martedì 19 maggio 2009

SICUREZZA / LAVORO


Chi non previene gli infortuni è sempre responsabile

di Santo Della Volpe

Il principio è : non impedire un evento che si ha l'obbligo per legge di prevenire, equivale a cagionarlo. E' questo il cardine della giurisprudenza in materia di Infortuni sul lavoro intorno al quale sono state pensate ed emesse tutte le sentenze in materia di incidenti sui luoghi di lavoro da parte della magistratura italiana, dai Tribunali sino alla Cassazione. Ed è proprio questo il principio che l'articolo 15bis pensato dal ministro Sacconi e dal governo Berlusconi, vuole cambiare, nonostante le ripetute sentenze della magistratura e nonostante quello stesso principio sia il cuore della direttiva comunitaria 391 dell'Unione Europea, che pure l'Italia ha recepito anni fa.

Quell'articolo 15bis,inserito per altro all'ultimo momento dopo che le modifiche al Testo Unico della sicurezza erano già state sottoposte alle parti sociali ed anche ai magistrati impegnati nei processi sugli infortuni sul lavoro, vorrebbe invece affermare che "il non impedire l'evento equivale a cagionarlo" solo a 5 condizioni, 4 delle quali sono abbastanza marginali ed ininfluenti: ma una delle condizioni poste dalla modifica di Sacconi sarebbe devastante per la giurisprudenza e ,ovviamente,per le vittime degli infortuni. Il comma D di questo 15 bis,recita infatti che "il non impedire l'evento equivale a cagionarlo a condizione che l'evento non sia imputabile ai soggetti di cui agli articoli 56,57,58,59 e 60 del presente decreto legislativo per la violazione delle disposizioni ivi richiamate", dove quelle cifre dal 56 al 60 indicano i cosiddetti preposti, cioè i capi-reparto,i responsabili di stabilimento,ma anche i progettisti, gli installatori,anche i medici che danno valutazioni sulla sicurezza. Tutti tranne i manager ed i proprietari dell'azienda. In questo modo ,se quell'articolo fosse approvato, i soli responsabili degli incidenti sul lavoro sarebbero i sottoposti dei dirigenti ed i dirigenti medi, mai i manager. Non solo.

In quegli articoli dal 56 al 60 già citati si annida anche il lavoratore vittima dell'infortunio. Una dimenticanza, un momento di difficoltà o anche di stanchezza che potesse far partecipare il lavoratore all'incidente di cui è vittima, finirebbe per assolvere il datore di lavoro, perché la minima colpa del dipendente farebbe ricadere su di lui l'intera responsabilità dell'incidente, in quanto il principio del" non prevenire equivale a cagionare" verrebbe stravolto dalle responsabilità dirette che verrebbero accollate agli altri dirigenti medi ed allo stesso dipendente che la modifica della legge vorrebbe introdurre. In poche parole alla fine la colpa dell'infortunio ricadrebbe su chi lo subisce o su chi gli sta immediatamente vicino e sopra nella scala gerarchica assolvendo i proprietari e manager dell'azienda.

In questo modo si introdurrebbe un colpo di spugna su tutti i processi in corso (da quello Thyssenkrupp a quello Eternit, passando per le morti di Molfetta, Mineo o Campello sul Clitumno) e si darebbe il via al più ampio ed antistorico cambio della giurisprudenza a livello europeo che si ricordi.
Per questo è invece importante la Sentenza della Cassazione emessa il 28 gennaio scorso in merito ad un processo per incidente alla Thyssenkrupp di Torino del 2002. La alleghiamo a queste note con prefazione e postfazione. Perché nonostante i linguaggio giuridico,comunque chiaro e comprensibile , si espone la attuale giurisprudenza, i principi che la regolano ed i diritti/doveri dei datori di lavoro in materia di sicurezza. Per prevenire e non intervenire quando ormai il sangue è stato versato.

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FONTE:articolo21.info