sabato 26 giugno 2010

Pomigliano, la fabbrica secondo la Fiat


L’accordo Fiat di Pomigliano, al di là del risultato del referendum, apre allo studioso molti campi di riflessione. Il giurista, infatti, avrà di che ragionare attorno alla costituzionalità degli articoli 14 e 15 del testo, che prevedono che qualsiasi comportamento, collettivo o di singoli dipendenti contro l’accordo stesso (incluso quindi l’aderire a uno sciopero o proclamarlo), darà luogo a specifiche sanzioni: per i sindacati l’interruzione dei contributi e dei permessi sindacali, mentre per il lavoratore si potrà arrivare al licenziamento.

Gli esperti di relazioni industriali, invece, avranno molti punti da approfondire, primo fra tutti la disciplina degli straordinari e dei recuperi, che prevede lo svolgimento di tali attività anche al posto della pausa per il pasto, 30 minuti alla fine di ciascun turno. I critici dell’accordo fanno notare che ciò è in contrasto con la Direttiva europea sull’orario di lavoro del 2003 (che all’art. 4 prevede, per prestazioni superiori alle sei ore di lavoro consecutive, una pausa), oltre che con la legge 66 del 2003, che fa espresso riferimento a una pausa per la mensa.

Il sociologo del lavoro, dal canto suo, non potrà non concentrarsi sulla trasformazione dell’organizzazione di fabbrica che l’accordo prevede e che renderà lo stabilimento del napoletano il più neofordista della galassia Fiat. Su questo, dunque, ci concentreremo nei paragrafi successivi.

Il modello Wcm
L’articolo 5 dell’accordo, dal titolo “Organizzazione del lavoro” (scarica il testo), sancisce l’introduzione di un nuovo modello organizzativo, il Wcm (World Class Manufacturing) e il sistema Ergo-Uas (leggi l'allegato con la descrizione). Il primo termine indica una filosofia, nata dalla produzione snella e dal toyotismo, che prevede il coinvolgimento di tutti i lavoratori, dal manager all’operaio, nel processo di miglioramento continuo del prodotto. L’obiettivo è di produrre automobili sempre più soddisfacenti per i clienti, ai costi migliori (J. Todd, World-Class Manufacturing, McGraw-Hill, London, 1995). Il Wcm pone l’accento sul miglioramento ergonomico delle postazioni lavorative per aumentare la produttività, sulla riprogettazione delle postazioni di lavoro al fine di ridurre la necessità dell’operaio di spostarsi per prendere i pezzi da montare e ridurre in tal modo i tempi del ciclo produttivo, ma soprattutto sul lavoro in team, ai quali è demandata l’attività di problem solving.

Per essere produttori di classe mondiale ci vuole molta partecipazione da parte dei lavoratori: alla Toyota ogni anno arrivano circa un milione di proposte di miglioramento, tutte studiate con attenzione dalla direzione, spesso adottate e premiate. Non si può dire che in Fiat, almeno per ora, esista una filosofia comparabile.

L’Ergo-Uas, dal canto suo, costituisce una metodologia già sperimentata nello stabilimento di Mirafiori, per raggiungere gli obiettivi del Wcm. Il sistema, descritto nell’allegato 2 all’accordo, si basa sulla ridefinizione dei carichi ergonomici derivanti dai nuovi assetti delle postazioni di lavoro e su un sistema di studio dei tempi – peraltro molto simile concettualmente a quello propugnato dall’ingegner Taylor all’inizio del 900 – che grazie all’informatica permette di plasmare completamente il ciclo lavorativo e i gesti degli operai al fine di ottenere, almeno in linea di principio, la produttività massima. Taylor chiamava ciò la One Best Way, il modo migliore di lavorare, che andava inculcato in ciascun operaio.

Un’auto al minuto
Wcm e Ergo-Uas entreranno in funzione a Pomigliano solo tra due anni, quando lo stabilimento, dopo un lungo periodo di cassa integrazione, sarà stato completamente riconvertito per la produzione della Panda e il layout del sito rivoluzionato per ottenere l’obiettivo di produrre 280mila auto, una al minuto, su una singola linea di produzione. Ma l’accordo ha già deciso che le “soluzioni ergonomiche migliorative” che verranno implementate a fine ristrutturazione porteranno a una riduzione delle pause del 25% (anziché due di 20 minuti, tre di 10 minuti, guarda caso il valore minimo previsto dalla citata Direttiva europea). Quei 10 minuti generano un aumento di produzione di circa 6.500 auto l’anno. In teoria ciò si dovrebbe ottenere a parità di fatica, in quanto il sistema di metrica del lavoro “premia” l’operaio che svolge una attività più dura con un surplus di tempo di riposo, aggiunto all’operazione, che va dall’1 al 13% .

Ma le cose non paiono stare proprio così: un operaio di Mirafiori addetto alla produzione della MiTo, ove il metodo è in uso, intervistato da Repubblica, rivela che quasi tutte le lavorazioni che si svolgono in quella fabbrica prevedono il livello minimo di pausa dell’1% (con il vecchio sistema erano al 5%). La saturazione del lavoro, quindi, arriva nelle fasi attive al 99%: il rischio che la fatica aumenti è tutt’altro che teorico, e la fabbrica Wcm somiglia pericolosamente alle strutture tayloriste degli anni sessanta.

Un’inchiesta realizzata a Mirafiori, ad esempio, dimostra che il 60% degli operai svolge compiti ripetitivi, che si esauriscono in circa 60 secondi o poco più, mentre per l’80% delle donne il lavoro è ripetitivo e di estrema semplicità (si veda, ad esempio, F. Garibaldo, A company in transition: Fiat Mirafiori of Turin, in International Journal of Automotive Technology and Management, vol. 8, n. 2, 2008, pp. 185-193).

Taiichi Ohno
Alla base della partecipazione dei lavoratori, secondo le idee originali di Taiichi Ohno, l’ingegnere che negli anni 50 progettò il Toyota Production System, vi è il principio del Jidoka (traducibile con “autonomazione”), cioè l’automazione con un “tocco umano”: un sistema che attribuisce larga autonomia al lavoratore il quale, se si accorge che qualcosa non va nella produzione, può fermarla senza chiedere pareri o permessi. Solo così, infatti, si salvaguarda sempre la qualità del prodotto.

Una procedura kafkiana
Il principio dell’autonomazione non ha avuto sinora larga applicazione fuori del Giappone: nelle fabbriche occidentali fermare la produzione richiede l’intervento di livelli decisionali ben sopra l’operaio. Nella fabbrica che si candida a diventare eccellenza produttiva mondiale vi dovrebbe essere, per i lavoratori, la possibilità di migliorare l’organizzazione del lavoro, partecipando alla progettazione del sistema ergonomico della fabbrica. Dire la propria sul lavoro è un elemento di controllo, che permette di adeguare le mansioni alle persone. Ma la fabbrica Wcm “made in Torino” cerca l’esatto contrario, deve adeguare le persone al lavoro. È qui, in fin dei conti, che la proposta della Fiat si scopre smaccatamente taylor-fordista. Ai lavoratori, infatti, i tempi standard vengono imposti dall’esterno, sulla base di una ricostruzione delle mansioni e dei movimenti effettuati dalla direzione con sofisticati metodi informatici. L’unica partecipazione che viene lasciata agli operai consiste nella possibilità di avanzare un reclamo quando i tempi assegnati sono troppo stretti. Ma la procedura da seguire (descritta a pag. 19 dell’allegato tecnico all’accordo) pare kafkiana: il lavoratore deve dapprima lamentarsi con il proprio responsabile, il quale, se decide di prendere in considerazione la protesta, la passa all’ente preposto allo studio dei tempi, che eseguirà, entro sette giorni, un controllo dell’operazione contestata, comunicando il risultato per via gerarchica. Se la risposta non soddisfa l’operaio, questi può avanzare una nuova protesta, questa volta scritta, tramite un rappresentante della Rsu. Anche in tal caso si avrà una risposta scritta. Se anche questa seconda volta l’esito è negativo, allora il malcapitato potrà appellarsi ad una speciale commissione che deve decidere in cinque giorni. Comunque vada, in tutto questo periodo rimane in vigore il tempo assegnato dalla Fiat (che l’operaio da cui parte la protesta non riesce a rispettare, altrimenti perché si sarebbe imbarcato in tante vicissitudini?) e nessuno può intraprendere azioni “unilaterali”: il guidatore non va mai disturbato.

Più fatica
Nel libro Il tubo di cristallo: modello giapponese e fabbrica integrata alla Fiat auto, scritto nel 1993 da Giuseppe Bonazzi, l’autore si domandava in che modo l’azienda avrebbe potuto ottenere dagli operai la partecipazione necessaria a far funzionare il nuovo metodo produttivo. La chiave di volta veniva individuata nella riduzione dello sforzo fisico, una novità che assumeva anche un valore simbolico: attenuando la penosità tipica del lavoro operaio, se ne aumenta il decoro, la dignità e il comfort, attivando una volontà di partecipazione e di coinvolgimento nelle innovazioni.

Oggi questa esigenza non sembra più all’ordine del giorno, e lavorare nella nuova Pomigliano richiederà più fatica. Per dirla con Luciano Gallino, “occorre che le persone lavorino come robot, ma non possono essere sostituite da robot”.

Una storia che raccontava già Henry Ford nel 1917; solo che si pensava fosse ormai superata.
fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2010/06/25/64147/pomigliano-la-fabbrica-secondo-la-fiat

venerdì 25 giugno 2010

FIAT: CGIL, FIOM è fortemente rappresentativa e non se ne può fare a meno


In una intervista al 'Corriere della sera' la vicesegretaria generale della CGIL, Susanna Camusso: “oggi scioperiamo contro una manovra sbagliata, per cambiarla"


La FIAT dice che su Pomigliano andrà avanti coi sindacati che hanno firmato l’accordo sul rilancio dello stabilimento, senza la FIOM. No quindi alla vostra richiesta di riaprire la trattativa. Che lezione ne ricavate?
«Non ne ricaverei una lezione — risponde Susanna Camusso, vicesegretario della CGIL e, salvo sorprese, prossimo Segretario, da ottobre —. Piuttosto ci troviamo di fronte a una scelta miope della FIAT. All’azienda vorrei dire che abbiamo molto apprezzato il piano industriale e la scelta di confermare l’investimento dopo il risultato favorevole nel referendum. E che da qui a quando andrà a regime la produzione della Panda c’è tutto il tempo di riflettere e trovare una soluzione ai problemi che noi poniamo».

FIAT questa volta ha deciso che farà a meno della FIOM ed è una forte novità.
«Lo so e la giudico una svolta negativa. Forse frutto più dell’irritazione per un risultato nel referendum inferiore alle attese che una scelta ponderata. La FIOM è fortemente rappresentativa e non credo se ne possa fare a meno».

Ma neppure potete pensare di rimettere in discussione un accordo convalidato dal 62% dei sì nel referendum.
«Noi non poniamo mille problemi, ma 2: non è giusto penalizzare i malati veri se c’è assenteismo e non si deve intaccare il diritto di sciopero. La FIAT dice che non è sua intenzione? Lo espliciti».

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ieri al Corriere, ha detto che il 62% di sì è più di quanto si aspettasse.
«È lo stesso Sacconi che il 22 sera parlava di una valanga di sì. Consiglierei al ministro cautela».

Sempre Sacconi dice che il voto di Pomigliano è come quello del 1985 nel referendum sulla scala mobile. I lavoratori si sono dimostrati in entrambi i casi «lungimiranti». Anche allora la CGIL perse e vinse il governo, guidato dal socialista Craxi. Socialista come Sacconi, ma anche come Camusso.
«Ma come si può paragonare quel referendum dove votarono tutti gli elettori con questo che ha riguardato un’intesa aziendale? Vogliamo parlare del voto di Pomigliano? I lavoratori si sono dimostrati liberi e responsabili: hanno compreso che era in gioco il loro futuro, ma hanno anche voluto dire che non si può accettare qualunque condizione».

Lei nell’85 si schierò come gli altri socialisti della CGIL, con Craxi?
«No. Pensavo e penso ancora che i governi sulle materie del lavoro non debbano avere una funzione imperativa, ma favorire soluzioni avanzate. Una convinzione che deriva proprio dalla mia identità socialista alla quale sono rimasta fedele, mentre vedo che Sacconi è cambiato».

Quindi lei votò per l’abrogazione del decreto Craxi?
«Le rispondo che quel referendum, su materie del lavoro, era sbagliato».

I due referendum non sono paragonabili, dice lei. Ma si può parlare, come fa Sacconi, di svolta, con lo spostamento del baricentro delle relazioni industriali verso l’azienda?
«No. Forse Sacconi si è distratto, ma se c’è un tema che è classico delle vertenze sindacali di questi anni è proprio la riorganizzazione del lavoro. Piuttosto, ogni volta che si apre una divisione sindacale il ministro è pronto a dire che si apre chissà quale svolta epocale. Invece in questo caso vedo solo un’errore». Quale? «L’idea che indebolire il sindacato e dividerlo sia un fatto positivo. Tra l’altro questo è quanto di più lontano ci possa essere dalla tradizione socialista».

Perché la diaspora socialista ha portato i socialisti ad essere talvolta su fronti così aspramente contrapposti?
«Perché la diaspora comincia col craxismo. Alcuni, come il ministro, pensano che quella sia stata la migliore stagione del socialismo. Io no».

Oggi la CGIL fa un altro sciopero generale da sola. Sarà l’ultimo o continuerete così finché governa Berlusconi?
«Da 2 anni diciamo che sarebbe arrivata la crisi e abbiamo contrastato un governo che la negava. Abbiamo rivendicato politiche di sostegno per chi perde il lavoro e politiche fiscali più eque. Oggi scioperiamo contro una manovra sbagliata, per cambiarla». Scioperi che non portano a nulla. «Non è vero. Se gli ammortizzatori sociali sono più estesi è anche merito nostro. La contrattazione territoriale, inoltre, ha tutelato i più deboli. Certo, non siamo riusciti a capovolgere le politiche del governo, ma non ci arrendiamo».

Avanti tutta con gli scioperi o c’è qualcosa da rivedere?
«In questi anni abbiamo usato non solo gli scioperi. L’importante è tenere una prospettiva. Continueremo a impegnarci nella contrattazione. Possiamo fare meglio per innovarla ed estenderla, così come dobbiamo fare di più per i precari».

fonte http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=14123

martedì 22 giugno 2010

VENERDI' 2 LUGLIO 2010 SCIOPERO GENERALE


DELL’INTERA GIORNATA PER I LAVORATORI DEI SETTORI PUBBLICI, BANCARI, POSTE E DI 4 ORE PER I LAVORATORI DEI SETTORI PRIVATI. MANIFESTAZIONE e CORTEO da PORTA SUSA (ore 9:30) a PIAZZA CASTELLO

IL GOVERNO HA VARATO UNA MANOVRA INGIUSTA, INIQUA
E CON SCELTE CHE DEPRIMONO ANCORA DI PIU’ L’ECONOMIA
LA CGIL RITIENE CHE LE PRIORITA’ E GLI OBIETTIVI DI UN INTERVENTO ECONOMICO, IN PARTICOLARE, DEBBANO ESSERE:

  • avviare la riforma fiscale, abbassando la tassazione sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni, e sostenere la lotta all’evasione fiscale

  • tassare rendite e grandi patrimoni

  • definire una nuova politica industriale, del terziario e dei servizi

  • varare un “Piano per il lavoro” a favore, in particolare, dei giovani e delle donne incentivando le assunzioni a tempo indeterminato e cancellando le tante precarietà presenti nei settori pubblici e privati

  • intervenire sugli sprechi e riformare il settore della conoscenza, in particolare è urgente avviare un piano formativo che investa nella scuola e nell’università

  • rendere flessibile il patto di stabilità per i Comuni per avviare i cantieri, in particolare quelli sulle piccole opere

NO ALLA MANOVRA DEL GOVERNO

Da tempo sarebbe stato necessario favorire la crescita, varare un “Piano per il lavoro”, chiedere a tutti di contribuire a partire dai redditi più alti, grandi patrimoni ed imprese.
Il governo ha scelto di colpire solo i lavoratori e le lavoratrici, pubblici e privati, i precari, i pensionati e le
pensionate. Infatti, con la manovra:

  • blocca i contratti pubblici, anche quelli già rinnovati, e gli scatti di anzianità nella scuola

  • taglia i trasferimenti alle Regioni ed ai Comuni: meno risorse per lo sviluppo, meno prestazioni e servizi sociali, più costi per anziani, pensionati e fasce deboli

  • ferma per un anno la pensione per tutti i lavoratori e le lavoratrici e riduce la salvaguardia per coloro che sono in mobilità

  • chiude il 40% degli Enti di ricerca

  • congela il turnover e licenzia la metà dei precari in tutta la Pubblica Amministrazione, blocca la contrattazione di 2° livello e decide nel 2012 il pensionamento a 65 anni delle lavoratrici pubbliche.

La CGIL ribadisce il suo fermo NO al “Collegato lavoro” che attacca i diritti di quanti lavorano e che non accoglie neanche le osservazioni del Presidente della Repubblica.

TORINO h. 9:30 MANIFESTAZIONE e CORTEO da PORTA SUSA a PIAZZA CASTELLO

Scarica il volantino

martedì 15 giugno 2010

Fiat Pomigliano, è accordo separato


Il 22 il referendum di Fim e Uilm. La Fiom conferma il no. 18 turni di lavoro, niente pause pranzo durante i turni, deroga al diritto di sciopero, 120 ore di straordinario. Sanzioni in caso di proteste. Aggiunta dell'ultim'ora: una commissione paritetica

E’ stato firmato ufficialmente il 15 giugno l’accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. E’ quanto emerge al termine dell’incontro tra azienda e sindacati in Confindustria a Roma. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento, integrato, presentato dal Lingotto. La Fiom ha confermato il suo no. Martedì 22 giugno si terrà il referendum tra i lavoratori, indetto da Fim e Uilm.

La Fiat ha presentato un nuovo documento, a cui viene aggiunto un punto relativo all’istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdì scorso avevano già dato primo un primo via libera.

Tra i punti dell’accordo, il passaggio da 17 a 18 turni di lavoro nell’impianto, che ha 5mila lavoratori diretti e circa 15mila con l’indotto. L’accordo prevede inoltre 120 ore di straordinario all’anno obbligatorie, cancella le pause previste sulle linee di montaggio, porta a fine turno la pausa mensa, per utilizzare così la mezz’ora di mensa anche con straordinari per recuperi produttivi ogni qual volta l’azienda ne avrà bisogno>>>>>> continua su fonte:

vertenza fiat Pomigliano


LAVORO IN CAMBIO DI OCCUPAZIONE. LA CINA NON È MAI STATA COSÌ VICINA

Molti media trattano la questione della trattativa a Pomigliano d'Arco con grande superficialità.
La rappresentazione che viene data non offre una corretta informazione sulla natura dei "sacrifici" richiesti ai lavoratori, negli articoli i commentatori si dilungano su pronostici rispetto a cosa farà la Fiom Cgil.... Pochi commentatori forniscono riferimenti concreti rispetto alla metrica ( tempi, ritmi, carichi di lavoro ) e al significato della turnazione rispetto alle materiali condizioni di vita che vengono imposte senza mediazioni ai lavoratori.
Per questo motivo riteniamo che bene abbia fatto la Fiom Cgil a diffondere tramite il proprio sito il testo d'accordo pro/im/posto dall'azienda. Il malcostume di esprimere opinioni senza conoscere o fare conoscere il testo come fonte è una patologia grave di un giornalismo nel quale prevalgono le opinioni sui fatti. Per questo invitiamo i lettori di diario prevenzione a leggere il testo che è stato presentato dall'azienda alle organizzazioni sindacali . IL TESTO.
Come si può evincere dal testo, siamo di fronte ad una definizione di prestazioni lavorative molto intense, prolungate nel tempo che sottraggono al lavoratore il governo di una parte del proprio tempo di vita.

segue su fonte

http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1901&Itemid=53

lunedì 14 giugno 2010

POMIGLIANO. LE LAVORATRICI E I LAVORATORI CHIAMATI A SCEGLIERE FRA IL POSTO DI LAVORO E IL RADICALE PEGGIORAMENTO DEI PROPRI DIRITTI


Un ricatto, non un accordo

Nella vertenza sul futuro di Pomigliano la Fiat non ha mai voluto aprire una trattativa ma ha solo cercato di imporre le sue proposte. Ancora
nell'ultimo incontro di venerdì 11 giugno ha chiesto di aderire al Documento conclusivo consegnato l’8 giugno, rifiutandosi di cambiare alcuna
parola. La disponibilità di Fiat, dopo la dichiarazione di adesione di Fim, Uilm e Fismic al testo aziendale, ad aggiungere una frase che istituisce
una Commissione di raffreddamento non modificando i contenuti, aggrava le conseguenze per i lavoratori.
Quello che si vuole imporre a Pomigliano con il ricatto della chiusura non è solo un pessimo accordo sindacale ma la cancellazione
del Contratto nazionale e Leggi dello Stato.
I CONTENUTI DELLA PROPOSTA FIAT LE CONSEGUENZE

CONTINUA SU FONTE:

giovedì 3 giugno 2010

Sicurezza sul lavoro: le novita' della finanziaria


Rinviata a dicembre la valutazione del rischio stress lavoro-correlato nelle amministrazioni pubbliche. Confermata la soppressione dell’ISPESL: firma l’appello.

È stato pubblicato il 31 maggio il DECRETO-LEGGE 31 maggio 2010, n. 78 sulla "manovra economica".

Le principali novità evidenziate in materia di sicurezza sul lavoro sono la soppressione di IPSEMA e ISPESL e il rinvio al 31 dicembre della valutazione del rischio stress lavoro correlato per le Pubbliche Amministrazioni.

Riportiamo l’estratto degli articoli del decreto:
DECRETO-LEGGE 31 maggio 2010, n. 78 - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica.

“Art. 7 - Soppressione ed incorporazione di enti ed organismi pubblici; riduzione dei contributi a favore di enti.
1.
Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni assicurative e di ricerca connesse alla materia della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro e il coordinamento stabile delle attività delle attività previste dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ottimizzando le risorse ed evitando duplicazioni di attività, l’IPSEMA e l’ISPESL sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite all’INAIL, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute; l’INAIL succede in tutti i rapporti attivi e passivi.”

“Art. 8 - Razionalizzazione e risparmi di spesa delle amministrazioni pubbliche
12.
Al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche di cui all'at. 1, comma 2 del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010.“

Avevamo già anticipato la scorsa settimana la notizia della soppressione dell’ISPESL nell’articolo "A rischio l'esistenza dell’ISPESL".
Il provvedimento è in vigore dal 31 maggio, ma non è ancora definitivo. Difatti come tutti i Decreti-legge dovrà essere convertito il Legge entro 60 giorni dalla pubblicazione o decadrà, cioè perderà efficacia sin dall’inizio.
Nel frattempo l’ISPESL ha sospeso le attività istituzionali ed è in stato di agitazione permanente.
Se volete aiutare l’istituto, se volete che la ricerca pubblica esista ancora, se pensate che la sicurezza del lavoro sia un valore, sottoscrivete l'appello:

Appello contro la soppressione dell'ISPESL
L'ISPESL, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro, ha investito per 30 anni denaro pubblico per dotarsi di attrezzature e personale ricercatore che lo hanno portato oggi ad essere conosciuto ed apprezzato dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale e di notevole utilità per la comunità economica e per i decisori politici.

Tutto questo rischia di essere vanificato e sperperato, la professionalità dei ricercatori mortificata, più di 500 fra borsisti e co.co.co che in questi anni hanno sopperito alla mancanza di organico rendendosi indispensabili, rimarranno disoccupati, in nome di un risparmio che se valutato correttamente risulta irrisorio.

In nessun Paese europeo le ragioni della crisi hanno portato allo scioglimento degli enti di ricerca che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro e della riduzione delle tutele sociali.

Per tali motivi, si ritiene la scelta dell’inclusione dell’ISPESL tra gli Enti soppressi:

* non appropriata alla luce dei compiti e del ruolo istituzionale affidato dalle norme a ISPESL, compiti e ruolo ribaditi dal Governo con il D.Lgs. 81/2008 ed il D.Lgs. 106/2009 in materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
* non in linea con le motivazioni alla base dell’ odierno decreto legge.

Chiediamo al Governo e al Parlamento di riconsiderare al più presto un provvedimento che depaupera un capitale umano e scientifico rilevante, e priva opinione pubblica, decisori pubblici ed organismi internazionali di un referente professionale autorevole e indipendente.


Firma l’appello


Appello contro la soppressione dell'ISPESL



L'ISPESL, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro, ha investito per 30 anni denaro pubblico per dotarsi di attrezzature e personale ricercatore che lo hanno portato oggi ad essere conosciuto ed apprezzato dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale e di notevole utilità per la comunità economica e per i decisori politici.

Tutto questo rischia di essere vanificato e sperperato, la professionalità dei ricercatori mortificata, più di 500 fra borsisti e co.co.co che in questi anni hanno sopperito alla mancanza di organico rendendosi indispensabili, rimarranno disoccupati, in nome di un risparmio che se valutato correttamente risulta irrisorio.

In nessun Paese europeo le ragioni della crisi hanno portato allo scioglimento degli enti di ricerca che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro e della riduzione delle tutele sociali.

Per tali motivi, si ritiene la scelta dell’inclusione dell’ISPESL tra gli Enti soppressi:

  • non appropriata alla luce dei compiti e del ruolo istituzionale affidato dalle norme a ISPESL, compiti e ruolo ribaditi dal Governo con il D.Lgs.81/2008 ed il D.Lgs. 106/2009 in materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • non in linea con le motivazioni alla base dell’ odierno decreto legge.

Chiediamo al Governo e al Parlamento di riconsiderare al più presto un provvedimento che depaupera un capitale umano e scientifico rilevante, e priva opinione pubblica, decisori pubblici ed organismi internazionali di un referente professionale autorevole e indipendente.

Against the abolition of ISPESL

During the last 30 years ISPESL (National Institute for Occupational Safety and Prevention) has been growing to become an institution of great relevance and scientific rigor as well as remarkably useful for policy makers in the field of occupational health. These resources would be lost or misused and more than 500 professionals unemployed, in the name of a small immediate money saving.

Having had the opportunity of appreciating the valuable works of ISPESL and the high professional quality of its individual researchers, we consider the abolition of ISPESL a great loss for the national and international community,

We ask the Parliament and government to reconsider as early as possible the inconveniency of such a measure that depletes a relevant human and scientific capital and deprives public opinion, policy makers, and international organizations of an independent reference authority.

Firma l'appello - Sign the call

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Ente di Appartenenza - Affiliation


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L'I.S.P.E.S.L. garantisce, ai sensi della legge 196/2003, l'assoluta riservatezza dei dati comunicati.
I dati forniti saranno utilizzati dall'I.S.P.E.S.L. esclusivamente per le attività inerenti l'appello contro la soppressione dell'ente.