sabato 18 luglio 2009

Due strade a congresso


Ieri mattina il governo ha annunciato l'ennesimo disegno di riforma delle pensioni, abusando della parità tra i sessi per fare cassa. Nello stesso momento la Svimez, presentando il suo rapporto annuale, descriveva un sud Italia devastato e abbandonato a se stesso, mentre il ministro dell'economia aveva da poco redatto un Dpef avaro negli investimenti pubblici e generoso con i grandi evasori fiscali. Una gestione della crisi tutta interna alla logica della diseguaglianza.
Sempre ieri, ma nel pomeriggio, Giulio Tremonti, invitato alla Conferenza programmatica della Cgil dedicata alle «nuove sfide dell'uguaglianza», ha tenuto la sua lezioncina sulla crisi globale, ha spiegato che di più e di meglio il governo non poteva fare e che - comunque - l'Italia è forte e tutto va (quasi) bene, evitando di rispondere alle sollecitazioni che - molto cortesemente - gli venivano fatte. Un capolavoro di egemonia, ma di destra. Oppure una presa per i fondelli. Non è di poco conto che Tremonti riesca a uscire politicamente indenne da un assise del sindacato che viene ogni giorno messo nell'angolo dal governo - di cui lui gestisce la cassa -, nel pieno di una crisi economica che sta mettendo in croce chi quel sindacato rappresenta. E anche se la Cgil promette che «non farà sconti a nessuno», la giornata di ieri rivela una difficoltà non di poco conto. Che ha due fronti. Il primo è tutto politico. Ormai da più di qualche anno il sindacato svolge un ruolo di supplenza a una sinistra inesistente (nel merito) o irrilevante (nella consistenza). Ciò gli ha permesso di diventare l'unico punto d'incontro e di confronto di una comunità politica disgregata e in crisi di idee. Ma l'altra faccia della medaglia è rappresentata dall'assenza di una «sponda» istituzionale, con il rischio di esaurire gran parte delle proprie energie nel confronto politico in senso stretto. E ritrovarsi come interlocutore solo Tremonti.
Il secondo è tutto sindacale. Affrontare il tema dell'uguaglianza nell'era della crisi globale - per restare al tema di ieri - è certamente arduo e impone di scegliere tra due strade. Una punta alla riduzione del danno: togliere un po' di diritti a chi ne ha per darne qualcuno a chi non ne ha, contrastare dove possibile la riduzione dell'occupazione, dei salari, del welfare con le ricette note della spesa pubblica. Strada ben conosciuta, ma - stando ai fatti - sempre meno fruttuosa e attualmente molto affidata all'unica politica in campo. Quella di Tremonti. La scelta alternativa è una ridiscussione strategica sul modello di sviluppo e sull'uso della ricchezza. Cosa che, a parole, viene fatta da tempo, ma che non trova uno sbocco concreto perché separata dalla contrattazione e perché quest'ultima è stata fortemente indebolita negli ultimi anni. A favore dell'incombente supplenza politica e in nome delle compatibilità finanziarie - quelle che rendono inutile ogni discorso su un diverso modello di sviluppo. Forse, per non ritrovarsi di fronte sempre e solo Tremonti, la Cgil che va a congresso dovrebbe decidere cosa vuole essere e quale di queste due strade prendere.
fonte. il manifesto