martedì 20 maggio 2008

MIGRAZIONE








Motivi della migrazione
Mai prima d'ora tante persone vivono lontano dalla loro terra nativa. Condizioni di vita precarie, clima di violenza e guerre, degrado ambientale, prospettive economiche di miseria e divario crescente tra paesi poveri e ricchi sono alla base di un tale fenomeno. La mobilità generale e i nuovi strumenti di comunicazione condizionano non poco gli attuali movimenti migratori.
Da quando l'uomo vive su questa terra ci sono sempre stati movimenti migratori di gruppi o tribú verso altre regioni, nella speranza di trovarvi nuove e migliori condizioni di vita. Nel corso degli ultimi secoli le guerre hanno piú volte causato migrazioni di massa. Negli ultimi decenni la migrazione globale ha raggiunto proporzioni mai viste. Secondo i calcoli di organizzazioni internazionali, attualmente circa 175 milioni di persone vivono lontane dalla loro patria. Die esse 19,2 milioni sono ritenute "rifugiati" e "profughi di guerra".
Pessime condizioni di vita spingono la gente a emigrareSono considerate "migranti" le persone che vivono in un paese o in una regione diversa da quella che le ha visti nascere. Molti abbandonano la propria casa perché sovente scarseggiano terre coltive e pascoli fertili; mancano cibo, acqua e lavoro o altre condizioni per vivere. Anche le gravi catastrofi ambientali, come la siccità o le inondazioni, possono costringere folle di gente ad abbandonare il proprio paese. Circa due terzi dell'umanità vive attualmente in Stati economicamente deboli. Il crescente divario fra ricchi e poveri è il detonatore dei movimenti migratori che coinvolgono l'intero globo. Nel 1960 il quinto piú ricco della popolazione mondiale disponeva di un reddito 30 volte superiore a quello del quinto piú povero. Nel 1990 questa differenza di reddito è peggiorata: le proporzioni sono addirittura di 60 a 1.
La popolazione mondiale cresce, lo sviluppo economico ristagnaLa forte espansione demografica di alcune regioni e le disuguaglianze nello sviluppo economico spingono molti a emigrare. Gli Stati del Terzo mondo e dell'ex Unione sovietica soffrono della mancanza di capitali e di conoscenze scientifiche e tecnologiche. In alcuni di essi il debito pubblico eccessivo inghiotte gran parte della ricchezza economica. Bassi prezzi per le materie prime nonché barriere doganali e limiti all'importazione da parte dei paesi industrializzati ostacolano la sana crescita dell'industria d'esportazione. Una politica economica instabile, le incertezze sul piano del diritto e la corruzione dilagante demotivano investitori e industriali da attività produttive a lungo termine in queste regioni.
Violenza e soprusi costringono le persone a fuggireSono considerate "rifugiati" le persone che cercano un rifugio contro le persecuzioni a causa della loro razza, religione, etnia o delle loro opinioni politiche. A queste persone, la cui vita e libertà sono in pericolo, gli altri Stati devono offrire protezione, come stipulato da accordi internazionali. I "profughi di guerra" sono invece in fuga non perché vengono personalmente perseguitati ma a causa dell'avanzata della violenza, che mette in grave pericolo ampie fasce di popolazione di una regione o di un paese. Le persone vittime di questi conflitti si rifugiano spesso in un altro angolo del paese o in uno Stato limitrofo. Per prevenire sommosse, carestie, epidemie e disgrazie varie esse sono di solito ospitate in campi di profughi. La loro accoglienza e approvvigionamento costituiscono un onere immenso per i paesi in cui i profughi affluiscono. I campi di profughi, con decine di migliaia di persone straniere, suscitano poi insicurezza nella popolazione autoctona, mettendo in pericolo la stabilità politica interna della nazione d'accoglienza, provocando nuovi conflitti. In simili situazioni i paesi non tormentati da conflitti e con condizioni economiche stabili, sono chiamati a dar prova di solidarietà, assumendo i doveri e gli oneri che s'impongono in tali casi (p. es. accoglienza provvisoria dei profughi di guerra, missioni di pace, aiuti materiali e aiuti alla ricostruzione).