mercoledì 20 maggio 2009

VOLTAGABBANA


LETTERE AL CORRIERE RISPONDE SERGIO ROMANO

Cambiare casacca: vizi e virtù dei voltagabbana

Sui giornali appare spesso l' argomento dei voltagabbana. Si gira intorno alla questione, ma la realtà è semplice: essere voltagabbana è nel carattere degli italiani, nel loro Dna. Tra le nostre qualità non ci sono affidabilità e lealtà, la storia lo dimostra a iosa. Prevale il cinismo, prevale l' atteggiamento espresso dal consueto « Chi se ne frega! » e l' ancor più antico: « Francia o Spagna pur che se magna » . Per consolarci potremmo citare ciò che diceva Bertolt Brecht: beato il popolo che non ha bisogno di eroi. I nostri pochi eroi lo sono per caso. Paolo Bressano bressano@ yahoo. it Caro Bressano, sul tema della sua lettera esistono almeno due libri apparsi in questi ultimi anni presso l' editore Marsilio: un saggio di Pialuisa Bianco ( « Elogio del voltagabbana » ) e una raccolta di intervi ste di Claudio Sabelli Fioretti ( « Voltagabbana, manuale per galleggiare come un sughero » ) . Pialuisa Bianco dimostra che la specie non è esclusivamente italiana. In Francia, dopo la Restaurazione, apparve un « Dictionnaire des girouettes » ( dizionario delle banderuole) in cui sono elencati tutti coloro che dalla rivoluzione francese in poi avevano cambiato partito. Vi erano tra questi Talleyrand, maestro della doppiezza, e Benjamin Constant, oppositore dell' Impero, ma autore dell' ultima costituzione napoleonica dopo il ritorno di Bonaparte dall' Elba. Il termine è diventato strumento di lotta politica, viene maneggiato come una clava ed è generalmente usato da una famiglia politica contro colui che decide di uscirne. Per i mazziniani di stretta osservanza Francesco Crispi fu voltagabbana quando decise di aderire alla monarchia. Fu voltagabbana Churchill quando abbandonò i conservato ri per passare fra i liberali e più tardi abbandonò i liberali per passare tra i conservatori. Nella famiglia socialcomunista la parola « voltagabbana » viene generalmente sostituita da traditore, revisionista, rinnegato. Fu Mussolini quando divenne interventista nel 1914 e fu cacciato dal partito. Fu « revisionista » Bernstein quando sostenne, contro la tesi dei rivoluzionari, l' opportunità di un riformismo graduale. Fu « rinnegato » Kautsky quando abbandonò il socialismo rivoluzionario e incorse nella collera di Lenin. La famiglia politica che accoglie il voltagabbana preferisce invece considerarlo un convertito, un ravveduto o addirittura un figliol prodigo e uccidere per lui, come il padre della Bibbia, il vi tello grasso. Furono voltagabbana i giovani intellettuali fascisti che passarono in massa al comunismo fra il 1938 e il 1942? Quando li accolse, Palmiro Togliatti impedì che contro di loro si scatenassero accuse e recriminazioni; e altrettanto fece con quei fascisti di Salò che transitarono nel Pci dopo la fine della guerra. Sono voltagabbana i grandi convertiti come il cardinale Newman, il cardinale Lustiger e il rabbino di Roma, Israel Zoller battezzato in Santa Maria degli Angeli il 13 febbraio 1945 con il nome di Eugenio, in onore di papa Pacelli? Da noi il fenomeno si è certamente accentuato dopo la grande crisi del 1992 e la nascita un bipolarismo imperfetto in cui le coalizioni si costituiscono per vincere, ma si dividono nella fase successiva. Non dimentichiamo tuttavia che anche in America, qualche anno fa, vi è stato un interessante ribaltone quando il senatore repubblicano del Ver mont James Jeffords decise di abbandonare il proprio partito per passare, come indipendente, al gruppo senatoriale democratico e provocò una serie di mutamenti a cascata nella presidenza delle commissioni. Ma il « cambio di casacca » ha avuto luogo con forme e riti alquanto diversi da quelli che hanno caratterizzato, ad esempio, la nascita dell' Udr al momento della costituzione del governo D' Alema. Jeffords si è presentato ai suoi elettori, ha spiegato le ragioni del suo gesto e ha annunciato negli scorsi mesi che si ritirerà alla fine del suo attuale mandato. In altre parole nella maggiore democrazia bipartitica del mondo esiste una virtù che gli americani definiscono. Il deputato è quando rende conto del modo in cui ha partecipato alle singole votazioni e spiega, eventualmente, perché abbia deciso di modificare gli impegni presi durante la campagna elettorale. Da noi, purtroppo, questo accade raramente. REFERENDUM / 1 Suggerimenti Il referendum in sessanta parole. Voti no chi giudica la vita umana, certamente cominciata col concepimento, sacra in base alla religione. E dunque intoccabile. Voti sì chi giudica la vita umana un valore da amministrare con buon senso, eliminando al massimo le sofferenze dei nati e dei nascituri. Deve astenersi chi desidera il no e vuole appoggiarsi all' ignavia dei molti. Gianni Pardo giannipardo@ libero. it REFERENDUM / 2 Motivi per non votare Quelli del sì e quelli del no concordano nell' attribuire a furbizia o disimpegno l' astensione. Se non voterò, lo farò per questi motivi: 1) perché sono contro i limiti alla ricerca embrionale non meno che alla procreazione artificiale comunque intesa. 2) Perché con i sì, dal mio punto di vista, sarà facile modificare in peggio. 3) Perché con i no voterei a favore di un esistente che non condivido. 4) Per sottolineare che mi sento inadeguato a decidere; abbiamo un Parlamento, si assuma le responsabilità: il referendum, se va bene per il divorzio o la costruzione di una diga, è assurdo sui grandi temi bioetici che saremo sempre più chiamati ad affrontare. Cosa c' è di furbo e disimpegnato in tutto questo? Disperato, se mai. Fabio Mataloni fabio. mataloni@ inter. it IL DEBITO PUBBLICO Aumenti agli statali Il ministro Siniscalco troverebbe complicato spiegare agli italiani che li tasserebbe per rinnovare il contratto agli statali, lavoratori ovviamente non al massimo della produttività. Anch' io trovo complicato convincermi che le colpe del debito del sistema Italia non sono da attribuirsi ai nostri politici, i più numerosi e meglio pagati d' Europa, sempre pronti ad approvare aumenti per loro ben più consistenti, ad incrementare il numero di ministri, segretari, portaborse, ad ottenere facilitazioni. Ancora più complicato convincermi della loro produttività, intesa come servizio per il bene della nazione. Rosangela Ciapparelli rosangela. ciapparelli@ aliceposta. it A SCOPI BENEFICI Richieste di danaro « Costa solo dieci, solo quindici euro » . L' esortazione, festosa e incoraggiante, si riferisce a varie cosette gentili messe in vendita nelle grandi manifestazioni organizzate a scopi benefici. Ma su quanti italiani cala l' ombra di un lieve disagio? Radio e televisione dovrebbero ormai aggiornarsi ed esordire diversamente: « Sappiamo che per molti di voi sarà un piccolo sacrificio... » . Nico Pane, Verona ALL' ETIOPIA Le opere da restituire Caro Romano, la questione della restituzione delle opere trafugate è complessa e, spesso, irresolubile. E' irresolubile per alcuni grandi capolavori che lei cita: i cavalli di San Marco, i marmi del Partenone e il tesoro di Priamo ne sono gli esempi più evidenti. Ad essi, senza vergogna, si poteva aggiungere l' obelisco di Axum. Esistono tuttavia altre opere di piccolo artigianato e di cultura che sono state sottratte - oggi possiamo dire barbaramente, ma allora senza nessun complesso, visto che le culture avevano « pesi » differenti - dalle truppe italiane al loro ingresso in Addis Abeba. Conosco persone che custodiscono scudi e daghe abissine di grande pregio, appartenute a dei Ras locali. Addirittura di libri in pergamena sottratti dal ghebì del Negus Alié Selassié e consegnati ai reggimenti di appartenenza in Italia. Tutti oggetti dal grande valore culturale, che sono attual mente disseminati tra caserme, circoli ufficiali ed improbabili panoplie private. Queste preziose memorie d' artigianato dovrebbero essere nuovamente raccolte e consegnate al legittimo governo d' Etiopia, forse con maggior beneficio del monumento di Axum. Guido Bocchetta guidobocchetta@ virgilio. it POLONIA Il patto Hitler Stalin Caro Romano, su Magazine Socci, in polemica con Diliberto, sostiene che se l' Urss non avesse firmato il patto Ribbentrop Molotov, cioè il patto Hitler Stalin, molto probabilmente la Germania non avrebbe osato invadere la Polonia. Ciò non può essere vero dal momento che non solo la Germania osò invadere anche l' altra metà della Polonia occupata dall' Urss, ma osò persino invadere l' Urss stessa dopo aver tradito il patto. E non si vede perché mai Hitler dovesse temere la coalizione Francia Inghilterra Urss prima e non dopo l' invasione della Polonia. Armando Antonietti Milano Fra il 1939 e il 1941 ( l' anno in cui Hitler invase l' Urss) vi è una importante differenza. Nel 1939 il leader tedesco non sapeva quale e quanta resistenza la Francia e la Gran Bretagna avrebbero opposto alla sua guerra contro la Polonia; e volle coprirsi le spalle con il patto d' amicizia tedesco sovietico. Nel 1941 credette, a torto, di avere definitivamente sconfitto gli Alleati sul continente e di potere liberamente invadere la Russia.

Romano Sergio

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(13 maggio 2005) - Corriere della Sera