domenica 3 maggio 2009

LIBERTA' DI STAMPA




Libertà di stampa nel mondo l' Italia scivola al 78esimo posto

ROMA - Nella speciale classifica sulla libertà d' espressione, l' Italia - che già l' anno scorso era ferma alla posizione 74 - si ritrova adesso ancora più giù. Il verdetto arriva dall' ultimo rapporto di "Freedom House", centro studi statunitense fondato da Eleanor Roosevelt nel '45, peraltro di area moderata. La nostra attuale collocazione? Siamo settantottesimi, quattro posti più in giù dell' anno scorso, superati da decine di altre nazioni (tra cui molte dell' ex blocco comunista), dalla Namibia e dallo Botswana, e ormai a pari merito con la Mongolia o la Bulgaria. Che cosa si è inceppato nel sistema delle nostre libertà? Gli studiosi di "Freedom House" lo spiegano in una analisi di due pagine dove il nostro Paese - già alla primissima riga - viene etichettato come «parzialmente libero» (proprio come la Turchia). "Freedom House" ricorda, intanto, che la legge italiana sul conflitto d' interessi vieta ai politici la gestione diretta delle loro aziende, ma non ne impone la vendita. Proprio per questo la normativa - voluta dal Polo, ma osteggiata dall' Unione - ha avuto un «impatto modesto» sull' impero mediatico di Berlusconi. Viceversa ha avuto un visibile impatto la legge Gasparri sulla comunicazione. La normativa ha evitato il trasferimento su satellite di Retequattro, previsto invece da una sentenza della Corte Costituzionale del 2002. In un simile scenario, il Cavaliere conserva una diretta influenza sulle tre reti di sua proprietà, ma anche sui tre canali della Rai. Uno degli effetti è la grande visibilità del nostro primo ministro, presente sullo schermo fino al 42 per cento del tempo riservato a tutti i politici. "Freedom House" cita, a questo riguardo, i dati dell' Osservatorio di Pavia. Il rapporto non è solo critico. Riconosce che i giornali proprietà di Berlusconi danno comunque voce alle opposizioni parlamentari. Il Polo poi ha anche pensato all' abolizione del carcere per il giornalista colpevole del reato di diffamazione. Peccato che il provvedimento si sia impantanato nelle secche parlamentari. Capita così che un cronista italiano venga condannato a 18 mesi di carcere e ad una multa di 100 mila euro. - ALDO FONTANAROSA

FONTE:Repubblica — 29 aprile 2005   pagina 24   sezione: POLITICA INTERNA