lunedì 9 novembre 2009

Un congresso che rafforzi la Cgil e le lotte dei lavoratori.


di Nicola Nicolosi, coord.naz. Lavoro Società
In presenza di una profonda crisi economica e sociale ancora lontana dalla sua conclusione, in una situazio-ne di grande debolezza della opposizione politica della sinistra, incapace di arginare l’offensiva conservatrice, e con una trasformazione di Cisl e Uil in senso aziendalista e corporativo, il compito di ricostruire il legame sociale e le lotte collettive poggia pressoché interamente sulle spalle della Cgil, che, per la sua natura classi-sta e confederale, costituisce l’ultimo grande baluardo di resistenza per la difesa degli interessi di classe di lavoratori e pensionati e per la stessa democrazia, e continua a sostenere, anche da sola, la lotta contro le politiche antidemocratiche e antisociali del governo Berlusconi. Per questo viene considerata l’ultimo vero avversario da battere da parte del governo, del padronato e da molte forze politiche, ivi compresi alcuni set-tori del Partito Democratico, con l’evidente complicità di Cisl e Uil.
Noi di Lavoro Società abbiamo caratterizzato negli ultimi vent’anni tutti i congressi della Cgil, presentando per ben tre volte documenti alternativi, a partire dal merito, per l’autonomia del sindacato, contro le politiche neoliberiste che avevano condizionato gli accordi confederali degli anni ‘90, per la difesa di salari e pensioni, l’estensione dello Statuto, il voto vincolante dei lavoratori, una dialettica democratica interna fondata su aree programmatiche. Siamo così riusciti a cambiare profondamente la linea della Cgil, portandola a condividere i nostri stessi obiettivi. Il nostro essere sinistra sindacale si è concretizzato nella iniziativa, nella proposta e nel pensiero del sindacato.
In presenza di una situazione gravissima del paese e delle grandi difficoltà vissute da lavoratori e pensionati, abbiamo deciso di lavorare per costruire, nel merito delle proposte, l’unità della Cgil, come strumento decisi-vo per una risposta solidale, forte ed efficace, all’attuale crisi, capace di parlare ai lavoratori, ai pensionati e all’intera società in una battaglia per rompere l’accerchiamento, difenderne gli interessi, riunificare il mondo del lavoro, ricostruire un blocco sociale per promuovere una alternativa complessiva e cambiare il modello di società e di sviluppo. Premessa fondamentale di questa ricerca unitaria è stata la decisione della Cgil di con-trastare l’accordo separato sul modello contrattuale e il connesso modello di sindacato. Per questo abbiamo deciso di dare il nostro contributo ai lavori della commissione politica a partire dai contenuti del nostro do-cumento programmatico dello scorso maggio. Ciò che sta emergendo dai lavori della commissione è un pro-getto per il paese fondato su pace, democrazia, valore sociale del lavoro, lotta alle crescenti diseguaglianze (di genere, reddito, diritti, con l’ inclusione sociale degli immigrati), riunificazione del mercato del lavoro con-tro la precarizzazione (estendendo diritti, stabilità e tutele, ammortizzatori), estensione delle politiche pubbli-che, sgravi fiscali per salari e pensioni, nuova politica industriale, nuovo modello contrattuale (contro quello disegnato dall’accordo separato), voto decisionale su piattaforme e accordi, democrazia di mandato, contrat-tazione sociale ma anche radicamento sociale e pluralismo programmatico della Cgil.
Questo progetto esige una lunga fase di lotte caratterizzate da una diffusione e continuità, nelle categorie, nelle aziende, nei territori e nella società, per costruire, pur in presenza di una situazione di grande difficoltà, profondamente segnata dalla crisi, le condizioni per far crescere uno sciopero generale capace di coinvolgere non solo l’intero mondo del lavoro ma anche l’insieme della società, e di determinare così una spinta per il cambiamento delle attuali politiche governative. Questa mobilitazione è già da tempo iniziata e si è sviluppa-ta con un crescendo che ha visto i presidî per il lavoro dopo il rigetto delle proposte confindustriali, le mani-festazioni in cento città, gli scioperi territoriali, lo sciopero generale effettuato dalla sola Cgil il 12 dicembre, le altre iniziative di categoria e territorio fino alla grande manifestazione del 4 aprile al Circo Massimo, per arrivare negli ultimi mesi alle continue iniziative nazionali per i diritti, per la libertà d’informazione, per gli immigrati, contro l’omofobia, i due mesi di presidii a Roma, la prossima manifestazione del 14 novembre sul modello industriale, il tutto accompagnato da migliaia di mobilitazioni locali. La Cgil è la sola animatrice dell’insieme delle lotte che si svolgono attualmente nel nostro paese: in tutte le manifestazioni sventolano le bandiere della Cgil, dando loro il senso e la prospettiva di una strategia generale.
Il documento pubblicato da “Il Riformista”, presentato nell’ultima riunione della commissione politica con-gressuale, avanza una accusa di immobilismo e chiede un congresso di svolta, una radicale discontinuità, ma non presenta alcuna differenza nelle proposte programmatiche, che sono identiche a quelle elaborate dalla commissione, a cui però i firmatari del documento non hanno voluto dare alcun contributo.
I firmatari rappresentano posizioni eterogenee, che si sono differenziate in più occasioni, anche su questioni rilevanti, dalle politiche redistributive, alle privatizzazioni, ai beni comuni, fino al modello contrattuale in ver-sione “unitaria”. Ma anche nelle recenti dichiarazioni che riguardano la richiesta di una più stretta unità sin-dacale (a prescindere dalle differenze strategiche), il “contratto unico” (che prevede una riduzione delle tu-tele del lavoro e mette in discussione la centralità del Ccnl), il salario lavorativo minimo definito per legge che rende il sindacato subalterno al quadro istituzionale riducendone la capacità negoziale, il richiamo al modello tedesco dove è sostanzialmente assente il sindacato confederale e che limita la contrattazione al salario nazionale, escludendo gli obiettivi sociali, demandati alla politica. Si stravolgerebbe così, in senso mo-derato, il modello di sindacato italiano, cancellando tutta la ricchezza della politica confederale di riunifica-zione sociale della Cgil, nella sua battaglia per i diritti. Sono scelte moderate che non condividiamo ed a cui intendiamo opporci.
Forse il nodo centrale di questa vicenda risiede in una contrapposizione fra categorie e confederalità, che in-tende instaurare una dialettica simile a quella diffusa un tempo nella Cisl, caratterizzata da duri scontri dei segretari generali di categoria, veri e propri signori della guerra che allineavano dietro a sé il proprio sindacato, reprimendo qualsiasi dissenso interno. Anche la richiesta di abrogare dallo statuto i pluralismi pro-grammatici, avanzata da chi rappresenta la Fiom nella commissione regole, per cancellare la stessa esistenza di Lavoro Società, si muove nella logica di una battaglia contro quella confederalità che si caratterizza nel pluralismo delle opinioni. Ciò significa però guardare ad un passato ormai inadeguato in una realtà che vede frequente avvicendamento fra svariati lavori e categorie. Questo scontro, perdente e sbagliato, fra categorie e confederalità, minaccia di indebolire la Cgil proprio nel momento in cui è sottoposta all’attacco più grave degli ultimi decenni, lasciando strascichi pesanti per il futuro e determinando un grave arretramento di quel modello confederale che è sempre più necessario alla riunificazione del mondo del lavoro che oggi avviene soprattutto nel territorio e nella confederalità.
Le categorie devono svolgere un ruolo decisivo nel contrastare il modello dell’accordo separato, per la ricon-quista dell’autorità salariale, dell’autonomia contrattuale, del controllo e della riduzione degli orari di lavoro e dell’intervento sull’organizzazione del lavoro, ma ciò deve avvenire nell’ambito di una strategia confederale per la conquista di diritti esigibili per tutti, per ricomporre l’attuale frammentazione del mondo del lavoro, ri-badendo la centralità del contratto nazionale, quale strumento universale di garanzia dei diritti fondamentali e di incremento del potere d’acquisto delle retribuzioni, e il mantenimento dei due livelli contrattuali.
Una divisione “a prescindere” dal merito costituisce un grave errore politico rispetto al bisogno di unità pre-sente tra coloro che, nei luoghi di lavoro, stanno subendo, spesso in solitudine e con crescenti difficoltà, pe-santi attacchi alla occupazione ed alle condizioni di vita. Proprio l’assenza di evidenti differenze programma-tiche configura questa operazione trasversale destra-sinistra come una cordata di apparati che poco ha a che vedere con gli interessi e le esigenze di unità del mondo del lavoro.
Dobbiamo realizzare quel congresso “vero” che i firmatari sostengono di voler praticare ma che nei fatti tendono a smentire con una battaglia che elude il merito dei gravissimi problemi che abbiamo di fronte. Gli scontri di apparato possono solo indebolire la Cgil che deve mantenere alto il suo profilo confederale genera-le con una dialettica e un pluralismo democratico di natura programmatica come indica lo Statuto, per conti-nuare a rappresentare, sempre meglio, la parte migliore di questo paese. Deve mantenere alta la sua auto-nomia, la sua autorevolezza, la sua capacità di analisi e di mobilitazione per la ricomposizione del blocco so-ciale fondato sul lavoro. Tutto ciò ci conferma ancor più nella scelta di un approccio per un documento con-gressuale unitario, avanzato nel merito e nella volontà di perseguirlo attraverso l’autonomia della Cgil ed una vasta e duratura mobilitazione sociale.


Roma, 2 nov 2009
fonte:lavoro e società