venerdì 19 settembre 2008

IL 27 SETTEMBRE IN PIAZZA


IL 27 SETTEMBRE IN PIAZZA PER RIALZARE LA TESTA
CONTRO IL GOVERNO “MA ANCHE” CONTRO CONFINDUSTRIA



Sabato 27 settembre la CGIL di Torino organizza, nell’ambito delle iniziative nazionali, una manifestazione contro il Governo; non sto qui a ripercorrere tutta la serie di provvedimenti fatti in pochi mesi di vita del Berlusconi ter che, dalla scuola, alla sanità, alla questione dell’immigrazione, agli interventi di aumento della precarietà, prefigurano un modello sociale classista, sessista e anti operaio. .


La manifestazione cade in un momento in cui in Italia spira un vento mefitico di restaurazione, paura e insicurezza sul futuro; molti ritengono che il clima sociale esistente prevede , per un periodo di tempo non breve, forti complicazioni e difficoltà nel costruire un’opposizione di massa alle scelte dei poteri forti che governano l’Italia.


Io penso che non sia del tutto vero e che uno dei problemi principali è la credibilità dei soggetti politici e sociali che vogliono costruire opzioni alternative.


Per i partiti la risposta è stata evidente dai risultati delle ultime elezioni, per il sindacato italiano, fondamentalmente per la CGIL, ora viene il momento della verità.


Deve scegliere se diventare un sindacato “istituzionalizzato” in cui non conta quanto e chi si rappresenta ma quanto lo Stato o le controparti ti riconoscono (anche sostitutivi di pezzi di welfare) oppure mantenere un ruolo di rappresentanza del lavoro con tutto il portato di difficile autonomia rivendicativa e politica che questo comporta.


Se la CGIL mantiene il suo profilo storico dovrà necessariamente fare una riflessione sul suo recente passato e su come abbia diminuito un patrimonio di credibilità che era riuscita a costruirsi all’inizio degli anni 2000.


E’ forse prematuro, ma credo che l’opposizione alle scelte di questo Governo e della Confindustria non possano passare, ad esempio attraverso la riproposizione ideale di modelli concertativi (tra l’altro impossibili da praticare) su salari e pensioni, la difesa degli accordi del luglio dell’anno scorso (in particolare su precarietà e pensioni), ma riprendendo un proprio profilo di proposta complessiva alternativa.


Questa scelta non avverrà con una discussione “franca e pacata” ma cadrà sulla discussione sul modello contrattuale dove é difficilmente praticabile discutere, emendare, approfondire il testo che Confindustria ha presentato in evidente armonia con il Governo.


L’ipotesi del padronato italiano è un manifesto ideologico (con proposte concrete) su come e in cosa il sindacato italiano dovrebbe trasformarsi.
La tesi di Confindustria era ampiamente prevedibile sugli aspetti che riguardano gli elementi redistributivi e cioè che la contrattazione collettiva non abbia la possibilità di incrementare i salari (tra l’altro causa delle nostre critiche alla timidezza della piattaforma unitaria) lasciando alle imprese quote di profitto da elargire unilateralmente (una questione di interessi e potere) o destinare a se stesse.


Meno prevedibile era il modello complessivo di relazioni sindacali; nella proposta c’è un ruolo importante destinato ai sindacati confederali e credo che questa sia la vera posta in gioco con il tentativo di spaccare la tenuta di una fragile unità sindacale.


Si destinano ai confederali ruoli di vigilanza e controllo della contrattazione con le relative sanzioni sia a livello nazionale che a livello aziendale per chi esce dalle linee rigide determinate dall’accordo; si prefigura un modello militare e autoritario che nulla ha a che fare con il ruolo di rappresentanza dei sindacati e un riconoscimento a prescindere. Non è un caso che tutta la parte sulla democrazia e sulle regole della rappresentanza sia completamente assente; è semplicemente incompatibile.


Inoltre si riconoscono ruoli di gestione diretta di pezzi di welfare, attraverso la bilateralità (ammortizzatori sociali, avviamenti al lavoro ecc), alle organizzazioni sindacali riconoscendole istituzionalmente come parte attiva e “interessata” nello smembramento e esternalizzazione del welfare.


Il problema che si pone non é tanto l’opposizione alle proposte di Confindustria per salvare la CGIL, ma per riuscire a mantenere in Italia ancora una capacità collettiva di elaborazione rivendicativa dei lavoratori italiani sia a livello nazionale che a livello aziendale.
Per questo e per gli evidenti assist che governo e confindustria si fanno, è impossibile scindere la mobilitazione.


Ci aspetteranno tempi duri anche per la spaventosa crisi economica mondiale che è alle porte ma i lavoratori e le lavoratrici italiani/e, e con loro la CGIL, potranno essere il nucleo di una forte opposizione sociale.
Il 27 settembre non può che essere l’inizio.


Lavoriamo tutti perchè sia un buon inizio


Davide Franceschin