mercoledì 8 aprile 2009

L’attacco al testo unico per la salute e la sicurezza sul lavoro







08/04/09 - Articolo 21 - Editoriali - L’attacco al testo unico per la salute e la sicurezza sul lavoro

L’attacco al testo unico per la salute e la sicurezza sul lavoro

di Diego Alhaique

Se sarà approvato così com’è, sarà uno scempio. Quello presentato dal ministro Sacconi non è infatti un decreto semplicemente “correttivo” (per correggere errori materiali e tecnici) del Testo unico varato dal governo di centro sinistra un anno fa per la salute e la sicurezza sul lavoro. È un vero stravolgimento di tutta la concezione giuridica e normativa su cui per oltre sessant’anni si è basata e si è andata perfezionando e consolidando la tutela dell’integrità psicofisica dei lavoratori, non solo in Italia, ma anche in Europa. Per rendersene conto è sufficiente citare due nuove disposizioni (gli articoli 2 bis e 15 bis) con  le quali il provvedimento, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 27 marzo scorso, alleggerisce in modo sostanziale le responsabilità dei datori di lavoro, delle persone giuridiche e degli altri soggetti.

L’art. 2-bis stabilisce che la corretta attuazione delle norme tecniche e delle buone prassi equivale (“conferisce presunzione di conformità”) all’applicazione delle prescrizioni di corrispondente contenuto del decreto. Si confonde così il piano della volontarietà (tipico delle norme tecniche e delle buone prassi) con quello dell’obbligatorietà (adempimenti imposti dalla legge), esponendo con ogni probabilità l’Italia ad una censura europea, poiché le norme del dlgs 81 attuano direttive il cui contenuto non può che avere forza di legge. La stessa presunzione di conformità, in questo caso addirittura a tutte le prescrizioni del decreto, viene riconosciuta se si adotta un modello di organizzazione e gestione della sicurezza, certificato dagli enti bilaterali e dalle università, attribuendo così compiti impropri ad organi non di vigilanza. La medesima previsione viene introdotta per l’utilizzo di macchine marcate Ce.

L’ art. 15 bis deroga ai principi generali del diritto penale, riducendo le responsabilità del datore di lavoro e dei dirigenti nel caso non abbiano impedito un evento. Si indebolisce di fatto la grande capacità di prevenzione dell’art. 2087 del codice civile, facendo venir meno l’obbligo dell’imprenditore di “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica dei lavoratori”, limitandolo al rispetto delle sole norme di legge ed esonerandolo dall’adeguamento al progresso scientifico. Inoltre si stabilisce che il datore o il dirigente non rispondono dell’infortunio se l’evento è ascrivibile alla colpa di un altro soggetto (preposto, medico competente, lavoratore ecc.), anche se il datore o il dirigente abbiano contribuito a causarlo. Si tratta di un chiaro eccesso di delega, perché si introduce una norma che, per la sua rilevanza sistematica, dovrebbe essere inserita nel codice penale.

Ma non ci si ferma ai principî. C’è poi un attacco ai diritti individuali dei lavoratori, alla capacità di rappresentanza e allo stesso sistema di prevenzione. Si introduce la possibilità che il lavoratore possa essere visitato dal medico dell’azienda ai fini dell’assunzione (in contrasto con l’art. 5 dello statuto dei lavoratori) e viene minato il sistema di sorveglianza epidemiologica, cancellando l’archiviazione presso l’Ispesl delle cartelle sanitarie e di rischio. Anche la valutazione dei rischi è presa di mira: quella dello stress viene praticamente rinviata sine die e il documento di valutazione sui rischi da interferenze, il cosiddetto “duvri”, la cui elaborazione è cruciale in caso di appalto, è abolito per lavori la cui durata non sia superiore ai due giorni. Sono smantellati anche vari altri adempimenti, come la comunicazione all’Inail dei nominativi degli Rls (che tra l’altro era già avviata) e degli infortuni di almeno un giorno. Sono tagliati i fondi per il sostegno alla rappresentanza territoriale e attaccato il diritto sindacale di controllo e proposta per la prevenzione (art. 9 dello statuto). Ciliegina sulla torta un’ampia riduzione delle sanzioni. Basti un esempio: la mancata o incompleta valutazione dei rischi punita dal dlgs 81 con 4 o 8 mesi di arresto o 5.000-15.000 euro di ammenda passa a 3 o 6 mesi e 2.500–6.400 euro. Solo per il lavoratori c’è un aumento: da 200-600 a 300-800 euro. “Lor signori” sono serviti.