mercoledì 14 aprile 2010

La prima condanna di una società per violazione delle norme anti- infortuni


Giovanni Negri
MILANO

Modelli su misura per la sicurezza lavoro. Con un'attenzione particolare per i casi di subappalto o, comunque, di collaborazione. E poi di interesse della società evidente, quanto a risparmi di spesa, nell'aggirare le norme a presidio dei lavoratori. Per la prima volta un tribunale ha condannato alcune società per violazione del Testo unico in materia di protezione del lavoro e ha fornito una serie di importanti indicazioni sull'applicazione del decreto 231/01 a questa materia.



Il giudice unico di Trani ha depositato l'11 gennaio 2010 le motivazioni della sentenza con la quale, oltre a tre persone fisichem sono state anche pesantemente sanzionate tre societàper la sciagura del 3 marzo 2008 nella quale, alla Truck Center di Molfetta, persero la vita 5 persone durante la pulizia di una cisterna.
E' recente, tre il 2007 e il 2008, l'inserimento dell'omicidio colposo e delle lesioni gravi e gravissime, verificatisi sui luoghi di lavoro, tra i reati presupposto, quelli commessi da dipendenti o vertici di una società, nei quali la società stessa ha tratto un vantaggio o avuto un interesse. Proprio su quest'ultimo aspetto si erano concentrate molte perplessità. Il decreto 231 aveva infatti sino a quel momento (era il 2007 con la revisione di tutta la normativa a protezione del lavoro) compreso solo delitti dolosi, rendendo naturale il dubbio sul fatto che se un soggetto agisce colposamente, come nel caso degli illeciti in materia di sicurezza, non lo fa per un fine criminale.
Un'incertezza cui la sentenza risponde in materia abbastanza tranciante, mettendo in luce come la condotta alla base dell'omicidio colposo e delle lesioni gravi e gravissime sia caratterizzata da negligenza, imprudenza, imperizia, oppure nell'aggiramento di leggi o regolamenti. Se la morte o le lesioni costituiscono l'evento, proprio la condotta rappresenta il fatto colposo che è alla base dell'evento stesso. Per la sentenza <>. All'autorità giudiziaria spetterà il cimpito di accertare solo se la condotta che ha determinato l'evento (more o lesioni) sia stata provocata da scelte che rientrano oggettivamente nella sfera di interesse dell'ente oppure se la condotta gli ha provocato almeno un beneficio, senza interessi esclusivi di altri.

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