venerdì 26 febbraio 2010

Congresso Cgil, alla mozione uno oltre l'80% dei voti


La mozione numero uno, “I diritti e il lavoro oltre la crisi”, primo firmatario Guglielmo Epifani, ha ottenuto un milione 500 mila 800 voti, pari all’82,93 per cento dei voti espressi. La mozione numero due, “La Cgil che vogliamo”, primo firmatario Domenico Moccia (ma sottoscritta anche da Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom e da Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica), ha raccolto 308 mila 886 voti, pari al 17,07 per cento dei voti espressi. Questo il risultato in termini elettorali delle 62.049 assemblee di base che si sono svolte in tutta Italia fino al 20 febbraio, in vista del XVI Congresso nazionale della Cgil, che si svolgerà a Rimini dal 5 all’8 maggio prossimi. Lo ha reso noto Carlo Ghezzi, presidente della commissione nazionale di garanzia, nella conferenza stampa di venerdì 26 febbraio.

Nelle assemblee di base – ha spiegato Ghezzi – hanno espresso un voto valido 1.810.530 lavoratrici e lavoratori di cui 594.422 pensionate e pensionati su un totale di 5.634.657 iscritti alla Cgil alla data del 31 dicembre scorso.

Tra i lavoratori attivi – ha affermato il presidente della commissione di garanzia in una nota ufficiale – la Fiom riconferma con nettezza il tradizionale e storico primato della partecipazione più alta dei propri iscritti alle assemblee di base e al voto, mentre cresce la partecipazione degli iscritti al sindacato pensionati Spi rispetto ai precedenti congressi.

La prima mozione prevale in tutte le categorie nazionali, ad esclusione della Fiom (dove la mozione due ha ottenuto il 72,98 per cento dei voti, contro il 27,02 per cento del documento di Epifani); in tutte le Cgil regionali; in tutte le Camere del lavoro territoriali ad eccezione di quelle di Brescia e Reggio Emilia. Nella Funzione pubblica la mozione uno ha ottenuto il 55 per cento contro il 44,94 per cento. Nella Fisac (bancari) il documento sottoscritto da Epifani ha ottenuto il 64,29 per cento contro 35,71 per cento andato alla “Cgil che vogliamo”.

I risultati sono pervenuti alla commissione nazionale in 122 verbali compilati dalle commissioni territoriali di garanzia e tutto il materiale, dopo il primo assemblaggio tecnico dei dati, sarà sottoposto – ha precisato Ghezzi - ad un meticoloso controllo di tutte le documentazioni ricevute al fine di poter attivare e completare ogni verifica necessaria per offrire alla Commissione nazionale gli elementi utili per procedere alla certificazione dei dati complessivi e conclusivi del Congresso.

Finora sono stati presentati 94 ricorsi sulle oltre sessantamila assemblee di base.

Subito dopo la conclusione delle assemblee di base il 20 febbraio, sono cominciati i congressi delle Camere del lavoro e delle categorie territoriali cui seguiranno i congressi regionali e delle categorie e, infine, il Congresso nazionale.

Rispetto all’eventualità che la “Cgil che vogliamo” non certifichi i risultati forniti dalla Commissione, Ghezzi ha affermato che “sta nell’ambito delle cose possibili anche se non auspicabili”. Non sarebbe comunque una novità nella storia della Cgil: successe già nel congresso del 1991, quando la minoranza cui faceva capo Fausto Bertinotti non certificò, appunto, i risultati delle assemblee che avevano premiato la mozione di Bruno Trentin (che invitava il sindacato a superare la logica delle componenti).

La certificazione – ha ricordato ancora Ghezzi – “sarà lunga e faticosa” e difficilmente sarà controfirmata dal presidente prima della fine di aprile, ossia quando saranno stati “esperiti meticolosamente tutti i controlli”.

Intanto la mozione “La Cgil che vogliamo” annuncia per lunedì 1 marzo una conferenza stampa che si terrà alle ore 12 presso la sede centrale del sindacato. Il portavoce del documento e segretario dei bancari, Mimmo Moccia, lamenta infatti alcune incongruenze nelle tabelle diffuse dalla commissione di garanzia. “Con una semplice calcolatrice - afferma in una nota - si può vedere che la somma dei singoli votanti, dei voti validi e dei partecipanti, non corrisponde al numero della tabella finale. Per non dire del numero dei voti validi corrispondenti a circa il 103% del numero dei votanti, con punte del 118%, per esempio in Calabria”, o del caso della Puglia, dove “i voti validi in numerose categorie sono superiori al numero ai loro iscritti”.

Parte delle incongruenze, fanno notare in Corso Italia, deriva dal fatto che in alcune assemblee non è stato registrato il numero dei votanti ma solo quello dei voti finali: "Alcune commssioni territoriali - si legge in una nota dello stesso Ghezzi - hanno inviato un verbale che contiene imprecisioni che riguardano in particolare il numero degli iscritti e il numero dei partecipanti mentre alcune hanno fornito il numero dei votanti senza il computo delle schede bianche o nulle o senza effettuare, nella apposita colonnina, la somma dei voti conseguiti dalle due mozioni". Tali imprecisioni, aggiunge Ghezzi, "non riguardano" "i voti attribuiti ad ognuna delle due mozioni".

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fonte: rassegna sindacale