sabato 11 luglio 2009

Cremaschi - Dopo la rottura sui contratti la Cgil prenda atto che siamo entrati in una nuova epoca di competizione sindacale


La decisione della Fim e della Uilm di procedere alla disdetta unilaterale del Contratto nazionale dei metalmeccanici segna, come ha detto il Segretario generale della Fiom, uno spartiacque sia sul piano delle relazioni sindacali sia, ancor di più, su quello dei rapporti unitari. Non era mai accaduto che si disdettasse un contratto due anni prima della sua scadenza, tantomeno da parte di sindacati di minoranza, senza il consenso del sindacato di maggioranza e in applicazione di un accordo separato – quello sul sistema contrattuale –non votato dai lavoratori. Siamo quindi entrati in un’altra epoca sindacale, nella quale non ha più senso parlare di Cgil, Cisl e Uil, a meno che non ci sia rapidamente una resa del principale sindacato italiano, che lo porti ad accettare l’accordo che a suo tempo non ha sottoscritto. (...)


Se questo, come speriamo e crediamo, non avverrà, l’unica strada che ha di fronte la Cgil è quella di costruire un altro modello di iniziativa sindacale, nel quale la competizione aperta con le altre organizzazioni sia la normalità e l’accordo unitario l’eccezione. Questo è il nodo politico di fondo che si presenta nella vita interna e nelle scelte della Cgil e delle sue categorie. Finora, ha prevalso nel gruppo dirigente confederale la posizione di circoscrivere e minimizzare il danno. Ci sono tante cose su cui siamo d’accordo, c’è la crisi, la rottura sul sistema contrattuale non può influenzare tutto il resto. Ma questa posizione è priva di consistenza politica, rischia di essere sostanzialmente solo una testimonianza di buona volontà, di fronte all’effetto strategico della rottura nelle piattaforme e nelle vertenze contrattuali. I contratti sono l’attività fondativa e prioritaria del sindacato, se si rompe lì non si può dire che resta comunque un terreno unitario.
A questo punto la Cgil ha di fronte a sé due scelte, escludendo naturalmente quella della resa. La prima è quella di continuare a ignorare la realtà e di operare come se ci fosse ancora l’unità con Cisl e Uil, sperando in qualche miracolo o in un ravvedimento della Confindustria e del sistema delle imprese. Questa scelta produrrà solo confusione e indebolimento tra tutti quei lavoratori, e sono tanti, che oggi pensano che sia necessario lottare non solo per affrontare la crisi, ma anche per impedire che essa divenga, per il padronato, l’occasione per distruggere diritti e conquiste. Operare come se la rottura sui contratti fosse una questione di secondo piano significa collocare la Cgil e tutto ciò che rappresenta in una posizione di debolezza e marginalità. L’alternativa è fare di necessità virtù.
La rottura con Cisl e Uil deve diventare l’occasione per la ricostruzione di un rapporto diretto e solido, fondato sulla partecipazione e la democrazia, con le lavoratrici e i lavoratori. Deve alimentare la lotta contro la burocratizzazione della vita sindacale, deve diventare lo strumento con cui si organizzano conflitti e vertenze, con cui si rinnova la pratica sindacale e si affrontano i cambiamenti dell’organizzazione del lavoro, a partire dalla precarietà.
Infine, la crisi dell’unità sindacale, deve diventare l’occasione per riaprire sul serio la questione della democrazia sindacale. Bisogna uscire da un sistema, oramai superato dai fatti, ove Cgil Cisl e Uil si autoregolano e poi fanno sì che quello che definiscono per sé sia la democrazia che vale per tutti. Si deve entrare sul terreno della competizione democratica tra i sindacati. Il che vuol dire che deve essere garantito il momento del voto, nel quale le lavoratrici e i lavoratori possano decidere chi li rappresenta per fare i contratti e poi, sul merito dei contratti stessi. La legislazione attuale nasce dall’epoca dell’unità sindacale di fatto, monopolizzata da Cgil, Cisl e Uil. Oggi il mondo sindacale e quello del lavoro sono profondamente cambiati. Ci vuole una democrazia che regoli le differenze e permetta in concreto che le maggioranze reali decidano e le minoranze possano aspirare a diventare maggioranza. Altrimenti saranno solo le imprese, pubbliche o private, a governare le scelte sindacali.
Con la rottura sui contratti nazionali si è aperta una nuova fase delle relazioni sindacali, della quale la Cgil dovrà prendere atto e rispetto alla quale dovrà necessariamente attrezzarsi. Per questo, più che la collocazione dei singoli dirigenti rispetto al congresso del Partito Democratico, sarà decisiva, nel principale sindacato italiano, la collocazione di essi rispetto alle scelte da compiere dopo la rottura con Cisl e Uil.


Roma, 10 luglio 2009

fonte: rete 28 Aprile