venerdì 19 giugno 2009

UN MILIONE DI DISOCCUPATI IN PIÙ


Le cifre cambiano di pochi decimali, ma quello che unisce le previsioni di tutte le maggiori istituzioni internazionali è il pessimismo. Che si esprime anche con continue revisioni al ribasso delle precedenti stime. Ieri è stata la volta del CsC, il Centro studi della Confindustria, a fornire il nuovo quadro previsionale. Quest'anno è dato ormai per perso: il Pil diminuirà del 4,9%, rispetto alla una precedente stima del 3,5%. Per il prossimo anno, invece, è prevista una leggera ripresa con il Pil che dovrebbe risalire dello 0,7%. Ma la ripresa - come ha dichiarato il direttore di CsC «si preannuncia lenta: non si hanno per ora avvisaglie di un rimbalzo più deciso». Poi con pessimismo ha aggiunto: «si delinea una ripresa ripida, nel senso di qualcosa di difficile, faticoso, impegnativo. Al di là dei piccoli progressi di domanda e attualità, graveranno a lungo sulle prospettive gli abissali livelli perduti, che non saranno colmati in tempi brevi». Risultato: «la ripresa continuerà a mordere anche nei prossimi mesi». E, come ha sostenuto la Marcegaglia, se il governo non si da una smossa, serviranno 5 anni per tornare ai livelli produttivi pre-crisi.
La Confindustria, insomma, non è ottimista. Tra l'altro conferma una cifra che già era stata fatta dalla Cgil mesi fa: in due anni la recessione provocherà la perdita di un milione di posti di lavoro. In alcuni casi mascherati dal ricorso - delle aziende che possono - con il ricorso alla Cassa integrazione, ma più speso con licenziamenti secchi. Anche se il CsC non lo dice - come invece ha fatto esplicitamente Bankitalia - i più esposti al rischio sono i lavoratori atipici. Il tasso di disoccupazione nel 2010 toccherà il 9,3% (l'Ocse è più pessimista e parla del 10%) il livello più alto dal 2000. Come conseguenza diretta della riduzione dei redditi da lavoro, diminuiranno i consumi (-1,9%, in accelerazione dallo 0,9% del 2008). Per gli investimenti (vista la scarsa domanda e l'abbondanza di capacità produttiva inutilizzata) sono previste cadute a due cifre.
Per finire i conti dello stato: il deficit pubblico è destinato ad aumentare nel 2009 al 4,9% del Pil, dal 2,7% nel 2008, e inizierà a rientrare nel 2010 (4,7%). Il debito pubblico crescerà dal 105,7% del Pil toccato nel 2008 al 114,7% nel 2009, fino raggiungere nel 2010 il 117,5%. L'aumento, secondo il CsC, «é attribuibile al peggioramento del deficit e, in misura contenuta, agli interventi di sostegno al sistema bancario previsti dal decreto anticrisi, ma soprattutto all'andamento del denominatore del rapporto». Il che significa che se il Pil (il denominatore) non cresce, i rapporti percentuali con il deficit e il debito tendono inevitabilmente a deteriorarsi.
Una analisi pessimista e condivisibile: ma cosa propone la Confindustria per uscire dalla crisi? Sostanzialmente nuove riforme (della Pa) e nuove liberalizzazioni. Secondo le cifre illustrate, l'effetto sarebbe una crescita del Pil italiano nei prossimi venti anni del 30%. In particolare - ha sottolineato il direttore del Centro studi - «il prodotto interno lordo potrebbe potenzialmente» di questa entità «solo intervenendo in quattro settori in particolari: la riduzione della burocrazia, o comunque una pubblica amministrazione più efficiente, il potenziamento delle infrastrutture, l'allineamento del capitale umano o di cultura verso altri paesi, le liberalizzazioni». Quanto al Mezzogiorno, «le politiche messe a punto per tutto il paese e mirate alla maggiore efficienza nei settori più colpiti devono essere accentuate al Sud, perché lì gli effetti sono maggiori e amplificati».
Per la Marcegaglia: «alcuni segnali di miglioramento» ci sono, ma questo non significa che l'emergenza sia finita. « Se non cambiamo, se non facciamo cose concrete, ci metteremo almeno 5 anni a tornare ai livelli pre-crisi», avverte la presidente di Confindustria. Questi mesi, per la Marcegaglia, saranno essenziali per tornare ad agire, altrimenti «rischiamo di perdere un pezzo del sistema produttivo». Una dichiarazione in linea con quanto sostenuto da Mario Draghi nelle considerazioni finali del 29 maggio. Per il governatore di Bankitalia: «una volta sperata la crisi, il nostro paese si ritroverà non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato - fisico e umano - depauperato dal forte calo degli investimenti e dall'aumento della disoccupazione». Infine la presidente degli industraili ha anche dichiarato: «la guerra all'illegalità è una mission fondamentale di questa mia Confindustria».
Roberto Tesi
19/06/2009 | Manifesto | Economia

fonte:www.cgil.it