venerdì 25 giugno 2010

FIAT: CGIL, FIOM è fortemente rappresentativa e non se ne può fare a meno


In una intervista al 'Corriere della sera' la vicesegretaria generale della CGIL, Susanna Camusso: “oggi scioperiamo contro una manovra sbagliata, per cambiarla"


La FIAT dice che su Pomigliano andrà avanti coi sindacati che hanno firmato l’accordo sul rilancio dello stabilimento, senza la FIOM. No quindi alla vostra richiesta di riaprire la trattativa. Che lezione ne ricavate?
«Non ne ricaverei una lezione — risponde Susanna Camusso, vicesegretario della CGIL e, salvo sorprese, prossimo Segretario, da ottobre —. Piuttosto ci troviamo di fronte a una scelta miope della FIAT. All’azienda vorrei dire che abbiamo molto apprezzato il piano industriale e la scelta di confermare l’investimento dopo il risultato favorevole nel referendum. E che da qui a quando andrà a regime la produzione della Panda c’è tutto il tempo di riflettere e trovare una soluzione ai problemi che noi poniamo».

FIAT questa volta ha deciso che farà a meno della FIOM ed è una forte novità.
«Lo so e la giudico una svolta negativa. Forse frutto più dell’irritazione per un risultato nel referendum inferiore alle attese che una scelta ponderata. La FIOM è fortemente rappresentativa e non credo se ne possa fare a meno».

Ma neppure potete pensare di rimettere in discussione un accordo convalidato dal 62% dei sì nel referendum.
«Noi non poniamo mille problemi, ma 2: non è giusto penalizzare i malati veri se c’è assenteismo e non si deve intaccare il diritto di sciopero. La FIAT dice che non è sua intenzione? Lo espliciti».

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ieri al Corriere, ha detto che il 62% di sì è più di quanto si aspettasse.
«È lo stesso Sacconi che il 22 sera parlava di una valanga di sì. Consiglierei al ministro cautela».

Sempre Sacconi dice che il voto di Pomigliano è come quello del 1985 nel referendum sulla scala mobile. I lavoratori si sono dimostrati in entrambi i casi «lungimiranti». Anche allora la CGIL perse e vinse il governo, guidato dal socialista Craxi. Socialista come Sacconi, ma anche come Camusso.
«Ma come si può paragonare quel referendum dove votarono tutti gli elettori con questo che ha riguardato un’intesa aziendale? Vogliamo parlare del voto di Pomigliano? I lavoratori si sono dimostrati liberi e responsabili: hanno compreso che era in gioco il loro futuro, ma hanno anche voluto dire che non si può accettare qualunque condizione».

Lei nell’85 si schierò come gli altri socialisti della CGIL, con Craxi?
«No. Pensavo e penso ancora che i governi sulle materie del lavoro non debbano avere una funzione imperativa, ma favorire soluzioni avanzate. Una convinzione che deriva proprio dalla mia identità socialista alla quale sono rimasta fedele, mentre vedo che Sacconi è cambiato».

Quindi lei votò per l’abrogazione del decreto Craxi?
«Le rispondo che quel referendum, su materie del lavoro, era sbagliato».

I due referendum non sono paragonabili, dice lei. Ma si può parlare, come fa Sacconi, di svolta, con lo spostamento del baricentro delle relazioni industriali verso l’azienda?
«No. Forse Sacconi si è distratto, ma se c’è un tema che è classico delle vertenze sindacali di questi anni è proprio la riorganizzazione del lavoro. Piuttosto, ogni volta che si apre una divisione sindacale il ministro è pronto a dire che si apre chissà quale svolta epocale. Invece in questo caso vedo solo un’errore». Quale? «L’idea che indebolire il sindacato e dividerlo sia un fatto positivo. Tra l’altro questo è quanto di più lontano ci possa essere dalla tradizione socialista».

Perché la diaspora socialista ha portato i socialisti ad essere talvolta su fronti così aspramente contrapposti?
«Perché la diaspora comincia col craxismo. Alcuni, come il ministro, pensano che quella sia stata la migliore stagione del socialismo. Io no».

Oggi la CGIL fa un altro sciopero generale da sola. Sarà l’ultimo o continuerete così finché governa Berlusconi?
«Da 2 anni diciamo che sarebbe arrivata la crisi e abbiamo contrastato un governo che la negava. Abbiamo rivendicato politiche di sostegno per chi perde il lavoro e politiche fiscali più eque. Oggi scioperiamo contro una manovra sbagliata, per cambiarla». Scioperi che non portano a nulla. «Non è vero. Se gli ammortizzatori sociali sono più estesi è anche merito nostro. La contrattazione territoriale, inoltre, ha tutelato i più deboli. Certo, non siamo riusciti a capovolgere le politiche del governo, ma non ci arrendiamo».

Avanti tutta con gli scioperi o c’è qualcosa da rivedere?
«In questi anni abbiamo usato non solo gli scioperi. L’importante è tenere una prospettiva. Continueremo a impegnarci nella contrattazione. Possiamo fare meglio per innovarla ed estenderla, così come dobbiamo fare di più per i precari».

fonte http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=14123