martedì 3 febbraio 2009

caso Lincolnshire: guerra tra poveri



Nota su caso Lincolnshire


Nel Lincolnshire si sta consumando una delle più brutte pagine della storia del movimento sindacale in tempi di globalizzazione: lavoratori inglesi contro lavoratori italiani.-La crisi economica di questi tempi, causata da un capitalismo votato alla speculazione finanziaria, senza regole, e centrata sulla ricchezza dei debiti, sta producendo uno dei malesseri sociali più gravi: poveri contro poveri – lavoratori contro lavoratori.
Mentre la crisi economica ha come effetto la perdita di migliaia di posti di lavoro, le
soluzioni prospettate a Davos sono esattamente identiche a quelle che la crisi l’hanno
provocata. Anche in Europa, la disoccupazione aumenta e la paura diventa fenomeno sociale. Casi di intolleranza razziale si consumano anche in Italia; fatti odiosi, inaccettabili, da condannare e combattere con tutte le energie. Tuttavia abbiamo il dovere di capire il malessere dei lavoratori e lavoratrici. In Europa si moltiplicano fatti e conseguenti sentenze che intervengono in materia di mercato del lavoro, di diritto alla mobilità di cose e di persone aprendo la strada al dumping sociale.
Le recenti sentenze Viking Line e Laval della Corte di Giustizia europea sulla preminenza del diritto d’impresa rispetto al diritto sindacale sancito da norme e contratti nazionali, hanno destato giusta preoccupazione nel sindacato, tra i giuristi, tra i lavoratori In questi casi il dumping salariale diventa un’opportunità, per le aziende, ad abbassare il costo del lavoro, determinando concorrenza sleale.
Nel caso della raffineria Lindsay, nella contea di Lincoln, la protesta sta assumendo
connotati che la destra politica e nazionalista, sta piegando contro lo “straniero”.
I lavoratori inglesi rivendicano che quel lavoro appaltato doveva utilizzare forza lavoro
locale già penalizzata per la perdita di cinquecento posti di lavoro nel solo mese di
dicembre. Se è vero che il contratto prevede una clausola di esclusione al lavoro dei
locali, la riteniamo sbagliata e fonte di discriminazione. L’impresa in questo genere di
questioni ha delle responsabilità enormi. Vogliamo peraltro ricordare che è un’impresa dove non è presente il sindacato. Ciò la dice lunga sul tipo di relazioni industriali. Gli effetti della crisi della globalizzazione non debbono allentare il legame di solidarietà internazionale dei lavoratori, condannando tutti quei fatti che possono condurre a forme xenofobe e razziste.
Riteniamo pertanto che: le norme europee non debbano prevedere meccanismi di dumping sociale e salariale, così come è successo nei casi Viking e Laval; che la direttiva Distacco debba essere modificata in quelle parti che, abusate, possono
creare contrasti tra lavoratori provenienti dai diversi Paesi.
Che si sviluppi la campagna della CES “Parità di lavoro, parità salariale” che ha il
significato di non accettare condizioni di lavoro e di remunerazione difforme nello stessopaese e per lo stesso lavoro.
Per sviluppare lo spirito dell’Europa Sociale abbiamo bisogno di solidarietà, valore a cuilegare aspirazioni e prospettive di benessere diffuso. Infine, la crisi economica e finanziaria non si combatte dentro i confini nazionali anche se a quei lavoratori inglesi vanno date risposte anche nei confini nazionali; va sviluppata un’iniziativa sindacale europea e globale a sostegno dei senza lavoro e per politichesociali ed industriali nuove e di prospettiva.


Sabina Petrucci                                                       Nicola Nicolosi
Responsabile Ufficio Europa Fiom Cgil               Responsabile Segretariato Europa Cgil