. Ci sarà una presenza importante. Una grande presenza da tutt’Italia. Certo, dalla Sicilia è più difficile quando non ci sono più treni a disposizione. Ma sono convinto che sarà una straordinaria manifestazione. Sul fatto di tornare al Circo Massimo: prima o poi dovevamo farlo e questo è il momento giusto. Anche perché siamo in tempo di crisi e ci sono grandissime manifestazione in tutta Europa: in Francia ci sono stati due scioperi generali grandissimi, oggi c’è una manifestazione a Londra. Lì si sta per aprire il G20 e noi sabato manifesteremo quando il summit si sarà appena chiuso».

Parliamo del 4, ma poco si sa ancora sul primo maggio. 
«La manifestazione unitaria la terremo con gli altri sindacati a Siracusa, città che è un grande polo edile, ed essendo in Sicilia sarà legata non solo alla crisi ma anche al tema della legalità e dei diritti. Quella zona del Paese ci chiede di stare assieme e noi lo faremo. Con Cisl e Uil noi possiamo litigare su tutto, e lo facciamo, ma quando c’è da evitare di chiudere una fabbrica ci impegniamo tutti insieme».

In Francia ci sono stati episodi di rabbia. C’è questo rischio anche da noi?
«In Francia ci sono state grandi iniziative nonostante Sarkozy abbia fatto molto contro la crisi. La crisi può produrre due reazioni: da una parte la rassegnazione e dall’altra l’esasperazione. Probabilmente le due condizioni convivono in molti. E qui c’è l’importanza della CGIL: cerchiamo di evitare le forme di esasperazione di pochi e la rassegnazione degli altri. Proviamo ad evitare che nella crisi ognuno pensi a sè, come vorrebbe Berlusconi».

Qual è il termometro della crisi?
«La crisi è pesante ed è la ragione per cui stiamo disperatamente strappando accordi aziendali, come ieri sera all’Eurallumina di Portovesme in Sardegna (dove Berlusconi è arrivato, ha promesso e poi è sparito). Più difficile è nelle piccole e piccolissime imprese: guardando al numero dei fallimenti ad esempio a Treviso si coglie una realtà impressionante, le sofferenze sono altissime. Solo che per vederlo devi avere attenzione all’economia reale e il governo non l’ha».

Chiudiamo con la stampa: è in difficoltà soprattutto nei grandi gruppi. Le sembra un’emergenza?
«Sì, perché la carta stampata è in difficoltà in tutto il mondo. Un po’ a causa dei nuovi mezzi, un po’ per il calo della pubblicità. Poi c’è un problema di conformismo della stampa, c’è un uso di questo conformismo da parte di questo governo, ancor di più se anche i tg pubblici e i grandi giornali cambieranno direttori. Il rischio è di avere una stampa che ricostruisce un’immagine del Paese che non è. In più è stato firmato il contratto: so che c’è malumore, ma resto dell’opinione che per fortuna si è riconquistato il contratto. Perché fino all’ultimo il rischio è stato non solo di non averlo adesso, ma di non averlo più. Una parte degli editori ha cercato fino all’ultimo di non firmare nè ora nè mai, per arrivare ad un modello di contratto ad hoc per ogni giornale. Il contratto invece garantisce più diritti a tutti».

modifiche Dlgs 81/08 Il Testo e le prime Osservazioni sullo "Schema" di "Decreto correttivo" del T.U. D.Lgs. 81/2008




Luci, ombre e una "mano pesante" sul provvedimento? Prime osservazioni e Seminari

Pubblichiamo (nei link al fondo)) 
- prime osservazioni
- il testo 
dello "schema" di decreto correttivo al D.Lgs. 81/2008 ("Testo Unico" sulla salute e sicurezza sul lavoro), che l Governo avrebbe approvato nella seduta del 27 marzo 2009.

Pubblichiamo il testo delle modifiche, con l'usuale "precisazione a lettura obbligatoria" che:
a) quello che pubblichiamo è il testo "in itinere", che a noi è arrivato da fonti qualificate della P.A.
b) potrebbero essere inserite ulteriori modifiche nelle varie fasi di passaggio negli Uffici legislativi deputati a "ripulirlo" in termini giuridico-formali

Per cui il testo "finale" ed ufficiale sarà "solo" quello che il Governo invierà ai prescritti pareri di:
- Commissioni parlamentari competenti
- Regioni (e Conferenza Stato-Regioni)
nonchè alla consultazione con le parti sociali.

Che dire sul merito?: in prima istanza, ci sembra che: esistano poche luci e molte ombre.

Nel link pubblichiamo alcune prime osservazioni di merito, che riteniamo di immediata comprensibilità.
1) sono contenuti alcuni aspetti POSITIVI, sia metodologici sia di pulizia formale.

2) sono state fatte SCELTE, a volte "INACCETTABILI" (e al limite della possibile INCOSTITUZIONALITA'):
- anche su poteri anche "concorrenti" delle Regioni (che diranno i "federalisti"?)
- su ruoli e responsabilità dei soggetti "annacquando" responsabilità dei datori di lavoro (e violando l'art. 2087 del CC) 
- su possibili violazioni allo Statuto dei Lavoratori
- usando una "mano pesante", al limite dello stravolgimento di alcuni principi-base, (es. art. 15-bis, aggiunto all'ultima ora e voluto da chi?).

Si registrerebbe, anche, un sostanziale "svuotamento" di alcune sanzioni.

3) esistano vari aspetti da valutare, anche perchè il testo che pubblichiamo NON comprende vari Allegati, che risulterebbero modificati.

Per cui ci riserviamo di pubblicare una successiva valutazione più precisa e completa.


MANIFESTAZIONE DEL 4 APRILE Spot con Pravettoni 1/4

TESTO UNICO Sicurezza sul lavoro, “ecco cosa cambia”


Marco Bazzoni è un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. In questa lettera che ci ha inviato analizza le modifiche principali al Testo unico sulla sicurezza sul lavoro approvate dal governo col decreto correttivo del 27 marzo 2009

dMarco Bazzoni

L'altra settimana Il Ministro del Lavoro Sacconi disse: "Non permetterò a nessuno di dire che il governo abbassa la guardia su questo fronte". Ieri al Consiglio dei Ministri è stato approvato il Decreto correttivo al Dlgs 81/08 (Testo Unico sicurezza sul lavoro), che ovviamente non entrerà subito in vigore, perché dovrà passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni, delle commissioni parlamentari e delle parti sociali.

Da come la racconta il governo, questo decreto aumenta la sicurezza nei luoghi di lavoro, però si è badato bene dal pubblicarlo sul sito del Governo.

Siamo veramente sicuri che le cose stiano come dice il Governo Berlusconi?
Analizziamo nei dettagli alcune di queste modifiche:

Art 14 del Dlgs 81/ 08 (Disposizioni per il contrasto di lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori):
Il comma 1 è stato praticamente sostituito, adesso per sospendere un attività imprenditoriale non basteranno più delle "gravi e reiterate" violazioni, ma ci vorranno "gravi e plurime" violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, cioè almeno 3,

Lettera c, comma 4: prima c'era una sanzione pecuniaria aggiuntiva unica di 2500 euro, rispetto al comma 6, adesso, la sanzione scende a 1500 euro nel caso di sospensione di lavoro irregolare, mentre è di 2500 euro, nel caso di sospensione per gravi e plurime violazioni in materia di sicurezza sul lavoro.

Comma 10: Per il datore di lavoro che non ottemperava al provvedimento di sospensione, c'era l'arresto fino a 6 mesi, adesso ci sono due ipotesi, l'arresto fino a 6 mesi nell'ipotesi di gravi e plurime violazioni in materia di sicurezza sul lavoro e con l'arresto da 3 a 6 mesi o con l'ammenda da 2500 euro a 6400 euro, nel caso di sospensione per lavoro irregolare.

E' stato aggiunto un comma 11 bis, in cui si dice chiaramente che il provvedimento di sospensione per lavoro irregolare, non si applica nel caso di primo lavoratore occupato dall'impresa che non abbia mai avuto in precedenza dipendenti.

Art 25 del Dlgs 81/08 (Obblighi del medico competente):
Lettera e: prima il medico competente doveva consegnare al lavoratore, in caso di licenziamento, tutta la documentazione sanitaria in suo possesso. Adesso gli consegna copia della cartella sanitaria di rischio, la quale deve essere tempestivamente comunicata al datore di lavoro, mentre l'originale della cartella sanitaria viene conservata dal datore di lavoro per almeno 10 anni.

Art 41 del Dlgs 81/08 (Sorveglianza Sanitaria):
Lettera a: Prima il medico competente effettuava la sorveglianza sanitaria in base alla normativa vigente, alla direttive europee, nonchè dalle indicazioni fornite dalla commissione consultiva di cui all'articolo 6, ma il Governo Berlusconi ha pensato bene di cancellare, in base alle direttive europee.

Lettera e: si cancella il divieto della visita medica preassuntiva, violando lo Statuto dei lavoratori (Legge 300 del 1970).

Inoltre si istituisce l'obbligo della visita medica alla ripresa del lavoro, dopo una lunga malattia (almeno sessanta giorni continuativi), al fine di verificare l'idoneità alla mansioni.

Art 42 del Dlgs 81/08 (Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica):
Comma 1: Prima in caso di inidoneità alla mansione specifica , un lavoratore, ove possibile veniva adibito ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute, e in caso di mansione inferiore, conservava la retribuzione corrispondente alla mansione svolta, nonché la qualifica originaria. Adesso conserva lo stesso la retribuzione corrispondente in caso venga adibito a mansione inferiore, ma non la qualifica originaria.

Art 55 del Dlgs 81/08 (Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente):
L'articolo 55 è stato completamente riscritto. Prima per il datore di lavoro che ometteva la valutazione dei rischi, c'era l'arresto da quattro a otto mesi o in alternativa l'ammenda da 5000 a 15000 euro, adesso l'arresto da tre a sei mesi o l'ammenda da 2500 a 6400 euro.

Per le aziende che esponevano i lavoratori a rischi biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni e mutageni e da attività di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica amianto, c'era l'arresto da 6 mesi ad un anno, adesso la pena dell'arresto scende da quattro fino a 8 mesi.Inoltre molte sanzioni dei datori di lavoro e dei dirigenti sono state dimezzate.

Art 56 del Dlgs 81/08 (Sanzioni per il preposto):
Anche l'articolo delle sanzioni per il preposto è stato completamente riscritto. Prima il preposto che non vigilava sull'osservanza dei singoli lavoratori degli obblighi di legge, di sicurezza sul lavoro, di uso di DPI a loro disposizione, che faceva riprendere l'attività lavorativa in caso di un pericolo grave e immediato, che non segnalava al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei DPI, sia in ogni altra situazione di pericolo, venivano puniti con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a 2000 euro, adesso con l'arresto fino a 2 mesi o con l'ammenda da 400 a 1200 euro.

Art 57 del Dlgs 81/08 (Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti, i fornitori e gli installatori):
Anche l'articolo 57 è stato completamente riscritto. Si aumenta la sanzione per i progettisti: sono l'arresto fino a 6 mesi (prima era fino ad un mese) o l'ammenda da 1500 a 6000 euro (prima era da 600 a 2000 euro). E non come ha detto Sacconi che la sanzione massima per i progettisti è 20 mila euro.
Per quanto riguarda i fabbricanti e i fornitori la sanzione scende: sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi (prima era da quattro a otto mesi) o con l'ammenda da 10 mila a 40 mila euro (prima era da 15 mila a 45 mila euro).
Anche per gli installatori la sanzione sale: sono puniti con l'arresto fino a 3 mesi (anche prima era così) o con l'ammenda da 1200 a 5200 euro (prima era da 1000 a 3000 euro)

Art 58 del Dlgs 81/08 (Sanzioni pe il medico competente):
Anche l'articolo 58 è stato completamente riscritto. Il medico competente che non consegnava al datore di lavoro, alla cessazione del suo incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, al lavoratore, in caso di licenziamento, la documentazione sanitaria in suo possesso, veniva punito con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 500 a 2500 euro.Adesso con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro.

Il medico competente che non effettuava la sorveglianza sanitaria, che non istituiva le cartelle sanitarie di rischio, che non forniva informazioni sulla sorveglianza sanitaria ai lavoratori e a richiesta informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, era punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1000 a 4500 euro. Adesso con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 300 a 1200 euro.

Art 59 del Dlgs 81/08 (Sanzioni per i lavoratori):
Anche l'articolo 59 è stato completamente riscritto. Si aumenta le sanzioni per i lavoratori che non osservavano le disposizioni impartite dal datore di lavoro, che non utilizzavano correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche i dispotivi di sicurezza, che non usavano correttamente i DPI, ecc.

Prima il lavoratore era punito con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro. Adesso con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 300 a 800 euro.

Art 60 del Dlgs 81/08 (Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare, i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci di società semplici ed operanti nel settore agricolo): Anche l'articolo 60 è stato completamente riscritto. Prima i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori del settore agricolo, che non utilizzavano attrezzature di lavoro conformi, che non utilizzavano i DPI, venivano puniti con la sanzione pecuniaria da 300 a 200 euro.Adesso con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 100 a 500 euro. Mentre sparisce la sanzione amministrativa da 50 a 300 euro, in caso non siano muniti di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora svolgano la propria attività in caso di regime di appalto o subappalto.

Art 68 del Dlgs 81/08 (Sanzioni per il datore di lavoro):
Anche l'articolo 68 è stato completamente riscritto. Il datore di lavoro che non vietava l'accesso ai lavoratori in luoghi di lavoro in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie, e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo di vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, era punito con l'arresto da 6 a dodici mesi o con l'ammenda da 4000 a 16000 euro.Adesso con l'arresto da 3 a 6 mesi o con l'ammenda da 2500 a 6400 euro.

Art 71 del Dlgs 81/08 (Obblighi del datore di lavoro).
Prima il datore di lavoro quando sceglieva le attrezzature di lavoro, doveva sottoporle alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza, adesso sempre in base ai requisiti minimi di sicurezza, ma solo quando in presenza di elevati livelli di rischio, la loro adozione ne garantisca una significativa riduzione.

Queste sono solo alcune delle modifiche al Testo Unico, ma già bastano per capire che il testo unico è stato completamente stravolto, e le cose non stanno purtroppo come dice Sacconi: eccome se si abbassa la guardia sulla sicurezza sul lavoro.
Su una cosa Sacconi ha ragione: è vero le sanzioni sono aumentate, ma solo per lavoratori che non rispettano la sicurezza sul lavoro, mentre sono diminuite di molto per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti.

Alla faccia dell'aumento delle sanzioni!!!
Ecco perché dico, che la verità bisognerebbe conoscerla sempre e tutta!!!
Saluti.

Marco Bazzoni-Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Email: bazzoni_m@tin.it

29/03/2009 15:49


FONTE; RASSEGNA.IT

sabato 28 marzo 2009

Esame dello schema del primo decreto correttivo ed integrativo del D. Lgs. n. 81/2008



Approfondimento. 
(E' consentita la riproduzione citando la fonte)

Esame dello schema del primo decreto correttivo ed integrativo del D. Lgs. n. 81/2008 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tante le novità e le modifiche previste.

Possiamo definirlo un vero e proprio nuovo Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro quello che è in elaborazione per apportare le correzioni e le integrazioni al D. Lgs. n. 9/4/2008 n. 81 previste dalla legge n. 123/2007 e ciò a seguito del numero considerevole degli articoli che le contengono (170), numero che supera abbondantemente la metà di quelli già costituenti il Testo Unico vigente.
Sono tante le novità e le modifiche che si prevedono sia ai vari Titoli del D. Lgs. n. 81/2008 che ai suoi allegati ed il condizionale è d'obbligo, come non mai, potendo lo schema del decreto correttivo originario subire delle variazioni lungo il complesso iter che lo attende (consultazione delle parti sociali, parere della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari) prima di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Lo stesso ministro del welfare, Maurizio Sacconi, del resto, ha avuto modo di precisare che lo schema di decreto non è assolutamente definitivo e può essere soggetto ad ulteriori variazioni ed integrazioni.
In sostanza le principali novità previste riguarderebbero la riduzione dell'entità delle sanzioni, la rivisitazione del sistema sanzionatorio, la rimodulazione degli obblighi del datore di lavoro, il potenziamento del ruolo della bilateralità, la comunicazione del nominativo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), la revisione delle condizioni per l'adozione del provvedimento di sospensione delle attività imprenditoriali, l'abolizione della data certa sui documenti di valutazione dei rischi (DVR), oltre ad alcune modifiche da apportare all'art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 sugli appalti ed alle disposizioni da applicare nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili di cui al Titolo IV dello stesso decreto legislativo.
Le modifiche e le integrazioni, si legge nella relazione di accompagnamento della bozza del decreto correttivo, sono state apportate, oltre che per ottemperare alle previsioni della legge delega anche per migliorare l'efficacia del Testo Unico ai fini antinfortunistici, nonché per recepire alcune delle numerose criticità emerse nei primi mesi di applicazione del decreto e per fornire i chiarimenti richiesti da più parti e necessari per una corretta interpretazione del D. Lgs. n. 81/2008.
La rivisitazione del sistema sanzionatorio riguarderebbe la riduzione dell'entità delle sanzioni e l'allargamento delle ipotesi contravvenzionali alle quali è possibile applicare le procedure oblative di cui al D. Lgs. n. 758/1994. L'entità delle sanzioni stabilite dal decreto correttivo, in particolare, sono state ricalcolate prendendo a riferimento quelle già previste dal D. Lgs. n. 626/1994 e tenendo conto dell'incremento degli indici Istat dal 1994 al 2008. Per il futuro dovrebbe quindi essere introdotto un meccanismo in base al quale le sanzioni saranno automaticamente adeguate seguendo lo stesso criterio. Per consentire, inoltre, l'applicazione da parte degli organi di vigilanza del provvedimento di prescrizione obbligatoria e delle procedure oblative previste dal D. Lgs. n. 758/1994 dovrebbero essere abolite le sanzioni che nel D. Lgs. n. 81/2008 prevedono attualmente con la pena del solo arresto introducendo al loro posto la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda. "Non è certo introducendo la sanzione dell'arresto" si legge nella relazione che accompagna la bozza del decreto correttivo "che si realizza l'obiettivo di innalzare i livelli di tutela negli ambienti di lavoro. Pertanto si propone di eliminare le ipotesi del solo arresto a favore di un sistema che privilegi la applicazione di sanzioni che prevedono l'alternativa tra arresto ed ammenda ed alle quali si applica, come richiesto dal citato criterio di delega di cui all'articolo 1, comma 2, lettera f), della legge n. 123/2007, la procedura della prescrizione obbligatoria ex d. lgs. n. 758/1994, la quale opera in funzione prevenzionistica permettendo al soggetto intemperante di regolarizzare le condizioni di tutela dell'ambiente di lavoro, usufruendo in caso di corretto adempimento dell'ordine impartito dall'organo di vigilanza, della possibilità di pagare una ammenda ridotta rispetto al massimo edittale".
E' in previsione poi una complessiva riscrittura dell'articolo relativo alla sospensione delle attività imprenditoriali in modo da eliminare alcuni problemi operativi emersi a seguito all'entrata in vigore del Testo Unico. In particolare viene proposta una modifica che riguarda la "reiterazione" delle violazioni rilevatasi di difficile attuazione sostituendola con il concetto di violazione "plurima" articolata in una pluralità contestuale di almeno tre gravi violazioni o, in alternativa, della ripetizione nel tempo breve di un biennio di una identica grave violazione. Inoltre la sanzione che colpisce l'imprenditore che non osservi il provvedimento di sospensione, in coerenza con le scelte operate in materia sanzionatoria, dovrebbe anche essa essere trasformata in una sanzione che prevede non più l'arresto ma l'alternativa dell'arresto o della ammenda con conseguente possibilità di applicare la procedura prevenzionale di cui al D. Lgs. n. 758/1994.
Tra le proposte di modifica si segnala, ancora, la reintroduzione dell'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento di valutazione dei rischi entro 90 giorni dall'effettivo inizio dell'attività lavorativa, ripescando così la disposizione dell'art. 96 bis dell'abrogato D. Lgs. n. 626/1994, nonché l'abolizione della data certa sui documenti di valutazione dei rischi (DVR) ritenuta una incombenza di non facile ed immediata applicazione. La certificazione della data dovrebbe essere sostituita dall'apposizione della data stessa in calce al documento e dalla sottoscrizione del documento medesimo, contestualmente al datore di lavoro, sia del responsabile del sevizio di prevenzione e protezione e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza che del medico competente. E' prevista, inoltre, una modifica che riguarda il documento unico di valutazione dei rischi interferenziali (DUVRI) la cui redazione dovrebbe essere esclusa nei casi in cui le lavorazioni siano a rischio basso e/o di limitata durata e che dovrebbe essere comunque aggiornato, sia pure limitatamente ai rischi interferenziali, in ogni caso di modifica della situazione di rischio.
In merito poi all'articolo 32 del D. Lgs. n. 81/2008 relativo all'esonero per i laureati nelle classi di laurea indicate nello stesso decreto dalla formazione destinata agli ASPP e RSPP si propone nella bozza l'estensione dell'esonero stesso a chi è in possesso della laurea magistrale LM26 (ingegneria della sicurezza) e di consentire tale esonero unicamente ai laureati sopraindicati che dimostrino, mediante attestazione, di avere maturata una esperienza concreta di gestione della sicurezza, della durata di almeno un anno, nel settore in cui intendono andare a svolgere il ruolo di responsabili o addetti al servizio di prevenzione e protezione.
E' quindi proposto un emendamento all'articolo 47 del D. Lgs. n. 81/2008 relativo ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezzza per risolvere quello che è stato definito un "cortocircuito normativo". Per consentire, infatti, ai comitati paritetici, in caso di mancata elezione del RLS, di comunicare al datore di lavoro il nominativo del rappresentante territoriale verrà introdotto l'obbligo da parte del datore di lavoro di informare i comitati stessi della mancata elezione del RLS in azienda. In base, inoltre, ad un altro emendamento che si legge nello schema del decreto correttivo e riferito all'art. 18 comma 1 lettera aa) del D. Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro avrebbe l'obbligo di comunicare il nominativo del RLS, a lui segnalato dai lavoratori, non più all'Inail ma al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP).
Interessanti, ancora, le proposte di modifica che riguardano il Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 relativo alla sicurezza nei cantieri temporanei o mobili per consentire in tale settore una corretta applicazione del decreto legislativo medesimo.
Un emendamento all'articolo 89 sulle definizioni tende a chiarire, in piena coerenza con le previsioni di cui al successivo articolo 90, nel quale si riscontra costantemente l'espressione "committente o responsabile dei lavori", quello che da più parti ed anche dallo scrivente si è sostenuto ripetutamente e cioè che la nomina del responsabile dei lavori è una facoltà e non un obbligo del committente (sulla facoltà della nomina del responsabile dei lavori da parte del committente si consulti il Quesito 60 inserito fra i quesiti sulla applicazione del D. Lgs. n. 81/2008 di questo stesso sito). Viene poi proposta l'abolizione della coincidenza "ope legis" di tale figura con altre figure citate nel D. Lgs. n. 81/2008 (progettista, direttore dei lavori, R.U.P.) in quanto queste sono chiamate a coprire altre funzioni e viene inoltre richiesta l'introduzione della incompatibilità della figura del responsabile dei lavori con il coordinatore per la progettazione o con il coordinatore per l'esecuzione, incompatibilità che non opererebbe comunque in caso di coincidenza fra committente ed impresa esecutrice. A proposito della impresa esecutrice nella bozza del decreto correttivo compare anche una definizione di questa impresa la quale viene però individuata, per la verità, con una espressione che a sua volta si presta ad una non chiara interpretazione.
Per consentire poi l'ottemperanza alle disposizioni dettate dalla Corte di Giustizia europea con la nota sentenza del 25/7/2008 in merito all'obbligo della nomina dei coordinatori per la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, si prevede una riscrittura dell'articolo 90 del D. Lgs. n. 81/2008. Verrebbe abrogato, come era prevedibile, il comma 11 dello stesso articolo 90 che concede al committente l'esonero della nomina del coordinatore in fase di progettazione per i cantieri privati per i quali non sussiste l'obbligo del permesso di costruire e si farebbe invece ritorno, per poter usufruire di tale esonero, alla condizione dell'entità del cantiere inferiore ai 200 uomini giorno e nei quali non si riscontra comunque la presenza di particolari rischi, cantieri per i quali la bozza del decreto correttivo inserirebbe anche l'esonero dalla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento.
Un'altra novità sarebbe introdotta con l'abolizione del secondo periodo del comma 1 dell'art. 93 e cioè l'abolizione dell'obbligo da parte del committente di controllare l'operato del responsabile dei lavori e di verificare che lo stesso adempia a quegli obblighi che gli ha conferito con l'incarico affidatogli. Con l'emendamento, inoltre, al comma 2 dello stesso articolo 93 verrebbe sanata quella dimenticanza, più volte messa in evidenza dallo scrivente, di citare il committente in alternativa al responsabile dei lavori per quanto riguarda il controllo dell'operato dei coordinatori per la sicurezza (sulla omissione della espressione "o committente" nel comma 2 dell'art. 93 del Testo Unico si consulti ancora il Quesito 60 inserito fra i quesiti sulla applicazione del D. Lgs. n. 81/2008 di questo stesso sito).
Con l'aggiunra infine di un comma all'art. 96 verrebbe data una risposta ad un altra discussa interpretazione del D. Lgs. n. 81/2008 che riguarda la redazione del piano operativo di sicurezza (POS) da parte dei fornitori di materiale o attrezzature in cantiere. Secondo l'emendamento proposto l'obbligo della redazione del POS non opererebbe ove l'attività dell'impresa che entra in cantiere si limiti alla semplice fornitura di materiali o attrezzature, a fronte della quale la redazione stessa è vista come un adempimento particolarmente gravoso e non suscettibile di determinare un innalzamento dei livelli di sicurezza dei lavoratori ma comunque in ogni caso sarebbe imposto alle imprese fornitrici l'obbligo della applicazione delle disposizioni di cui all'art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 (cooperazione, coordinamento, DUVRI, ecc).
Queste ed altre ancora sono le correzioni e le modifiche proposte per il D. Lgs. n. 81/2008 contenute nello schema di decreto sottoposto alla approvazione del Consiglio dei Ministri del 27/3/2009, proposte che non si ritengono comunque certamente esaustive perchè dall'esame delle stesse emerge che non sono state prese in considerazione e quindi risolte alcune altre problematiche sorte nella prima applicazione delle disposizioni del Testo Unico ed al centro di attenzioni e discussioni anche accesissime quale ad esempio, una per tutte, l'obbligo della nomina del medico competente anche al di là dei casi per i quali è obbligatoria la sorveglianza sanitaria, onde consentire allo stesso di partecipare e collaborare alla effettuazione della valutazione dei rischi presenti in azienda e di adempiere a tutti gli altri obblighi fissati a suo carico dal D. Lgs. n. 81/2008. Per confermare questa interpretazione, se è quella voluta dal legislatore, sarebbe opportuno eliminare dal testo del D. Lgs. n. 81/2008 quelle espressioni, quei passaggi e quegli incisi che risultano incoerenti con la stessa e che hanno contribuito a condurre molti a delle conclusioni diverse.



fonte:IL  SITO  DELL'ING.  GERARDO  PORRECA
http://www.porreca.it


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IL DECRETO CORRETTIVO E LA RELAZIONE DI ACCOMPAGNAMENTO