lunedì 23 marzo 2009

La chiave fiscale per superare la crisi





di Gian Paolo Patta
Sarebbe urgente reperire soldi veri, come ha detto Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, per far fronte ai drammi sociali causati dalla crisi, per rilanciare gli investimenti pubblici e per sostenere le imprese in difficoltà.
Questi soldi è doveroso prelevarli da coloro che ne hanno di più. Guglielmo Epifani prima e Dario Franceschini poi hanno proposto un contributo di solidarietà ai contribuenti che dichiarano più di 120- 150 mila euro di reddito annuo.
La proposta ha un valore sociale indiscutibilmente positivo: si fa appello alla solidarietà nei confronti di chi si trova in gravi difficoltà, magari perché rimasto disoccupato a seguito di licenziamenti e crisi aziendali. 
Il limite della proposta è che il gettito che produrrebbe sarebbe totalmente insufficiente alle necessità del paese e non colpirebbe la grande ricchezza finanziaria e immobiliare. La ricchezza posseduta dalle famiglie ammontava nel 2007, secondo la Banca d'Italia, alla ragguardevole cifra 8.500 miliardi di euro, dei quali ben 3.652 miliardi in attività finanziarie nette.

Famiglie fortunate
Gli italiani ricchi sono quel 10 per cento di famiglie che detiene il 45 per cento di questa ricchezza complessiva. Almeno la metà della quale deriva da eredità e non da meriti particolari dei possessori. Dentro questo 10 per cento esiste un nucleo pari al 2,5 per cento delle famiglie che nel 2008, secondo uno studio dell'Aipb, possedeva in sole attività finanziarie 779 miliardi di euro (poco meno del 50 per cento del Pil) nonostante una svalorizzazione del 6 per cento causato dall'insorgere della crisi. 
Queste fortunatissime famiglie posseggono inoltre immobili, oggetti di valore, terreni, aziende, ecc.. 
Le imposte ricavate da tutti i patrimoni finanziari, nel 2007, sono state 4,4 miliardi di euro dalle ritenute su interessi e premi corrisposti da istituti di credito e 5,2 miliardi di euro dalla tassa sostitutiva su interessi e premi di obbligazioni e titoli similari. Più 1,8 miliardi su redditi da capitale e plusvalenze e 1,1 miliardi sulle riserve dei rami vita delle assicurazioni. Totale delle imposte sulle attività finanziarie circa 14 miliardi di euro. Più o meno è andata così anche nel 2008. Queste imposte rappresentavano l'1,9 per cento delle entrate correnti delle Pubbliche Amministrazioni. 
In conclusione, sul totale degli 8.500 miliardi di euro di patrimonio, le pubbliche amministrazioni, comprese le tasse sugli immobili, ricavano un gettito di 22 miliardi di euro circa: lo 0,25 per cento di questa ricchezza. Nessun paragone è possibile con gli oltre 121 miliardi di tasse pagate sui 417 miliardi di retribuzioni.

La faccia tosta di Robin Tremonti 
Il mancato recupero del fiscal drag ha,infatti, prodotto effetti abnormi sulle retribuzioni dei dipendenti nel 2008. L'aumento nominale del monte retribuzioni è stato, secondo l'Istat, di 17,3 miliardi di euro, la sottrazione di quanto mangiato dall'inflazione ridimensiona l'aumento reale a 1, 85 miliardi di euro. Le ritenute da lavoro dipendente sono aumentate - scrive il Ministero dell'economia - di 9 miliardi di euro, pari al + 8,1 per cento a fronte di un aumento nominale delle retribuzioni lorde del 3,5 per cento. Quindi il potere d'acquisto effettivo delle retribuzioni è diminuito di oltre 7 miliardi di euro. 
Alle retribuzioni lorde occorre inoltre detrarre l'aumento dei contributi a carico dei lavoratori pari a circa 1,3 miliardi di euro e un altro miliardo di aumento delle addizionali Irpef regionali e comunali. In totale, il potere d'acquisto reale è calato di 9,3 miliardi di euro. Un po' di più di quanto siano caduti i consumi, a prezzi deflazionati, di tutte le famiglie residenti (meno 5 miliardi). 
Altre categorie sociali hanno quindi migliorato la loro capacità di consumo. C'è qualche ragione quando si dice che pagano sempre i soliti: sia in termini di aumento di pressione fiscale sulle loro retribuzioni, sia in termini di calo di consumi.
Gli altri principali tributi hanno dato, al contrario dell'Irpef, un gettito minore rispetto al 2007: l'Ires di 3 miliardi, l'Iva di 1,8 miliardi, l'Irap di 2,8 miliardi e l'Ici di 3,3 miliardi, mentre la tassa di successione è praticamente scomparsa. 
Soddisfatto, il ministro del Tesoro annuncia un lieve calo della pressione fiscale (meno 0,3 per cento). Cioè un consistente sconto al blocco sociale egemone nel centrodestra pagato da un pesantissimo incremento del prelievo sui lavoratori. La incredibile faccia tosta del Robin Hood Tremonti è che, invece di correggere questa macroscopica ingiustizia, si accinge a concedere a Confindustria e autonomi la revisione degli studi di settore per pagare ancora di meno.

Riscrivere il patto fiscale
Credo che occorra riscrivere un patto fiscale che è completamente saltato, privo com'è di qualsiasi traccia di giustizia. Bisogna anche dire basta alla presa in giro che non si possono introdurre tasse patrimoniali per evitare di tassare i titoli di stato posseduti dai poveri pensionati: primo, perché nel portafoglio finanziario delle famiglie i titoli di stato rappresentano solo il 5 per cento del totale e secondo, perché i pensionati, più i ricchi che i poveri, posseggono solo il 7 per cento dei titoli di stato che per oltre l'80 per cento sono posseduti da stranieri o da istituti finanziari.
Il 10 per cento degli italiani possono pagare di più attraverso una seria tassa di successione, senza arrivare all'estremismo di Einaudi che credeva nell'abolizione delle eredità, e il rispetto del dettato costituzionale che prevede la progressività dell'imposizione fiscale oggi relegata alla sola Ire (ex Irpef) che incide solo per circa il 20 per cento sulle entrate globali delle Pubbliche amministrazioni e una Tobin tax che, se introdotta per tempo, avrebbe evitato la crescita paurosa della speculazione finanziaria.
È una esigenza dello stesso capitalismo: se vuole andare avanti deve trasferire risorse dalla rendita alla produzione. Si può fare solo attraverso lo Stato e solo attraverso il fisco. Continuare a vessare i lavoratori dipendenti aggraverà la crisi stessa con conseguente sgonfiamento di patrimoni finanziari privi di solide basi nell'economia reale.

fonte:Il Manifesto del 20.03.2009