martedì 26 maggio 2009

SINDACATO MOLTO PARTECIPATIVO


POSTE, IL FEUDO CISL. È IL MODELLO BONANNI
ROMA
Il tema principe del Congresso Cisl che si è concluso sabato scorso è stato certamente quello della «partecipazione dei lavoratori all'azienda»: che il segretario Raffaele Bonanni, riconfermato con un autentico plebiscito (99% dei voti), vuole declinare nel modo più incisivo possibile. Portando i dipendenti non solo a godere dei risultati della produttività o di quota parte degli utili, ma anche dentro i consigli di amministrazione delle aziende. C'è un'impresa - praticamente la più grossa del nostro paese - che è già occupata dai «lavoratori» nei suoi gradi più alti, e anzi che realizza in pieno il sogno di Bonanni: dato che è un vero e proprio feudo della Cisl.
Si tratta delle Poste. Azienda controllata dal Tesoro, ma che si muove verso la liberalizzazione del settore prevista in Europa a partire dal 2011. Centocinquantamila lavoratori, con oltre 60 mila iscritti alla Cisl. La Cgil ne ha circa 22 mila. Per la prima volta, alle ultime elezioni, il sindacato di Bonanni ha superato il 50% dei consensi all'elezione delle Rsu: ben il 52%, quando la Cgil ha il 23%. Fin qui, nulla di particolarmente male: è la normale concorrenza tra sindacati, e vinca il migliore. Quello che però, a parere della Cgil, impedisce all'azienda Poste di risolvere tanti suoi problemi, è la commistione sindacato/management che porta - parole del segretario generale Slc Cgil Emilio Miceli - a un vero e proprio «consociativismo sindacale». Al vertice di Poste siedono infatti uomini Cisl.
Ecco un breve elenco: Giovanni Ialongo, attuale presidente Poste e Postel (società di Poste che offre servizi alla pubblica amministrazione) è ex segretario della Cisl Funzione Pubblica; Rino Tarelli, commissario straordinario I Post (ente previdenziale del settore), è stato anche lui segretario Cisl Funzione Pubblica; poi c'è Luigi Marelli, alle relazioni industriali, ex segretario nazionale Fim Cisl. C'è poi una pioggia di iscritti Cisl nei posti dirigenziali chiave: Pasquale Marchese, responsabile divisione mercati; circa il 70% dei dirigenti del servizio postale; e la metà dei 22 direttori regionali mercato privati (i dirigenti che poi indicano le nomine dei direttori di filiale). 
La Cisl così in azienda decide il bello e cattivo tempo, frenando, a parere degli altri sindacati, il pluralismo interno, e rapporti sani - conflittuali, quando dovesse servire - tra lavoratori e dirigenti. Un esempio: nel luglio 2008 è stato siglato un contratto separato - sulla stabilizzazione di 14 mila precari - tra azienda, Cgil, Uilpost e Saip. Senza Cisl. In agosto e settembre, sono partite ben due lettere da parte dell'amministratore delegato di Poste, Massimo Sarmi, che caldeggiava la ripresa dell'unità sindacale: «Molto è stato fatto in questi ultimi anni, per sviluppare un sistema relazionale costruttivo, basato sul reciproco rispetto delle parti, nel convincimento che l'interesse aziendale e dei lavoratori si tuteli cercando sempre l'equilibrio e la sintesi tra le diverse posizioni».
Lettera che la dirigenza deve aver dimenticato: a inizio maggio è stato firmato un accordo sul premio solo con Cisl e Failp. «La cosa peggiore è che i risultati di quell'intesa - spiega la Cgil - erano stati concordati la notte prima con noi, ma poi l'indomani è arrivata la firma con la sola Cisl, che ci ha escluso. Un modo per portare un risultato al congresso». Così la Cgil ha deciso di disertare il congresso dei postali Cisl. Tra gli altri nodi che si dovrebbero affrontare, gli infortuni, ma anche gli investimenti sui «titoli tossici», che sempre secondo la Cgil avrebbero fatto perdere 156 milioni di euro (e parliamo di investimenti che non avrebbero dovuto essere di rischio). Se questa è la «partecipazione» della Cisl, sembra lasciarsi dietro problemi irrisolti e troppi conflitti sterili.
Antonio Sciotto
FONTE:Manifesto